Anche in Sicilia scoppia la guerra sugli inceneritori. La giunta guidata dal Presidente della Regione Renato Schifani (Forza Italia) ha dato luce verde al nuovo Piano regionale di gestione dei rifiuti, che prevede anche la realizzazione di due inceneritori. I termovalorizzatori dovrebbero essere costruiti a Palermo e Catania con 800 milioni dei fondi dell’Unione Europea e, una volta in funzione, bruciare importanti quantitativi di rifiuti indifferenziati che il sistema di raccolta e differenziazione non riesce a gestire.

Certo è che l’idea di realizzare inceneritori per distruggere materia (emettendo CO₂, peraltro) fa chiaramente a pugni con la necessità di aumentare il recupero e il riciclo dei rifiuti, specie in una Regione che segna risultati lontani dalla media nazionale. E così, la decisione ha sollevato aspre proteste dei movimenti ambientalisti. A cominciare da Legambiente, che senza mezzi termini definisce i termovalorizzatori “solo una grande truffa”.

Gli inceneritori in Sicilia

Per il Governo regionale gli inceneritori servono per “integrare e adeguare la rete impiantistica esistente, consentire il recupero energetico, la riduzione dei movimenti dei rifiuti e una maggiore protezione dell’ambiente”. Saranno costruiti ‒ se tutto andrà liscio, visto che non sono ancora state ottenute le autorizzazioni ambientali previste dalla legge ‒ a partire dal mese di luglio in aree idonee presso le due maggiori città metropolitane, Palermo e Catania, ovviamente le maggiori produttrici di rifiuti. Smaltiranno annualmente 600.000 tonnellate di rifiuti solidi urbani, generando 50 MW di elettricità (per il 30% usata per il funzionamento degli stessi impianti), ma anche circa 60.000 tonnellate l’anno di ceneri e scarti che dovranno essere trattati in discarica. Dichiaratamente il progetto è mirato proprio alla termodistruzione di RSU indifferenziati, che attualmente la Regione siciliana fatica moltissimo a trattare.

Secondo il presidente Renato Schifani (che è stato nominato anche Commissario straordinario per la gestione dei rifiuti), “il provvedimento adottato in giunta è il segnale tangibile dell’accelerazione che il mio governo intende dare alla soluzione del problema dei rifiuti in Sicilia”. Sulla carta a pagare sarà l’Unione Europea, con 800 milioni del Fondo per lo sviluppo e la coesione 2021/2027, e la misura porterà a “risparmi nello smaltimento dei rifiuti a carico dei Comuni e una produzione di energia che comporterà ricavi: tutto ciò si tradurrà concretamente nella riduzione della TARI per i cittadini”, ha detto Schifani.

Le critiche di Legambiente

A leggere i numeri diffusi dall’ISPRA, l’Istituto nazionale per la protezione dell’ambiente, è indiscutibile che per quanto riguarda raccolta e gestione dei rifiuti la Sicilia sia indietro rispetto al resto del Paese. Nel 2022 in Regione la differenziata ha raggiunto quota 51,5%, in aumento rispetto al 47,5% del 2021. Ma nonostante questo miglioramento la Sicilia resta più che mai al primo posto proprio per le quantità conferite nelle dieci discariche presenti sul territorio: 900.000 tonnellate smaltite nel 2022, 256.000 in meno del 2021 (-22,3%) ma sempre troppe. E in discarica finisce il 48% del totale dei rifiuti urbani.

Di qui nasce la critica di Legambiente Sicilia. “Non ci sarà alcun passo avanti, né grande né piccolo, nel realizzare due inceneritori nella nostra regione. Purtroppo, si tratta di una scelta sbagliata tecnologicamente e ambientalmente, che pagheranno caro tutti i cittadini siciliani”, dice il presidente di Legambiente Sicilia Tommaso Castronovo.

Per gli ambientalisti “gli inceneritori, come le discariche, sono il grande buco nero in cui, oltre a bruciare i rifiuti, andranno definitivamente in fumo anche gli obiettivi di riciclo previsti dall’economia circolare e di decarbonizzazione per contrastare i cambiamenti climatici”. Secondo i calcoli di Legambiente, ogni tonnellata di rifiuti bruciata contribuirà a emettere circa una tonnellata di CO₂. E per questo, “gli inceneritori dal 2028 saranno tassati per la produzione di emissioni di gas climalteranti. Una tassa che oggi è quasi 80 euro per ogni tonnellata di CO₂ prodotta ‒ insiste Castronovo ‒ ma che sarà destinata a raddoppiare, con buona pace di chi oggi vuole ingannare i siciliani facendo loro credere che con gli inceneritori si abbasserà la tassa sui rifiuti”. Non ci sarà, quindi “nessun risparmio, nessun vantaggio per i siciliani, ma solo una grande truffa e un grande danno ambientale”.

Le alternative

Per l’associazione un’alternativa esiste già: intraprendere davvero la strada dell’economia circolare. Primo passo sarebbe quello di potenziare e migliorare la raccolta differenziata, a partire dalla gestione del servizio di raccolta delle città più grandi: Palermo e Catania, responsabili della produzione di quasi la metà dei rifiuti che vengono conferiti in discarica.

Per questo, occorre introdurre la raccolta domiciliare monomateriale, implementare il sistema con centri comunali di raccolta e centri del riuso e introdurre la tariffa puntuale per premiare i cittadini che producono meno rifiuti. Ma soprattutto, avverte Legambiente, “è necessario realizzare gli impianti veramente utili per liberarci dai rifiuti, ossia quelli a servizio della raccolta differenziata e del riciclo: impianti di biodigestione anaerobica per trattare l’organico e produrre compost e biogas, impianti per la selezione e valorizzazione dei rifiuti secchi differenziabili e dei RAEE, impianti per il riciclo di pannolini e tessuti, per gli pneumatici fuori uso, per gli oli vegetali esausti, per il legno”.

Purtroppo per la realizzazione di questi impianti, “non c’è la stessa accelerazione che si sta vedendo per gli inceneritori, anzi, al contrario, si continuano a porre ostacoli e ritardi che, già nel passato, hanno fatto perdere centinaia di milioni di euro dei fondi del FESR 2014-2021 e che ora mettono a serio rischio i finanziamenti del PNRR per oltre 300 milioni di euro per la realizzazione di impianti e infrastrutture a servizio dell’economia circolare”, è la conclusione di Castronovo.

 

Immagine: Envato