Mettere il profitto altruisticamente al servizio di un nobile fine è il semplice principio su cui si fonda la Reintegration Economy, il modello economico sviluppato da Pier Giovanni e Lorenzo Capellino. Per realizzare il loro progetto hanno trasformato Almo Nature Benefit S.p.A., azienda internazionale di pet food fondata nel 2000, in un motore di bene comune a protezione della biodiversità, creando un ente commerciale senza scopo di lucro: la Fondazione Capellino.

Tutti i ricavi generati da Almo Nature, una volta coperti i costi operativi, gli investimenti e le tasse, vengono destinati a finanziare le attività e i progetti della Fondazione, rendendo l'azienda un esempio concreto di come il profitto possa essere reintegrato nella società per sostenere il bene comune. "Nel 2018 abbiamo deciso di donare l'azienda che mio fratello e io avevamo fondato alla Fondazione. Questo passo è stato compiuto affinché la Fondazione potesse basarsi, per il proprio sostentamento finanziario, sul lavoro di persone che creano valore aggiunto e lo destinano, anziché all'interesse personale, a una finalità che la Fondazione è chiamata a realizzare," spiega Pier Giovanni Capellino, fondatore di Almo Nature, intervistato da Materia Rinnovabile.

Che cos’è la Reintegration Economy?

Tradizionalmente le aziende si concentrano sulla massimizzazione del profitto per agli azionisti, spesso trascurando altri aspetti, quali la responsabilità sociale e/o ambientale. In Almo Nature, invece, essendo la Fondazione il solo azionista, la realizzazione degli obiettivi non finanziari ricopre un ruolo fondamentale. La Reintegration Economy prevede che un'azienda reinvesta sempre i propri utili in progetti per la comunità, piuttosto che destinarli al vantaggio personale di pochi individui.

"Nel nostro caso abbiamo una situazione radicale, priva di potenziali conflitti di interesse”, continua Capellino. “L'azienda profit, Almo Nature, non è indipendente ma è soggetta alla direzione e al coordinamento della Fondazione. Poiché quest’ultima detiene il 100% dei diritti patrimoniali e dei profitti dell'azienda, ogni anno decide quanti di questi profitti debbano essere trasferiti a sé stessa e quanto debba rimanere in Almo Nature per garantirne il rafforzamento."

Reinvestire nell’azienda è fondamentale non solo per aumentarne la competitività, ma anche per garantire la continuità delle attività promosse dalla Fondazione. Ad esempio, “con il progetto Firenze Climate Change − continua l’imprenditore piemontese − abbiamo assunto un impegno decennale con la città di Firenze. Attualmente siamo solo al secondo anno e il programma si concluderà nel 2032. È evidente quanto siano cruciali i flussi di cassa nel corso del tempo e quanto sia fondamentale che siano chiari e trasparenti. Quando ci impegniamo per dieci anni, è essenziale che la Fondazione sia sicura di poter mantenere gli impegni presi per gli anni successivi.”

Il nostro attuale modello economico continua a estrarre risorse, minacciare la biodiversità e gli ecosistemi, rilasciando grosse quantità di gas climalteranti nell’atmosfera. Un sistema che distrugge il capitale naturale e mette a rischio la biosfera da cui, come sottolinea Capellino, “dipende tutto. Se non l'avessimo non ci sarebbero problemi come la guerra o gli estremismi perché non ci sarebbe la vita stessa.” La necessità di reintegrare la biodiversità è al cuore del business model della Fondazione, sia per ridurre gli impatti negativi dell'economia, sia per ripristinare la varietà biologica in declino su scala globale, restituendo alla natura ciò che le abbiamo tolto.

I corridoi ecologici

La Fondazione Capellino si occupa di sei aree di intervento: conservazione e ripristino degli habitat naturali, cambiamento climatico e riscaldamento globale, agricoltura rigenerativa, impatto delle attività umane sulla biodiversità, promozione della Reintegration Economy e recupero degli edifici storici.  Per esempio, la creazione di corridoi ecologici, fondamentali per restituire spazio alla biodiversità, rappresenta uno dei progetti di maggior rilevanza su cui si è deciso di investire.

In collaborazione con il Wageningen Environmental Research e l'Eurac Research, “stiamo mappando i potenziali corridoi ecologici dell’Europa”, spiega Capellino. Il progetto comprende un'analisi approfondita della rete naturale transeuropea esistente e l'identificazione delle aree prioritarie per gli interventi, con l'obiettivo di determinare le zone in cui è possibile agire in modo più efficace per collegare le aree naturali protette già esistenti nel nostro continente. L'accento viene posto sull'importanza che queste nuove aree siano integrate in modo equilibrato con le attività umane circostanti. Come sostiene il fondatore dell’azienda “la città deve essere fatta per gli umani, quindi per una biodiversità possibile e sicura. Invece dobbiamo avere aree dove la biodiversità è assoluta e gli umani non possono entrare o ci entrano solo in maniera contingentata”.

Uno dei progetti avviati nel 2023 è il Danube Biodiversity Corridor in Baviera, Germania. Questa regione, caratterizzata da un'intensa attività agricola, ha visto un significativo calo della biodiversità e delle risorse idriche. Il progetto, in partnership con altre realtà locali, mira a ripristinare gli ecosistemi naturali e, contemporaneamente, a supportare l'attuazione della Direttiva quadro sulle acque, che promuove un uso sostenibile delle risorse idriche a lungo termine.

Il progetto Firenze Climate Change

La Fondazione promuove anche il progetto Firenze Climate Change, volto a creare un laboratorio climatico nell'area metropolitana di Firenze per implementare soluzioni nature-based a beneficio della popolazione e della biodiversità, con il supporto scientifico del CNR e dell'Università di Firenze. Questo modello, che vuole diventare replicabile in altre città, riceverà 3 milioni di euro dal 2023 al 2027, con ulteriori 1,5 milioni per il monitoraggio scientifico dal 2028 al 2032.

Il progetto prevede anche lo sviluppo di un'area naturale nel Mugello, a Giogo-Casaglia sull'Appennino fiorentino, complementare al lavoro nella zona urbana. “Proporremo alla città di Firenze di adottare il Mugello, dato che la presenza della Fondazione in quell'area è prevista per dieci anni, ma non sarà permanente. L'obiettivo è che questo dono della Fondazione diventi qualcosa che i cittadini di Firenze facciano proprio, partecipando attivamente e comprendendo che la protezione della biodiversità del Mugello può contribuire a creare città più equilibrate, compensando l'impatto del cemento e dell'asfalto attraverso l'adozione di aree naturali. Non serve fare molto, né comporta costi elevati, perché il grande vantaggio della natura è che necessita solo di essere lasciata in pace”.

 

Nella foto in copertina: Pier Giovanni Capellino