L’Italia, insieme a tutti gli altri stati membri dell’Unione Europea, era chiamata a consegnare entro il 30 giugno la versione finale del Piano nazionale per l’energia e il clima (PNIEC). L’Italia − con pochi altri paesi: Danimarca, Finlandia, Paesi Bassi, Svezia − ha consegnato il suo piano nei tempi previsti, mostrando la chiara volontà politica di adempiere agli obblighi indicati da Bruxelles. Tuttavia, tale buona volontà da sola non è stata sufficiente, né a mettere l’Italia nelle condizioni di raggiungere gli obiettivi clima, né di mostrarsi come solida guida nel complesso processo della transizione.

Il PNIEC ha un ruolo centrale per il raggiungimento degli obiettivi europei sul clima (Fit for 55) e, quindi, verso l’Accordo di Parigi. Nel giugno 2023, la prima bozza del PNIEC dell’Italia dichiarava un approccio “realistico”. Di quel principio e della concretezza auspicata, non resta molto nella versione definitiva inviata a Bruxelles. Il Piano mostra contraddizioni rispetto agli obiettivi sia nel suo impianto sia rispetto a norme e decreti che devono attuarlo. Il PNIEC 2024 inviato a Bruxelles resta uno strumento senza adeguato valore legale e non è dotato di un impianto attuativo coerente. Questo perché nella versione inviata dal nostro governo non si indicano né le risorse dedicate né le valutazioni di impatto delle politiche previste in termini di impatti socioeconomici.

Nel PNIEC 2024 manca una visione del percorso di transizione energetica e trasformazione economica del paese. Non viene indicata una strategia concreta per l’abbandono delle fonti fossili, come richiesto dalla COP28, né “piani, politiche e azioni nazionali per l’uscita dai combustibili fossili” come concordato in sede G7 a Venaria.

L’ambizione sulle rinnovabili (131GW al 2030, +61GW rispetto a maggio 2024) non è supportata dallo sviluppo di politiche coerenti, determinando il rischio di un aumento dei prezzi dell’energia elettrica, a danno della competitività per i comparti produttivi e per il sistema paese. L’elettrificazione non è chiaramente individuata come leva per la decarbonizzazione, mettendo sullo stesso piano soluzioni non allineate con gli obiettivi con quelle più efficienti dal punto di vista energetico ed emissivo, come dimostrano il sostegno verso le pompe di calore a gas e per le motorizzazioni endotermiche. 

Assente nel Piano anche una visione organica della trasformazione industriale del paese. Questa non sembra inquadrarsi nella decarbonizzazione per competere nei nuovi mercati internazionali, in direzione contraria rispetto allo sviluppo industriale in prospettiva Net Zero adottato da Europa, Stati Uniti e Cina. Il Piano, infatti, dedica poca attenzione alle soluzioni più economiche, efficienti e, soprattutto, disponibili oggi come le rinnovabili o le tecnologie dell’elettrificazione, in grado di indirizzare gli investimenti, contribuendo a sviluppare e creare nuove catene del valore allineate con il Net Zero.

Non sufficienti nemmeno i risultati sul fronte della giusta transizione. Nel PNIEC non compare una strategia per garantire la sostenibilità sociale di fronte ai grandi cambiamenti tecnologici e di mercato che investiranno le persone e le imprese. Nonostante la grande crisi dei prezzi del gas del 2022-2023 e di fronte all’innovazione tecnologica che, se non gestita, rischia forti impatti socioeconomici, il PNIEC non offre tutele necessarie e opportunità alternative per accompagnare le varie fasce della società nell’uscita dall’economia fossile.  

Stando alle stime del Piano, l’Italia non centra gli obiettivi emissivi per circa 100MtCO₂eq cumulate nel periodo che, sulla base di alcune delle proiezioni più recenti dei costi della CO₂, equivalgono a circa 15 miliardi di euro. Una spesa che graverà sulle casse dello stato, in un paese già fortemente indebitato, con limitato spazio fiscale. Tali risorse avrebbero potuto essere impiegate per orientare le politiche in un’ottica di coerenza della spesa pubblica e della fiscalità rispetto agli obiettivi energia e clima, in una visione di sviluppo del paese a salvaguardia della competitività delle imprese. 

In sintesi il PNIEC dell’Italia non sembra intraprendere la strada auspicata dalla decisione sul primo Global Stocktake alla COP28, che sottolinea la necessità di abbandonare i combustibili fossili (“transitioning away from fossil fuels in energy systems”) e questo rappresenta un rischio per la revisione dei contributi nazionali dei paesi (Nationally Determined Contributions, NDCs) verso l’Accordo, attesi entro febbraio 2025.

Ora che il Piano è definitivo, inizia il lavoro. Sarà necessario attivare, da parte di tutti gli attori coinvolti, un attento monitoraggio della sua attuazione e delle politiche pubbliche con effetto diretto o indiretto su clima ed energia, cercando le opportunità di studio e confronto per migliorare le politiche e far sì che siano sempre più allineate agli obiettivi di decarbonizzazione, in un percorso che, ce lo dicono la scienza e i mercati, è ormai inevitabile.

 

Immagine di copertina: Envato