A settembre il Movimento delle B Corp italiane ha tagliato il traguardo delle 300 aziende certificate: 303, per l’esattezza, il 13% in più rispetto alla fine dell’anno scorso. In totale danno lavoro a più di 28.000 persone in 17 industrie diverse, generando un fatturato di oltre 15,1 miliardi di euro. Oltre il 30% è attivo nel settore manifatturiero, seguito dalle attività professionali e scientifiche, dai servizi di informazione e comunicazione e dal commercio. A livello territoriale, il Nord-Ovest (45,9%) precede il Nord-Est (30,1%) e il Centro-Sud (24%).

Il movimento B Lab dagli USA all’Italia

Questo il quadro che emerge da una ricerca condotta dal Research Department di Intesa Sanpaolo in collaborazione con B Lab Italia, sezione nazionale dell’organizzazione non profit nata in USA nel 2006. “L’iniziativa è partita da un gruppo di persone, impegnate nell’imprenditoria e nell’investment banking, accomunate dalla volontà di trasformare il mercato e la competizione in qualcosa che avesse effetti concretamente positivi sul pianeta”, racconta Anna Puccio, managing director di B Lab Italia. “Anno dopo anno il network si è espanso in tutto il mondo, arrivando in Europa nel 2010 e nel nostro paese nel 2023.”

Performance economico-patrimoniali delle B Corp

Secondo lo studio, che ha confrontato l’andamento 2019-2022 di 210 aziende B Corp rispetto a 15.000 non-B Corp, il fatturato delle prime presenta una crescita del 32,4% in termini mediani, mentre le seconde si fermano al 19%. La dinamica si associa al miglioramento della produttività. Per le B Corp il valore aggiunto per addetto passa in tre anni da 62.000 euro a 69.000 euro, rispetto ai 62.000 euro delle non-B Corp nel 2022, mentre il rafforzamento patrimoniale vede un peso del patrimonio netto su attivo attestato sul 35,4% nel 2022 contro il 32,6% per le non-B Corp. Nello stesso anno il livello di EBITDA margin, il rapporto tra margine operativo lordo e ricavi, è pari al 10% per le B Corp, rispetto all’8,5% delle altre imprese.

Le B Corp ridistribuiscono anche maggiore ricchezza tra i lavoratori: il costo del lavoro mediano per addetto nel 2022 è pari a 44.000 euro, rispetto a 39.000 euro per le non-B Corp. Infine, le Certified B Corp sostengono maggiori investimenti in leve strategiche per il futuro. Nel settore manifatturiero, per esempio, la quota di imprese internazionalizzate è pari al 44,7% contro il 31,7% per le altre. Lo stesso vale per la richiesta di brevetti (31,6% contro il 13,5%) e per i marchi registrati (34,5% contro il 18,1%), oltre che per l’ottenimento di certificazioni ambientali (44,7% contro il 17,9%). “Le B Corp puntano a cambiare il proprio modello di business per diventare più sostenibili nel lungo termine, ma parallelamente beneficiano anche di un impatto economico positivo e di una posizione eccellente di fronte al sistema finanziario”, sottolinea Puccio.

Che cos’è una certificazione B Corp

La certificazione B Corp, volontaria e privata, “viene rilasciata alle aziende che soddisfano gli elevati standard di B Lab relativi a performance sociali e ambientali, trasparenza e responsabilità”. Per ottenerla le imprese devono completare il B Impact Assessment (BIA), rispondendo a oltre 200 domande, che coprono 12 mesi di attività, in 5 aree di impatto (governance, ambiente, clienti, comunità e lavoratori): se si registra un punteggio di oltre 80 punti, si può iniziare il processo di certificazione.

“Attualmente stiamo lavorando all’applicazione di nuovi standard”, prosegue Puccio. “In futuro bisognerà soddisfare requisiti di performance specifici sui temi sociali, ambientali e di governance, adattati al contesto aziendale in base a fattori quali dimensione, settore e geografia.” Tra le principali novità, il superamento delle cinque aree d'impatto con l'introduzione di nove principi, tra cui diritti umani, equità salariale e giustizia, equità, diversità e inclusione (JEDI).

Differenza tra B Corp e Benefit Corporation (o società benefit)

Spesso le B Corp vengono confuse con le Benefit Corporation, in Italia conosciute come società benefit. “Sono in entrambi i casi modelli virtuosi, guidati dalla consapevolezza che guardare non solo al profitto ma anche al beneficio comune rende più competitivi e attraenti verso i giovani talenti”. 

La società benefit è una forma giuridica che l'azienda può adottare, producendo poi il bilancio di sostenibilità. “Normalmente costituisce un primo passo nel mondo della stakeholder governance, che le realtà più preparate completano con la certificazione B Corp, tanto che tutte le B Corp sono società benefit”.

I valori ESG e la normativa CSRD

Quello del report di sostenibilità è un tema strettamente attuale, dopo il recepimento della normativa CSRD in Italia. In quest’ottica, spiega Puccio, “il B Impact Assessment, grazie al suo sistema di punteggio, può essere utile per valutare le performance. Se, ad esempio, la percentuale di management femminile è bassa, i punti associati a questa domanda saranno pari a 0”.

Sia la rendicontazione che la misurazione delle prestazioni implicano, tuttavia, che l'azienda abbia istituito processi per misurare le metriche di sostenibilità. “Il 30% delle metriche del BIA corrisponde esattamente agli standard europei, mentre oltre il 50% è corrispondenza concettuale”, specifica Puccio. “È doveroso sottolineare che la Certificazione B Corporation è un marchio che viene concesso da B Lab, ente privato no profit, non un organismo di normazione nazionale, europeo o internazionale.”

Spinte dalla normativa europea, così come dalla domanda dei consumatori e dagli investitori, le aziende italiane negli ultimi anni hanno fatto notevoli progressi nel campo dei valori ESG, incluse molte realtà di piccole e medie dimensioni. “L’88% delle Certified B Corp italiane sono PMI”, conclude Puccio. “Tra queste ultime, rientrano per lo più startup di giovani imprenditori che hanno un approccio al business responsabile, inclusivo e rigenerativo. Notiamo, infatti, come una forte attenzione ai temi d’impatto sia intrinseca nel DNA di tutte le B Corp”.

 

In foto: Anna Puccio, B Lab Italia