Le piccole e medie imprese (PMI) italiane che si distinguono per il loro impegno nei criteri di sostenibilità ambientale, sociale e di governance (ESG) stanno ottenendo un accesso più agevolato al credito. È quanto emerge dal nuovo ESG Outlook di CRIF, azienda globale specializzata in sistemi di informazioni creditizie e di business information, di cui sono stati anticipati alcuni risultati in vista della pubblicazione. Secondo i dati forniti, le banche hanno concesso finanziamenti alle PMI sostenibili con una frequenza superiore dell'11% rispetto alla media nel secondo semestre del 2023.

Al contrario, le PMI che non hanno ancora adottato pratiche ESG subiscono un calo nella capacità di ottenere prestiti: quelle con uno score ESG molto basso hanno visto ridurre l’accesso ai finanziamenti del 6%. Un dato, questo, che conferma come l'integrazione dei criteri ESG e dei fattori di sostenibilità stia diventando sempre più un elemento chiave non solo per la responsabilità sociale, ma anche nella valutazione delle imprese effettuata dagli istituti finanziari.

Il rischio di credito

Un altro dato rilevante emerso dal report riguarda la correlazione tra sostenibilità e rischio di credito. Le imprese che mostrano un'elevata adeguatezza ai criteri ESG hanno registrato un tasso di default inferiore del 34% rispetto alla media. Di contro, le aziende con uno score ESG basso o molto basso hanno mostrato una maggiore difficoltà nel rispettare gli impegni finanziari, con tassi di default superiori dell’11%. Questo conferma che l'adozione di pratiche sostenibili non è solo una questione etica, ma può tradursi anche in vantaggi concreti dal punto di vista economico e finanziario.

Le grandi aziende italiane sono più avanti rispetto alle PMI nel percorso verso la sostenibilità. Nel 2023, le grandi imprese hanno registrato un aumento del 22% nei livelli di adeguatezza ESG alto o molto alto, mentre per il 40% delle PMI lo score ESG rimane basso o molto basso. Tuttavia, il report evidenzia una crescente consapevolezza anche tra le piccole e medie imprese, spinte non solo dalla regolamentazione dell'Unione Europea ma anche dalla necessità di ridurre il rischio di credito. Il gap tra grandi e piccole imprese in termini di sostenibilità potrebbe, secondo CRIF, ridursi nei prossimi anni, soprattutto grazie a incentivi e supporto da parte del sistema bancario.

Adeguatezza ambientale: distribuzione geografica e settoriale in Italia

L’aspetto ambientale è uno dei punti focali del report. Per questo, ai fini dell’analisi, CRIF ha operato una classificazione dell’adeguatezza ambientale delle PMI italiane servendosi di un punteggio (Score E, dove E sta per Environment) che ha valutato tre fattori principali: la vulnerabilità agli eventi climatici estremi, la capacità di adattarsi a nuove normative sostenibili e la gestione responsabile delle risorse naturali. L’utilizzo di matrici di questo tipo funge da strumento utile alle imprese, in quanto permette loro di identificare aree di miglioramento, ma anche alle banche, che ricevono così informazioni funzionali a compiere scelte di credito più consapevoli, e che siano in linea non soltanto con obiettivi di sostenibilità ma anche di gestione del rischio.

Dai punteggi ambientali calcolati con lo Score E è emerso come le PMI del Nord Italia risultino generalmente le più virtuose in questo ambito. Lombardia, Piemonte e Trentino-Alto Adige si distinguono per i punteggi più alti in termini di adeguatezza ambientale, grazie alla presenza di politiche mirate a ridurre l’impatto dei cambiamenti climatici e a una gestione oculata delle risorse naturali. A registrare i punteggi più bassi sono invece Valle d’Aosta, Sicilia e Calabria.

Abbiamo chiesto a Marco Macellari, Head of Risk Management & ESG di CIFR a cosa sia dovuto, in base alla sua esperienza, un divario Nord-Sud così evidente e, più nello specifico, quali siano gli ostacoli più grandi legati all’integrazione dei criteri ESG per le PMI del Sud Italia. “Spesso le imprese del sud Italia si trovano, più di altre, a dover fronteggiare crisi ambientali legate a eventi climatici cronici o acuti, come ad esempio siccità o temperature elevate”, spiega Macellari. “Un altro aspetto da considerare è quello della dimensione: molte sono a conduzione familiare e risulta quindi per loro più complesso definire e implementare standard di processo, rendicontazione e di governance ESG. Pensando anche a questo tipo di imprese, CRIF ha sviluppato SYNESGY, la piattaforma che ha l’obiettivo di supportarle nell’incrementare consapevolezza e trasparenza nei processi produttivi, attraverso la compilazione di un self-assessment ESG che restituisce valutazione, benchmark e indicazioni sul piano di sviluppo da intraprendere.”

La differenza di performance tra settori

Per quanto riguarda invece la distribuzione per settori, i comparti di immobiliare, leisure e consulenza sono quelli che mostrano i livelli più alti di adeguatezza ambientale. Diversamente, quelli ad alta intensità di emissioni (petrolifero, farmaceutico, alimentare, tabacco), non registrano passi avanti significativi, ma anzi continuano a trovarsi in difficoltà e faticano a trovare un giusto compromesso tra la riduzione dell’impatto ambientale e il mantenimento della produttività.

Anche su questi risultati abbiamo interpellato Macellari, chiedendogli di spiegarci a cosa, secondo lui, può essere attribuita, al di là della quantità di CO₂ generata, questa differenza di performance tra settori ad alta intensità e bassa intensità di emissioni. “Al netto della ridotta produzione di GHG, la performance ambientale si basa anche sulla valutazione dell’impatto per eventi da rischio fisico che, per le imprese afferenti all'immobiliare e al leisure, risulta inferiore rispetto alla media degli altri settori”, ha dichiarato. “Inoltre, questi due settori presentano anche un basso impatto sul capitale naturale, ovvero sulla biodiversità. La combinazione di questi tre elementi principali aiuta a spiegarne le migliori prestazioni.”

Un percorso in crescita, con margini di miglioramento

In conformità con le direttive dell'Unione Europea, le banche stanno incentivando le aziende più attente ai criteri ESG, agevolando il loro accesso al credito. Le imprese che adottano standard ESG elevati si dimostrano non solo più affidabili, ma presentano anche un tasso di insolvenza inferiore del 34% rispetto alla media.

Nonostante questo andamento favorevole, molte piccole e medie imprese italiane devono ancora compiere passi significativi per integrare pienamente i principi ESG. Per agevolare questo percorso, è indispensabile il sostegno non solo delle banche, ma anche di politiche governative mirate.

Non c’è dubbio che quanto emerso dall'ESG Outlook di CRIF evidenzia quanto la sostenibilità stia diventando sempre più un asset strategico per le imprese italiane, in particolare per le PMI. Tuttavia, se da un lato le grandi aziende stanno già sfruttando i vantaggi di uno score ESG elevato, le piccole e medie imprese sono chiamate a intensificare i loro sforzi per rimanere competitive in un mercato che premia sempre più la sostenibilità.

Marco Macellari

 

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Immagine di copertina: Envato