Nel 2021 la produzione italiana di rifiuti urbani è tornata a crescere (+2,3%). È questa la principale conclusione del Rapporto Rifiuti Urbani 2022, pubblicato il 21 dicembre da ISPRA, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale.
Giunto alla sua ventiquattresima edizione, il documento individua pendolarismo e ritorno del turismo, dopo la crisi pandemica, come principali cause dell’aumento dei rifiuti urbani; incremento che nei 16 comuni con popolazione residente al di sopra dei 200 mila abitanti è più alto (+2,8%) della media nazionale. Tuttavia, rispetto agli indicatori socioeconomici quali il PIL e i consumi delle famiglie, che registrano rispettivamente +6,7% e +5,3%, la crescita rimane contenuta.
Frutto di una complessa attività di raccolta, analisi ed elaborazione di dati da parte del Centro Nazionale dei Rifiuti e dell'Economia Circolare dell'ISPRA, con il contributo delle Agenzie regionali e provinciali per la Protezione dell'Ambiente, il rapporto rivela inoltre che la raccolta differenziata è in aumento, crescono le tariffe per la gestione dei rifiuti, va potenziato il riciclo e dimezzato il conferimento in discarica.
Quali sono i dati ISPRA sulla raccolta differenziata
Risultati nel complesso significativi per la raccolta differenziata: 64% il tasso medio nazionale. In cima alla classifica Veneto (76,2%) e Sardegna (74,9%), che registrano le percentuali più alte tra le nove regioni che superano l’obiettivo del 65%. Molto vicino a raggiungere il target l’Abruzzo (64,6%), seguito da Toscana e Valle d’Aosta.
Significativo balzo in avanti per la Basilicata, che con un aumento di 6 punti rispetto al 2020 raggiunge il 62,7%. Ancora al di sotto del 50% la Sicilia (46,9%) che, tuttavia, fa segnare un progresso importante di + 4,7 punti. Come negli anni precedenti, i livelli più elevati di raccolta differenziata si rilevano per la provincia di Treviso, che nel 2021 raggiunge l’88,6%, seguita da Mantova (86,4%) e Belluno (83,8%).
Per quanto riguarda i valori pro capite, la produzione più elevata, analogamente ai precedenti anni, si rileva per l’Emilia-Romagna, con 641 chilogrammi per abitante annui, stabile rispetto al 2020. Rimane seconda, pur se in calo, la Valle d’Aosta con 602 chilogrammi. Terza la Toscana, con una crescita di 11 chilogrammi.
Crescono le tariffe di gestione dei rifiuti urbani
Il costo medio nazionale annuo pro capite di gestione dei rifiuti urbani è pari a 194,5 euro per abitante, in aumento di quasi 9 punti, dovuto probabilmente al caro-energia. I costi più elevati si rilevano al Centro con 230,7 euro/abitante, segue il Sud con 202,3 euro/abitante, mentre al Nord il costo è pari a 174,6 euro/abitante.
Tra le città che presentano il maggior costo spicca – ovviamente – Venezia, con 389,8 euro ad abitante. I costi minori si rilevano per Catanzaro (160,3), Campobasso (165,2) e Trento (177,3).
Per Trento, Cagliari e Potenza, unici capoluoghi che hanno adottato il sistema di tariffazione puntuale – che introduce una tariffa calcolata in parte in base alla reale produzione di rifiuto conferito dall'utente - si è rilevato un costo pro capite rispettivamente di 177,3, 307 e di 231,4 euro/abitante.
Aumentano gli impianti di trattamento, ma va dimezzato il ricorso alla discarica
La spinta della differenziata ha determinato negli anni una crescente richiesta di nuovi impianti di trattamento, soprattutto per la frazione organica, ma non tutte le regioni dispongono di strutture sufficienti a trattare i quantitativi prodotti. Nel 2021 la quota dei rifiuti organici avviati al trattamento cresce di 190 mila tonnellate, pari al 2,9%.
Oltre la metà degli impianti operativi per la gestione dei rifiuti (657 in tutta Italia) si occupa di trattare questa frazione. Nonostante nell’ultimo decennio il ricorso alla discarica si sia ridotto del 52%, occorre dimezzare in tempi brevi questa forma di smaltimento, che riguarda quasi 5,6 milioni di tonnellate di rifiuti urbani (il 19% dei rifiuti prodotti).
Imballaggi e rifiuti da imballaggio, tra Europa e PNRR
Particolare attenzione da parte dell’Europa è rivolta agli imballaggi e ai rifiuti da imballaggio, con ambiziosi obiettivi di riciclaggio al 2025 e al 2030. Con l’applicazione delle nuove metodologie di calcolo gli obiettivi previsti per il 2025 sono praticamente già raggiunti per tutte le frazioni di imballaggio, ad eccezione della plastica. Necessario incrementare il riciclaggio di quest’ultima, pari al 47%, per raggiungere l’obiettivo del 50% intervenendo con nuove tecnologie di trattamento, soprattutto per quelle tipologie di rifiuti che sono ad oggi difficilmente recuperabili mediante processi di tipo meccanico.
Sul fronte del PNRR, il 2021 è stato l’anno della prima attuazione del Piano grazie all’adozione delle riforme strutturali associate alla missione transizione verde ed economia circolare (M2C1). Obiettivo è dotare tutto il Paese di una rete omogenea di impianti di trattamento e riciclo dei rifiuti, colmando il divario esistente fra Nord e Centro-Sud e riducendo i conferimenti in discarica. Sono 2,1 i miliardi di euro destinati alle due linee di investimento per le attività di gestione dei rifiuti (1,5 miliardi) e a progetti innovativi di economia circolare (600 milioni). Ispra è impegnata nell’attività di selezione dei progetti.
In Italia l’esportazione dei rifiuti urbani supera di tre volte le importazioni
Nel 2021 i rifiuti urbani esportati sono 3 volte superiori a quelli importati: l’Italia ha fatto contare un export di 659 mila tonnellate, a fronte di un import di 219 mila. Campania e Lazio sono le due regioni che esportano maggiormente i propri quantitativi. Austria, Portogallo e Spagna i Paesi dove destiniamo più rifiuti urbani.
Gli impianti localizzati sul territorio nazionale importano principalmente vetro (29,3%), oli e grassi commestibili (14,8%), abbigliamento (14,3%), metallo (14%), plastica (13%) e, in minor misura, carta e cartone e legno che costituiscono, rispettivamente, il 4,9% e il 3,7% del totale importato. Il vetro arriva soprattutto dalla Svizzera ed è destinato ad impianti di recupero e lavorazione situati perlopiù in Lombardia. La plastica, proveniente principalmente dalla Francia, è importata in Piemonte e Lombardia. L’abbigliamento, invece, è importato in massima parte dalla Campania e dalla Toscana e gestito presso aziende che ne effettuano il recupero.
Image: Jilbert Ebrahimi (Unsplash)