La notte elettorale europea ha scosso numerose capitali, con risultati politici sconvolgenti: dallo scioglimento del parlamento francese voluto da Emmanuel Macron e del governo di Alexander de Croo in Belgio, alla debacle di socialisti e Grünen in Germania e la vittoria della FPO, il partito di estrema destra austriaco, fino al consolidamento del potere di Giorgia Meloni, che potrà dispiegare un’influenza fortissima in Europa.

La fotografia che emerge lunedì mattina è di un’Europa saldamente in mano ai Popolari con una probabile (ma ancora non sicura) rielezione di Ursula von der Leyen, con un asse nazionalista, conservatore e reazionario che attraversa l’Europa occidentale fino al Mediterraneo e non avrà forza nell’esecutivo europeo ma rimarrà una presenza rilevante a Bruxelles. Nell’area meridionale, con l’eccezione della Grecia, tengono i partiti democratici e di sinistra, mentre viene meno il supporto dei partiti verdi tedesco, francese e austriaco (oltre 25 seggi persi), solo in parte compensato dai risultati nei Paesi Bassi (4 seggi), Italia (6 seggi) Danimarca (3 seggi, dove i verdi sono il primo partito, a sorpresa) e Svezia (3 seggi). Interessante il risultato in Ungheria, dove l’iperconservatore Orban vede per la prima volta eroso il suo consenso, segno che anche i peggiori nazionalismi hanno una data di scadenza, specie quando dimostrano di non portare risultati nell’economia e nelle politiche sociali.

Numerosi partiti sconosciuti hanno fatto capolino sulla scena europea (eclatanti i due seggi vinti dallo youtuber cipriota), portando istanze populiste, antiliberali o antisistema, alimentando il gruppo dei non allineati (96 seggi, terzo gruppo per dimensione nell’Unione). C’è una consolazione: sebbene ci sia una crescita nella destra estrema non è arrivata la spallata che alcuni temevano, è il giudizio unanime dei commentatori politici europei.

Una furia travolge le due locomotive d’Europa

Le elezioni lampo di fine giugno in Francia annunciate da Emmanuel Macron dopo la sconfitta e il traballante governo di Olaf Scholz in Germania, sconfitto da destra e popolari, avranno impatti significativi sia in politica estera che sull’economia industriale europea. Macron è stato umiliato dal raddoppio del Rassemblement National (RN) di Marine Le Pen e Jordan Bardella e si è trovato costretto a sciogliere l’Assembla Nazionale. A un giorno dall’accordo con il presidente americano Joe Biden sull’uso di asset finanziari russi per sostenere la guerra in Ucraina, Macron si trova (auto)escluso dalla politica estera e dalla strategia di lungo termine di rafforzamento della difesa europea e di interventismo nei teatri di guerra, Ucraina su tutte. Cercherà con le elezioni lampo di consolidare gli elettori francesi contro RN e preservare il suo ruolo. Ma è una strada decisamente tortuosa.

Il partito socialista tedesco di Scholz invece è stato sorpassato dai neonazisti dell’ADF (16,5%), oltre che dalla CDU, superando di poco i Verdi (scesi dal 20 al 12%), trovandosi così politicamente in minoranza. Sebbene le elezioni regolari non siano previste prima dell'autunno del 2025, le persistenti lotte intestine all'interno dell'alleanza (dalla guerra della Russia contro l'Ucraina al bilancio nazionale) e il pessimo risultato europeo potrebbero accelerare il processo. La situazione instabile della Germania potrebbe essere chiave per un rallentamento nella transizione green nell’economia, frenando ulteriormente investimenti in rinnovabili, auto elettriche e elettrificazione.

In Italia astensione e bipolarismo, exploit AVS

Per quanto riguarda l’Italia l’astensione ha superato il 50%, raggiungendo il 56,37 nella circoscrizione Sud e il 62,69 nelle isole. È uno dei dati peggiori in Europa, ma in linea con il 2019. Sono soprattutto giovani, famiglie di ceto basso, ex-idealisti disillusi che non trovano posizionamento, ma anche fortemente disinteressati dalla politica, percepita come calcolatrice, lontana dai territori, non capace di esprimere visioni diverse e innovative. È un pessimo segnale, in un quadro sempre più bipolarista e, fortunatamente, sempre più guidato da donne.

Rimangono al palo i maschi alfa del centrismo (Renzi e Calenda), trionfano Meloni con un solidissimo 28,8% e Schlein, che cementa il PD al 24%. Portano a casa 3 seggi Alleanza Verdi e Sinistra (ma insieme avrebbero dovuto fare ancora di più), tiene bene Forza Italia (9,7%), mentre fanno flop Salvini (il “traditore del Nord”, a detta di tanti militanti leghisti della prima ora), che punta il dito contro Bossi mentre sembra evidente che la sua leadership sta arrivando al capolinea, e il M5S di Conte, sempre più allo sbando e senza riferimenti né anima.

Green Deal sotto assedio?

I partiti verdi perdono negli storici bastioni ma non subiscono una sconfitta totale. Se il blocco liberale di Renew perde 23 seggi, per i Greens è un -18, con però qualche nuovo ingresso che tampona l’emorragia. “Siamo orgogliosi che la nostra famiglia politica abbia guadagnato eurodeputati in tutta Europa ‒ afferma Bas Eickhout, vicepresidente del gruppo Greens/EFA ‒ “con nuovi partiti partner in paesi dell'Europa centrale e orientale dove non avevamo mai avuto eurodeputati prima, come Croazia, Lettonia, Slovenia e Lituania, e con guadagni di forti voci verdi dall'Europa meridionale, come in Spagna. Siamo arrivati primi in Danimarca e nei Paesi Bassi e continueremo a essere una forte voce verde in Svezia e Finlandia.”

Certo la compagine socialista rimane de facto inalterata e il Partito popolare europeo ha ancora interesse a supportare il Green Deal, iniziativa di bandiera di von der Leyen. In questo senso Renew e Verdi potrebbero giocare un ruolo base nel formare una maggioranza. È sicuro però che iniziative come la riforma della PAC, la direttiva sui pesticidi, la Nature Restoration Law e il sostegno a impegni finanziari per il clima nel quadro UNFCCC e nella cooperazione internazionale avranno una strada decisamente in salita. Secondo Eickhout "abbiamo imparato che il Green Deal è stato troppo un'agenda di Bruxelles" e non un tema discusso e confrontato tra i 27 stati membri, creando distacco e paura in elettori ed elettrici, che hanno dato credito alle posizioni anti-Green Deal dell’ultradestra.

Ora per i partiti che hanno a cuore l’agenda green dell’Europa si apre una fase fortemente concentrata sulla just transition (ovvero come rendere il Green Deal inclusivo) e su come evitare che la green transition diventi un ulteriore meccanismo di gentrificazione e gap socio-economico. Inoltre la nuova Commissione europea molto probabilmente concentrerà gli sforzi su politiche economiche più industriali come economia circolare, blue deal per l’acqua, materie prime critiche, trasporti. Lo conferma con le sue parole Laurence Tubiana, CEO della European Climate Foundation: "Non si possono risolvere le crisi del costo della vita,  della sicurezza o della competitività senza una transizione ecologica. Non perdiamo di vista il fatto che la stragrande maggioranza degli europei si preoccupa dei cambiamenti climatici e desidera un'azione più ambiziosa per il clima. L'UE deve rispondere dando priorità alla dimensione sociale".

 

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Immagine di copertina: Alain Rolland © European Union 2023 - Source : EP