Ecodesign, tessile circolare, regolamenti per i prodotti del settore edile, greenwashing e potere dei consumatori. Sono i punti principali trattati nel nuovo pacchetto di proposte presentato il 30 marzo dalla Commissione europea. Una tappa importante e attesa nel percorso intrapreso nell’ambito del Circular Economy Action Plan per rendere i prodotti sostenibili la norma.
Normative e regolamenti proposti disegnano una vera e propria rivoluzione: nella visione della Commissione, quasi tutti i beni fisici presenti sul mercato dell’UE dovranno essere “più rispettosi dell'ambiente, circolari ed efficienti sotto il profilo energetico lungo l'intero ciclo di vita”.
E il cambio di paradigma avrà non solo benefici ambientali, ma anche economici e strategici. Secondo le proiezioni della Commissione, infatti, l’adozione del nuovo quadro normativo potrà assicurare entro il 2030 un risparmio di 132 Mtep (tonnellate equivalenti di petrolio) di energia primaria, pari a circa 150 miliardi di metri cubi di gas naturale: quasi l’equivalente dell’import di gas russo nell'Unione Europea.
Rendere i prodotti sostenibili la norma
È ormai riconosciuto che buona parte degli impatti ambientali di un prodotto sono già determinati in fase di progettazione. Per la precisione, il design è responsabile dell’80% degli impatti che un oggetto o un materiale avrà nel corso del suo intero ciclo di vita, dalla fabbricazione alla dismissione.
Per questo il pacchetto presentato dalla Commissione europea parte proprio dall’Ecodesign. “Solo nel 2021 – si legge nel comunicato ufficiale - i requisiti di progettazione ecocompatibile hanno consentito ai consumatori di risparmiare 120 miliardi di euro. Le norme hanno inoltre comportato una riduzione del 10 % del consumo annuo di energia per i prodotti interessati”.
La nuova proposta amplia dunque il quadro già in vigore per l’Ecodesign in due direzioni: da un lato includendo la gamma più ampia possibile di prodotti, dall'altro ampliando la portata dei requisiti ai quali i prodotti devono conformarsi. Se prima i requisiti riguardavano solo l’efficienza energetica, ora si parla anche di circolarità, riparabilità, impronta ambientale e climatica. Tutti i prodotti venduti in Europa, insomma, dovranno essere “più durevoli, affidabili, riutilizzabili, aggiornabili, riparabili, più facili da mantenere, rinnovare e riciclare, ed efficienti sotto il profilo energetico e delle risorse”.
Tutte queste caratteristiche dovranno inoltre essere trasparenti, sia per i consumatori che per gli stessi attori delle varie filiere. A questo serviranno dunque l’etichettatura e il passaporto digitale dei prodotti, che agevolerà la tracciabilità dei materiali lungo tutta la filiera, così da rendere più semplici operazioni come la riparazione, la rifabbricazione, il riuso e il riciclo.
Sono inoltre previste delle misure per porre fine alla pratica insostenibile della distruzione dei prodotti invenduti.
Tessile sostenibile e circolare
Con questo primo pacchetto di norme la Commissione europea affronta due dei settori in assoluto più impattanti per l’ambiente: il tessile e l’edilizia.
In Europa i prodotti tessili sono al quarto posto per impatto ambientale, dopo il settore alimentare, l’edilizia e la mobilità. Il tessile è inoltre al terzo posto per consumo di risorse idriche e suolo e al quinto per l’utilizzo di materie prime.
È dunque di fondamentale importanza rendere la moda e in generale i prodotti tessili più circolari. È questo lo scopo delle norme proposte, che entro il 2030 vogliono rendere tutti i tessili sul mercato europeo “più riciclabili e durevoli, realizzati il più possibile con fibre riciclate, privi di sostanze pericolose e prodotti nel rispetto dei diritti sociali e dell'ambiente”.
“La fast fashion – si legge nella dichiarazione ufficiale – sarà fuori moda”. Incenerimento e conferimento in discarica di vestiti e altri tessili dovranno essere ridotti al minimo, mentre saranno incentivati la riparazione, il riuso e il riciclo fibre-to-fibre.
Per far sì che le proposte trovino concreta applicazione, sarà adottato un regime di responsabilità estesa del produttore, così che siano le stesse aziende a promuovere e implementare modelli di business circolari. Dal canto suo, la Commissione invita le case produttrici a ridurre il numero di collezioni di moda lanciate ogni anno ed “esorta gli Stati membri ad adottare misure fiscali favorevoli per il settore del riutilizzo e della riparazione”.
Prodotti più circolari per l’edilizia
In Europa gli edifici sono responsabili di oltre il 30% dei rifiuti totali prodotti, del 40% del consumo energetico e del 36% delle emissioni di gas serra legate all’energia. Non ultimo, al settore edile si deve circa il 50% dell’estrazione e del consumo di materie prime. Un settore mastodontico, che in UE impiega lungo tutta la filiera 25 milioni di persone. Il comparto dei prodotti da costruzione, in particolare, ha in Europa un fatturato di 800 miliardi di euro, con circa 430mila imprese.
Il pacchetto di proposte della Commissione ha dovuto quindi tenere conto di queste due istanze: da un lato gli impatti ambientali da ridurre, dall’altro un’economia – composta in buona parte da piccole e medie imprese - che non va penalizzata.
Si è lavorato dunque in direzione di una semplificazione di norme, oneri amministrativi e circolazione nel mercato interno, tenendo però allo stesso tempo ben saldi i principi di circolarità da promuovere con la revisione del Regolamento per i Prodotti da Costruzione. “I nuovi requisiti – recita il comunicato ufficiale - garantiranno che i prodotti da costruzione siano progettati e fabbricati in base allo stato dell'arte per essere più durevoli, riparabili, riciclabili e più facili da rifabbricare”.
Anche in questo caso, il digitale verrà in aiuto degli operatori della filiera riducendo e sveltendo gli oneri amministrativi, in particolare grazie a soluzioni come il passaporto digitale dei prodotti e la banca dati dei materiali da costruzione.
Greenwashing e potere dei consumatori
La parte forse più rivoluzionaria del pacchetto di proposte della Commissione riguarda l’empowerment dei consumatori. Viene finalmente riconosciuto il ruolo diretto delle scelte dei singoli cittadini nella transizione ecologica. Ma perché queste scelte siano efficaci, i consumatori devono essere messi nella condizione di avere informazioni complete e corrette, senza doversi destreggiare fra trucchetti del marketing, greenwashing e pratiche di obsolescenza precoce dei prodotti.
"La questione è semplice. - ha spiegato Didier Reynders, Commissario per la Giustizia - Se non inizieremo a consumare in modo più sostenibile, non riusciremo a raggiungere gli obiettivi del Green Deal europeo. Sebbene la maggior parte dei consumatori desideri offrire il proprio contributo, abbiamo assistito a un aumento delle pratiche di greenwashing e di obsolescenza precoce. Per diventare veri attori della transizione ecologica, i consumatori devono avere il diritto di essere informati per compiere scelte sostenibili e devono essere tutelati dalle pratiche commerciali sleali che abusano del loro interesse ad acquistare prodotti green".
La revisione della Direttiva sui diritti dei consumatori si occupa allora di due grandi capitoli: la corretta informazione su durabilità e riparabilità dei prodotti e il divieto di pratiche commerciali sleali come il greenwashing e l’obsolescenza precoce. Se la proposta della Commissione verrà approvata, i produttori saranno obbligati a fornire tutte le informazioni circa la durata prevista di un prodotto, le modalità di riparazione, la disponibilità dei pezzi di ricambio e gli eventuali aggiornamenti di software.
Per quanto riguarda il greenwashing, viene ampliata la “lista nera” delle pratiche vietate, includendo ad esempio la formulazione di “dichiarazioni ambientali generiche o vaghe” come “eco” o “verde” e l’esibizione di marchi di sostenibilità a carattere volontario, cioè “non basati su un sistema di verifica da parte di terzi o stabilito dalle autorità pubbliche”.
Un grande passo avanti, insomma. Anche se, come fa notare l’EEB (European Environmental Bureau), bisogna stare attenti alle possibili scappatoie: “l'iniziativa - spiegano in una nota - non chiarisce come verranno affrontate alcune delle affermazioni più problematiche e diffuse come la ‘neutralità climatica’, mentre il previsto divieto di obsolescenza programmata è stato eliminato dalla proposta”.
L’inizio di una rivoluzione
La presentazione del pacchetto di proposte per rendere i prodotti sostenibili la norma è stata festeggiata come l’inizio di una vera e attesa rivoluzione. La Sustainable Products Initiative è del resto la “bandiera” del Piano d’azione per l’economia circolare dell’UE e uno dei pilastri del Green Deal. "È giunto il momento di porre fine al modello take-make-waste, così dannoso per il nostro pianeta, la nostra salute e la nostra economia. - ha dichiarato Frans Timmermans, Vicepresidente esecutivo per il Green Deal europeo - Le proposte di oggi garantiranno che solo i prodotti più sostenibili siano venduti in Europa e consentiranno ai consumatori di risparmiare energia, riparare e non sostituire i prodotti rotti e compiere scelte ambientali intelligenti quando ne acquistano di nuovi. Solo in questo modo ripristineremo l'equilibrio nelle nostre relazioni con la natura e ridurremo la nostra vulnerabilità alle perturbazioni delle catene di approvvigionamento globali".
"Le nostre proposte in materia di economia circolare segnano l'inizio di un'epoca in cui i prodotti saranno progettati in modo vantaggioso per tutti, entro i limiti del nostro pianeta e tutelando l'ambiente. - gli ha fatto eco Virginijus Sinkevičius, Commissario per l'Ambiente, gli oceani e la pesca - Prolungando la durata di vita dei prodotti che usiamo ogni giorno, fra cui telefoni e indumenti, consentiremo ai consumatori europei di risparmiare denaro. Alla fine del loro ciclo di vita i prodotti non saranno più fonte di inquinamento ma di nuovi materiali per l'economia, riducendo la dipendenza delle imprese europee dalle importazioni".
Immagine: Jomjakkapat Parrueng (Unsplash)