Il 2025 è iniziato con il prezzo del gas in impennata: per la prima volta da ottobre 2023 sul mercato di riferimento di Amsterdam sono stati superati i 50 euro al megawattora. Una tempesta perfetta, legata allo stop delle forniture russe attraverso l’Ucraina, ma anche all’interruzione dell’impianto di GNL Hammerfest in Norvegia e alle temperature più fredde del previsto, che fanno salire la necessità di riscaldamento.

Le imprese, soprattutto quelle energivore, sono in allarme, perché si fa fatica a pianificare a causa dei continui cambiamenti nei costi dell’energia. Lo spettro, soprattutto, è quello delle speculazioni finanziarie, che potrebbero aggravare ulteriormente la situazione, con pesanti ricadute sulle bollette, per le quali ARERA comunque ipotizza per quest’anno aumenti fra il 9 e il 10%.

Di fronte a tale scenario Gilberto Pichetto Fratin, ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica (MASE), pensa a un asse tra Italia e Germania, “industrie gemelle”, come spiega in un’intervista ad Andrea Greco per la Repubblica, anticipando la proposta che farà al vicecancelliere Robert Habeck il 21 gennaio a Roma. L’occasione sarà l’inaugurazione del South Corridor, nuova infrastruttura da 3.500 chilometri per condurre l’idrogeno africano in Italia, Austria e Germania attraverso la dorsale adriatica. 

Un nuovo price cap per il gas

L’idrogeno è sì una prospettiva importante, ma di lungo periodo: nell’immediato bisogna prepararsi a percorrere altre strade. Due, in particolare, i punti chiave su cui l’Italia cerca intese europee: un nuovo tetto al prezzo del gas (price cap) e il disaccoppiamento da quello dell’energia elettrica.

Per quanto riguarda il price cap l’idea di Pichetto Fratin, più che fissare un prezzo, è cercare un meccanismo stabile contro le speculazioni finanziarie: “Non siamo ancora a quei livelli: nell’ultimo mese si nota più una speculazione fisiologica per le posizioni chiuse verso fine 2024, quando la notizia del mancato accordo tra Ucraina e Russia ha fatto venire meno un grande fornitore. Questo ha alzato i prezzi, che ora sembrano ridiscendere”.

Se si andasse oltre, arrivando agli 80-90 euro a megawattora, vorrebbe invece dire che la speculazione è finanziaria. E l’Europa deve saper rispondere: “Chiaro che la Commissione dice che di gas ce n’è a volontà e i prezzi sono più bassi che nel 2022-23”, sottolinea il ministro. “Ma se dovesse verificarsi un evento negativo, la speculazione potrebbe rialzare la testa, e la politica sarebbe già pronta a un intervento.”

Disaccoppiamento dei prezzi di gas ed elettricità

Il secondo punto è la separazione dei costi del gas dall’elettricità: qui la proposta italiana è quella di creare “le condizioni in Europa per avere prezzi equilibrati, più favorevoli ai consumatori e che stimolino la produzione di nuove rinnovabili. Serve trovare una formula, non più basata sul gas, che vada bene ai 27 membri dell’UE”.

Per decenni, a partire dalla sua nascita nel Regno Unito nel 1989, il sistema del prezzo marginale dell’energia, basato sulla fonte di produzione più costosa (in genere il gas), è andato bene. Ora, invece, “va modificato, trovando nuove convergenze tra paesi con interessi diversi: la Francia ad esempio ha una base di energia nucleare, la Spagna ha 50 rigassificatori e un’offerta di rinnovabili che la disaccoppia già di fatto”. Anche la Germania, che andrà al voto il prossimo 23 febbraio, si differenzia dall’Italia, pur avendo sistemi produttivi simili: se noi abbiamo puntato sul gas, reindirizzandoci poi sulle rinnovabili, specie sul solare, i tedeschi avevano il nucleare, che hanno dismesso per sviluppare l’eolico. “Qualunque governo ci sarà, dirò ad Habeck, stiamo coi piedi per terra e troviamo soluzioni”, annuncia il titolare del MASE.

A breve il disegno di legge delega sul nucleare

A proposito di nucleare, nei prossimi giorni arriverà all’esame di Palazzo Chigi il disegno di legge delega per abilitare nel nostro paese la produzione di energia tramite mini reattori. Un tema su cui la premier Meloni ha spinto molto durante il suo discorso alla COP29 di Baku, definendola una tecnologia “che potrebbe cambiare la storia in quanto può trasformare l’energia da arma geopolitica a risorsa ampiamente accessibile”. 

Per due volte, invece, gli italiani si sono in passato dichiarati contrari: “Credo che il nostro dovere, oggi, sia spiegare che non parliamo più delle grandi centrali di prima e seconda generazione”, prosegue Pichetto Fratin nell’intervista a la Repubblica. “I nuovi piccoli reattori saranno completamente diversi e migliori, dal punto di vista dell’offerta di energia, della sicurezza e dei rifiuti. E poi sono fondamentali per raggiungere gli obiettivi della decarbonizzazione. Se spiegheremo queste evidenze, tra pochi anni l’Italia potrà fare scelte nuove, basate sulla convenienza di prezzo e la sostenibilità dell’energia.”

 

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In foto: Pichetto Fratin a Berlino con l’omologo Robert Habeck a marzo 2024, © Palazzo Chigi