Il 1° gennaio 2024 è entrata in vigore la Global Minimum Tax. Il nuovo regime fiscale, che prevede un’aliquota minima di imposizione effettiva del 15%, si applicherà alle società multinazionali con fatturato superiore a 750 milioni di dollari. La misura – che secondo l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) contribuirà a generare un gettito complessivo di 220 miliardi di dollari ‒ punta a limitare il dumping fiscale, cioè la gara al ribasso tra giurisdizioni nazionali per attrarre gli investimenti, un fenomeno sempre più diffuso negli ultimi anni grazie a globalizzazione e digitalizzazione.
Numerosi i benefici della nuova misura, in termini di stabilizzazione del sistema fiscale internazionale e di maggiore certezza per i contribuenti e le amministrazioni. Tuttavia, secondo un recente report della Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo (UNCTAD), non è escluso il verificarsi di alcuni conflitti Stato-investitori.
Che cos’è la Global Minimum Tax?
Secondo le stime dell'OCSE, l'evasione fiscale delle società costa ogni anno da 100 a 240 miliardi di dollari, pari al 4-10% del gettito fiscale globale sul reddito delle società. Sono tuttavia i Paesi in via di sviluppo a esserne colpiti maggiormente, poiché tendono a dipendere di più dalle imposte sul reddito delle società rispetto alle economie avanzate.
Per queste ragioni, dopo anni di negoziati, 136 Paesi rappresentanti oltre il 90% del PIL globale (i firmatari sono ora saliti a 139), nell’ottobre 2021 hanno siglato un accordo storico, raggiunto sotto l’egida di G20 e OCSE. Si tratta dello Statement on a Two-Pillar Solution to Address the Tax Challenges Arising from the Digitalisation of the Economy. Letteralmente: Dichiarazione su una soluzione a due pilastri per affrontare le sfide fiscali derivanti dalla digitalizzazione dell'economia.
La Global Minimum Tax, introdotta e resa esecutiva nel diritto comunitario grazie alla direttiva 2022/2053, rappresenta il secondo dei due pilastri previsti dalla riforma per limitare l’erosione della base imponibile e il trasferimento degli utili (BEPS). L’imposta permetterà di garantire un livello globale minimo per la tassazione delle società.
Il cosiddetto primo pilastro, invece, prevede la parziale redistribuzione tra i Paesi dei diritti di imposizione. Le imprese di grandi dimensioni, con un volume d'affari oltre i 20 miliardi di euro e un margine di profitto superiore al 10%, saranno tenute a versare le imposte non solo nel Paese in cui hanno la propria sede legale, ma anche nei Paesi in cui effettuano le proprie attività. Si prevede che i guadagni di gettito dei Paesi in via di sviluppo siano maggiori di quelli delle economie più avanzate, in proporzione al gettito.
La Global Minimum Tax in Europa e il suo valore in Italia
Tra quasi 140 Paesi a livello globale, attraverso la Direttiva europea 2022/2053 l’Unione Europea è stata tra le prime giurisdizioni a tradurre le norme in leggi vincolanti. “Questo nuovo anno inaugura una nuova era per la tassazione delle grandi multinazionali. L'entrata in vigore in Europa e nelle giurisdizioni di tutto il mondo di questa storica riforma segna un importante passo avanti verso un sistema più equo di tassazione delle società ‒ ha dichiarato Paolo Gentiloni, commissario per l'Economia, che ha inoltre incoraggiato tutti i firmatari dell'accordo sulla tassazione globale a ‒ passare ai fatti e attuare rapidamente questa riforma fondamentale.”
Negli Stati Uniti una tassa minima del 15% è stata in effetti introdotta ma per tassare solo i profitti nazionali delle grandi società americane. In Italia, dove la direttiva ha trovato attuazione grazie al decreto legislativo n. 209 del 27 dicembre 2023, la Global Minimum Tax inizierà a garantire gettito dal 2025. Ma quanto porterà nelle casse dell’erario? Secondo stime del MEF passate la nuova imposta potrebbe garantire fino a 3 miliardi di euro, anche se dati più recenti e prudenziali a cura dell’Ufficio studi della CGIA di Mestre, basati sul Servizio Bilancio della Camera, delineano un guadagno di poco più di 380 milioni.
Accelerare le riforme per ridurre potenziali conflitti legali
Cosa succederà quando la maggioranza dei Paesi firmatari si allineerà al nuovo regime fiscale globale? Un rapporto dell'UNCTAD pubblicato il 23 novembre (The global minimum tax and investment treaties: Exploring policy option) ha esplorato le potenziali sfide legali nell'ambito degli accordi internazionali sugli investimenti (IIA) e la probabilità di controversie tra investitori e Stati. Le richieste di risarcimento per motivi fiscali rappresentano del resto circa il 15% di tutti i casi di risoluzione delle controversie tra investitore e Stato (ISDS) pubblicamente note.
Il rapporto individua quattro norme peculiari degli IIA tra quelle suscettibili di causare tensioni: la disposizione sul trattamento giusto ed equo (FET), la cosiddetta clausola ombrello, le norme di non discriminazione e la disposizione sull'esproprio. Le prime tre potrebbero, a seconda della loro interpretazione e delle circostanze dei singoli investitori, scoraggiare i Paesi dal riscuotere le imposte. Anche se gli esperti giudicano improbabile un’ondata di controversie, l’UNCTAD sottolinea in ogni caso la necessità di accelerare le riforme per garantire un concreto supporto alla Global Minimum Tax e alle altre concordate a livello internazionale su questioni come il cambiamento climatico e la salute.
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Immagine: Martin Sanchez, Unsplash