Il 30 marzo scorso la Commissione europea ha adottato la Sustainable Product Initiative, un pacchetto di proposte che include una strategia dedicata specificatamente al tessile, uno dei settori più impattanti e quindi più complessi trasformare. L’obbiettivo della EU Strategy for Sustainable and Circular Textiles è garantire che entro il 2030 tutti i prodotti tessili immessi sul mercato europeo siano durevoli e riciclabili, realizzati il più possibile con fibre riciclate, privi di sostanze pericolose e prodotti nel rispetto dei diritti sociali e dell'ambiente.
Ma quali sono i nodi ancora da sciogliere? Se ne è parlato nel corso del webinar EU Textiles Strategy in Motion ospitato il 26 settembre dalla European Circular Economy Stakeholder Platform (ECESP).
La fast fashion sarà fuori moda
All’interno della Strategy for Sustainable and Circular Textiles sono due i concetti che si distinguono per novità e importanza: il modello di business della fast fashion viene esplicitamente considerato come fuori moda e c’è una dichiarata volontà di contrastare fenomeni di greenwashing. Tra gli obbiettivi si menziona anche la necessità di adottare per i prodotti tessili una responsabilità estesa dei produttori (EPR) in tutti gli Stati membri e la raccomandazione a incentivare un riciclo da fibra a fibra per chiudere il cerchio, evitando l’incenerimento e il conferimento in discarica dei tessuti.
Tra i numerosi schemi volontari sviluppati dalla Commissione ci sono i criteri dell’EU Ecolabel criteria for Textile Products (etichettatura sostenibile per i prodotti tessili ) e una guida per un Green Public Procurement del settore tessile. Partendo da queste linee guida che includono già alcuni requisiti di durabilità e qualità, restrizioni sulle sostanze chimiche pericolose e sull’approvvigionamento sostenibile di fibre tessili, l’organo esecutivo Ue promette di ampliare i requisiti con vincoli più specifici attraverso l’Ecodesign for Sustainable Products Regulation che insiste particolarmente sulla durabilità e riciclabilità. “Il tema del riutilizzo è al centro della strategia – spiega Maria Rincon-Lievana, policy officer della Commissione europea – Rendere un capo d’abbigliamento più durevole aumenta automaticamente le opportunità di un futuro riuso”. La strategia ricorda anche il complesso lavoro di ricerca e catalogazione sull’impronta ambientale dei prodotti tessili fatto in collaborazione con i rappresentanti dell’industria. È in corso d’opera e il documento dovrebbe essere pronto per il 2024.
I nodi da sciogliere per chiudere il cerchio
Nel webinar EU Textiles Strategy in Motion organizzato da ECESP si è tornato a parlare della strategia e di come il settore si possa adattare velocemente ai requisiti. Maria Rincon-Lievana ha lavorato al pacchetto di proposte e si aspetta che questo approccio olistico trasformi il comparto. “Il tessile è un settore chiave dell’economia europea e ha un grande potenziale circolare. I consumatori dovrebbero beneficiare di prodotti tessili di alta qualità con fibre riciclate il più possibile”. Tra gli aspetti del design che incidono sulle prestazioni ambientali dei tessuti c’è la composizione del materiale (comprese le fibre utilizzate e la loro miscelazione) e la presenza di sostanze chimiche. Problemi che ostacolano il riciclo dei tessuti dal momento che solo l’1% delle fibre riciclate viene usato per produrre nuovi capi di vestiario.
Secondo i dati della Commissione, durante la produzione il 25-40% di tutto il tessuto utilizzato diventa scarto o rifiuto. Circa il 20% dei tessuti recuperati vengono riciclati per applicazione meno nobili (downcycled), mentre il valore del resto del tessuto viene perso. “Il riciclo dei tessuti a open loop avviene quando si usa per esempio il PET riciclato da bottiglie– commenta Maria Rincon-Lievana – ma così non si chiude davvero il cerchio. Si deve puntare sul riciclo textile to textile; sono tecnologie complesse che necessitano un ecodesign appropriato, ma solo con l’aiuto degli stakeholder si potrà rendere davvero circolare il riciclo”.
Tra i requisiti di ecodesign vincolanti all’interno della strategia si affronta anche il problema delle microplastiche. Una delle principali fonti di rilascio involontario di microplastiche sono i tessuti realizzati con fibre sintetiche e si stima che circa il 60% di quelle utilizzate siano fatte di poliestere. Il piano della Commissione è quello di affrontare la loro dispersione nell’ambiente con una serie di misure di prevenzione e riduzione (filtri per lavatrici), in particolare attraverso requisiti di ecodesign vincolanti.
Un’altra novità della Sustainable Product Initiative ha riguardato l’introduzione di un passaporto digitale dei prodotti che permetterà al consumatore di avere informazioni basilari sulla circolarità e altri aspetti ambientali chiave. In ambito tessile, il passaporto è previsto dalla Textile Labelling Regulation, regolamento che mira a informare i clienti sulla composizione delle fibre per contrastare fenomeni di greenwashing.
La salvaguardia dei diritti dei lavoratori
Nel 2019 l'Unione europea è stata uno dei maggiori importatori di abbigliamento con un valore che si aggira attorno agli 80 miliardi di euro. Saskia Bricmont, che svolge il ruolo di parlamentare europeo con i Green/EFA (European Free Alliance), sottolinea come la sostenibilità sociale sia importante quanto quella ambientale: “A giugno l’International Labour Organization ha rilasciato alcuni principi che devono diventare i diritti base di ogni lavoratore del mondo, ma sappiamo come nel settore tessile questi diritti vengano spesso violati”. La Corporate Sustainability Due Diligence Directive descrive il processo mediante il quale le aziende dovrebbero identificare, prevenire, mitigare un impatto negativo sui diritti umani e sull'ambiente. “A livello parlamentare, diversi comitati stanno lavorando a politiche coerenti sia dal punto di vista interno (europeo) che internazionale, ma la direttiva manca di ambizione”, aggiunge Saskia.
Responsabilità estesa del produttore in Olanda
Rendere i produttori responsabili dei rifiuti che creano è essenziale per disaccoppiare la produzione di rifiuti tessili dalla crescita del settore. Italia e Francia sono gli unici Paese europei ad aver introdotto lo schema EPR (Extended Producer Responsibility), ma dato l’obbligo di istituire la raccolta differenziata dei rifiuti tessili entro l’inizio del 2025 – che l’Italia ha deciso di anticipare al 2022 – la speranza è che nel giro di pochi anni riescano ad adottarlo tutti gli Stati membri.
Uno dei Paesi che adotterà lo schema EPR entro l’inizio 2023 sono i Paesi Bassi. “È una misura efficace per stimolare un approccio circolare al design del prodotto – dice Marije Slump, circular economy policy officer del Ministero delle Infrastrutture olandese - il settore tessile è molto complesso e quindi gli esperti che hanno lavorato allo studio del nostro EPR ci hanno consigliato di non includere proprio tutti i prodotti tessili in commercio. Ma il tempo per coperte e borse arriverà presto”.
Immagine: Janko Ferlic (Unsplash)