Il mondo è ancora lontano dall’uguaglianza di genere. Se la constatazione è purtroppo intuitiva, sono arrivati anche quest’anno i dati raccolti dalle Nazioni Unite a confermarla e a quantificarla.

Il report Progress on the Sustainable Development Goals: The Gender Snapshot 2023, pubblicato in vista del summit ONU sullo stato di avanzamento degli Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG), arriva a calcolarne persino il costo: per colmare il gender gap entro il 2030 servirebbero investimenti addizionali di 360 miliardi di dollari ogni anno.
E come se non bastasse, il cambiamento climatico non farà che acuire il divario, peggiorando la situazione delle donne nei Paesi più vulnerabili.

Gender gap e Agenda 2030, il report

Redatto da UN Women insieme al Dipartimento per gli affari economici e sociali dell’ONU, il report presentato il 7 settembre scatta una fotografia della lotta per l’uguaglianza di genere nel mondo in rapporto agli obiettivi dell’Agenda 2030. L’occasione è il summit che il 18 e 19 settembre, a New York, farà il punto sullo stato di avanzamento degli SDG.

Per il Gender Snapshot 2023, tuttavia, gli esperti dell’ONU non si sono limitati a verificare i punti dell’obiettivo numero 5 (Gender equality), ma hanno analizzato tutti i 17 goal, calcolando per ognuno il divario fra uomini e donne. Un compito non semplice, considerando che per molti aspetti mancano dati disaggregati per sesso e lo svantaggio della condizione femminile deve essere così stimato a partire da informazioni di contesto.

Povertà e insicurezza alimentare

È il caso dell’obiettivo numero 1, il superamento della povertà. Il report calcola che, mantenendo il trend attuale, più di 340 milioni di donne e ragazze – cioè circa l’8% della popolazione femminile globale – vivrà in condizioni di povertà estrema nel 2030, soprattutto nei Paesi dell’Africa sub-sahariana. Se è certo che esista un gender gap su questo aspetto, soprattutto per la fascia di età più “produttiva” fra i 25 e i 34 anni, più complicato è quantificarlo, dal momento che, di tutti Paesi che forniscono statistiche ufficiali, solo il 42% ha dati disaggregati per sesso. Quando i dati ci sono, tuttavia, il divario è evidente: in Cechia, ad esempio, il tasso di povertà per le donne è del 21,5% contro il 14,7% degli uomini.

Altro aspetto preoccupante è la sicurezza alimentare, ovvero l’SDG 2. Secondo l’ONU, nel 2022 il 27,8% della popolazione femminile e il 25,4% di quella maschile ha sofferto condizioni di moderata o grave insicurezza alimentare. Ciò che rende le donne più esposte alla fame è soprattutto il loro status nel sistema sociale e nell’organizzazione del lavoro agricolo.

In poche parole, le donne, pur lavorando nei campi (e spesso più duramente degli uomini), raramente hanno voce in capitolo nelle decisioni, non sono proprietarie dei terreni e delle risorse agricole e spesso non ricevono una paga per il lavoro che svolgono. Su questo ultimo punto, i numeri rivelano un divario enorme: di tutte le donne lavoratrici agricole, il 49% non riceve denaro (o ne riceve in quantità irrisoria) contro il 17% degli uomini.

Crisi climatica e gender gap

Sia la povertà che l’insicurezza alimentare saranno con ogni probabilità acuite dagli effetti della crisi climatica, che colpirà con particolare gravità le fasce di popolazione più fragili nelle aree del pianeta più vulnerabili. Le donne si troveranno quindi, e già si trovano, nell’occhio del ciclone.

Secondo il report dell’ONU, nello scenario peggiore il cambiamento climatico potrebbe gettare nella povertà 158 milioni di donne e ragazze in più entro la metà del secolo (con un gap di circa 16 milioni di individui rispetto agli uomini). Dati che si fanno ancora più preoccupanti se si guarda alle proiezioni sull’insicurezza alimentare, che potrebbe riguardare 131 milioni di uomini in più a metà secolo e addirittura 236 milioni di donne in più.

Diritto allo studio ed empowerment

I due fattori principali su cui si lavora per contrastare il gender gap sono, da sempre, l’educazione e l’accesso al lavoro: in una parola, l’empowerment. La strada è ancora molto lunga, ma i numeri fanno emergere delle constatazioni interessanti.

Una fra tutte riguarda l’accesso all’istruzione. Nel mondo, si sa, accade ancora troppo spesso che alle bambine e alle ragazze venga impedito di studiare, e, anche quando il diritto allo studio viene finalmente conquistato, non è detto che poi si riesca a mantenerlo, come insegna la storia recente dell’Afghanistan.

È un fatto, però, che “quando le ragazze si iscrivono a scuola”, come si legge nel report ONU, “i loro tassi di completamento superino costantemente quelli dei ragazzi nei livelli primario (88% rispetto a 86%), secondario inferiore (78% rispetto a 76%) e secondario superiore (60% rispetto al 57%)”. Il potenziale femminile, insomma, è grande e non è neanche lontanamente sfruttato, ma se non si accelerano i progressi su questo aspetto, nel 2030 circa 110 milioni di ragazze saranno escluse dal diritto allo studio.

Lavoro, carriera e ricerca scientifica

Altro capitolo è poi l’accesso al mondo del lavoro e la possibilità di carriera. “A livello globale”, si legge nel report, “meno di due terzi (61,4%) delle donne in età lavorativa (dai 25 ai 54 anni) facevano parte della forza lavoro nel 2022, rispetto al 90,6% degli uomini in età lavorativa”.

E il gap salariale, neanche a dirlo, rimane scandaloso: per ogni dollaro guadagnato da un uomo, una donna in media guadagna solo 51 centesimi. Va da sé che anche le posizioni di prestigio rimangano saldamente in mano agli uomini: le donne che siedono nei parlamenti dei vari Paesi del mondo complessivamente occupano solo il 26,7% degli scranni.

Infine, c’è ancora molto da fare per colmare il gap di genere nel settore della ricerca scientifica e dei lavori in ambito tecnologico, ingegneristico e matematico (quelli che vanno sotto l’acronimo STEM). Secondo i dati ONU, nel 2020 le donne ricoprivano solo una posizione di ricerca su tre in tutto il mondo e solo un lavoro su cinque nell’ambito STEM. Un’assenza che, notano gli esperti ONU, “nel settore emergente dell’intelligenza artificiale ha già avuto un impatto negativo sul modo in cui questa tecnologia supporta le donne e risponde alle loro esigenze”.

Liberare il potenziale delle donne

I dati sul divario di genere raccolti dalle Nazioni Unite non dicono probabilmente nulla di nuovo, ma in occasione del bilancio sugli Obiettivi di sviluppo sostenibile che emergerà dalla due giorni di New York si spera che infondano un senso di urgenza nell’affrontare la questione. Una questione che, in fondo, non riguarda “solo” la metà della popolazione mondiale, ma tutti. Il potenziale inespresso, ingabbiato, imbavagliato delle donne può essere infatti determinante per il futuro del pianeta.

Lo ha detto bene Maria-Francesca Spatolisano, assistente del Segretario generale delle Nazioni Unite per il coordinamento delle politiche e affari intra-agenzia DESA: “L’uguaglianza di genere non è solo un obiettivo dell’Agenda 2030. È il fondamento stesso di una società giusta e un obiettivo su cui devono poggiare tutti gli altri obiettivi. Abbattendo le barriere che hanno ostacolato la piena partecipazione delle donne e delle ragazze in ogni aspetto della società, liberiamo il potenziale inutilizzato che può guidare il progresso e la prosperità per tutti”.

 

Immagine: Gyan Shahane, Unsplash