Fine 2024: ovvero, due anni e mezzo da ora. È la deadline che gli Stati dell’Unione Europea si sono dati per organizzare e implementare la raccolta differenziata obbligatoria dei rifiuti tessili. Considerato che, ad oggi, degli oltre 7 milioni di tonnellate di rifiuti prodotti annualmente se ne raccolgono in modo differenziato solo il 30/35%, è chiaro che si tratta di una corsa contro il tempo.
Oltretutto, se sui sistemi di raccolta vari Paesi hanno cominciato a darsi da fare, non altrettanto si può dire per il trattamento e riciclo dei rifiuti tessili. “Attualmente non esiste un piano su larga scala per processarli”, taglia corto Euratex, la Confederazione europea del settore tessile e abbigliamento.
Per affrontare il problema concretamente, Euratex ha quindi lanciato, già nel 2020, l’iniziativa ReHubs, che riunisce i principali attori europei e mondiali del tessile. ReHubs ha presentato lo scorso giugno il suo primo studio di settore e un piano di quattro progetti per accelerare lo sviluppo del riciclo tessile in tutta Europa.
Riciclo tessile in Europa: una sfida da 15mila posti di lavoro
“Per il settore tessile, oggi ci troviamo ancora in una situazione di filiera quasi completamente lineare”, spiega a Materia Rinnovabile il presidente di Euratex, Alberto Paccanelli. “Solo il 5% del prodotto tessile viene infatti inserito in processi di riciclo: è praticamente ancora tutto da fare. Manca un sistema rodato di raccolta del prodotto, sia come scarto di produzione che post consumo, e mancano le fasi di selezione, trasformazione e reinserimento dei materiali riciclati nei processi produttivi”.
“Tutto il settore tessile europeo, per il quale Euratex fa da capofila – continua Paccanelli - si sta quindi impegnando per avviare un grande processo di trasformazione che parta dalla fase di progettazione e design del prodotto. Un prodotto che dovrà essere pensato già in ottica circolare, realizzato con l’idea di poter essere riutilizzato, rifabbricato o riciclato in filiere capaci di accoglierlo”.
Una sfida titanica, insomma, che muoverà anche finanziamenti importanti. Secondo le stime della Confederazione, “per raggiungere un tasso di riciclo fiber-to-fiber compreso tra il 18 e il 26% entro il 2030, sarà necessario un investimento tra i 6 e i 7 miliardi di euro su scala europea”. D’altro canto, il valore economico, sociale e ambientale di questa nuova industria del riciclo tessile potrebbe raggiungere un fatturato annuo fra i 3,5 e i 4,5 miliardi di euro entro il 2030, per poi arrivare, una volta a regime, a un volume di affari di 6-8 miliardi con 15mila nuovi posti di lavoro diretti generati entro il 2030.
Lo studio di settore di ReHubs
Tutti i dati sono contenuti nel primo Techno Economic Master Study (TES) realizzato da ReHubs: un vero e proprio studio di settore che fa luce sulle informazioni critiche in merito ai rifiuti tessili e sulle esigenze tecniche, finanziarie e organizzative per arrivare a riciclarne almeno 2,5 milioni di tonnellate entro il 2030.
Oltre ai numeri, lo studio contiene anche valutazioni sulle criticità e gli aspetti da migliorare. Sono cinque, in particolare, quelli individuati come gli “ingredienti del successo” per creare una vera filiera del riciclo tessile in Europa: il raggiungimento di una scala critica, l’avvio di efficaci meccanismi di collaborazione fra tutti gli attori, fondi per la transizione, investimenti privati e una spinta dal settore pubblico. Tutti obiettivi a cui punta l’iniziativa ReHubs, nata proprio per promuovere la collaborazione fra tutti gli attori della filiera e per realizzare progetti capaci di attrarre investimenti.
Quattro progetti per dare una spinta alla filiera del riciclo tessile
Un primo ventaglio di quattro progetti messi a punto dal network è ora in fase di lancio. I target riguardano quattro diversi aspetti della catena del riciclo tessile: trasformare i rifiuti tessili in materia prima; aumentare l’adozione di fibre riciclate meccanicamente all’interno della catena del valore; aumentare la capacità di riciclo termomeccanico, risolvendo le sfide tecniche; creare delle capsule collection con tessili riciclati post-consumo.
Transform Waste into Feedstock è il primo dei quattro a partire e si concentrerà sulle tecnologie di selezione dei rifiuti tessili. Uno dei limiti da superare è infatti la scarsa capacità delle tecnologie ora in uso di identificare con precisione i materiali da riciclare, così da poterli reimmettere efficacemente nella catena di produzione. Il gruppo di progettisti, guidato dalla società svizzera Texaid AG, costruirà dunque un impianto da 50mila tonnellate di capacità entro la fine del 2024.
Gli altri progetti partiranno nei prossimi mesi e potranno contare su un ampio schieramento di forze mobilitate da Euratex nella cornice di ReHubs: un Business Council che riunisce le aziende pioniere del settore, un forum di stakeholder e una task force EURATEX con 14 associazioni nazionali.
Si tratta, insomma, di uno sforzo importante e quanto mai necessario, visti gli ambiziosi obiettivi della European Waste Law, ma che – va ricordato - riguarda solo una parte della transizione circolare del tessile. “Il progetto ReHubs si concentra sul riciclo ‘da fibra a fibra’, che al momento ci è sembrato il tema più urgente. – precisa Paccanelli – Ma l’economia circolare per il tessile, come del resto dicono chiaramente le indicazione dell’UE, è un concetto molto più ampio che comprende una serie di pratiche per non buttare in discarica o incenerire i prodotti: dalla riparazione al riutilizzo, dal second hand alla rifabbricazione”. Tutti nuovi modelli di business (di cui parliamo nel numero 39 di MR) che nei prossimi anni guideranno la rivoluzione circolare del settore tessile e della moda.
Immagine: Ekaterina Grosheva (Unsplash)