A due mesi dalle elezioni, il Parlamento, il Consiglio e la Commissione europei hanno voluto dare un segnale forte per sottolineare la centralità della bicicletta nel percorso che dovrà condurre i Paesi dell’UE al raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda 2030, su tutti la riduzione delle emissioni nette di gas a effetto serra di almeno il 55% rispetto al 1990.  Il testo della Dichiarazione europea sulla mobilità ciclistica è un suggerimento di indirizzo che non potrà essere trascurato, qualunque sia l’esito delle elezioni di inizio giugno.

Nel documento la mobilità ciclistica è intesa nell’accezione più ampia possibile, includendo biciclette per vari terreni, per il trasporto di bambini e per persone con disabilità, cargo bike, tricicli per adulti, reclinate, velomobili, tandem ed e-bike. Inoltre, emerge con chiarezza come lo sviluppo di politiche di mobilità ciclistica possa impattare positivamente sulla qualità dell’aria, sulla fluidità del traffico, sull’inclusività sociale e sulla salute psicofisica di una popolazione statisticamente sempre più anziana.

Norme e infrastrutture per cambiare il modo di muoversi

Per provare a raggiungere gli obiettivi dell’Agenda 2030 le politiche di mobilità ciclistica devono essere attuate a tutti i livelli di governance e il più rapidamente possibile. Gli incentivi a recarsi al lavoro in bicicletta, la fornitura di bici (elettriche) aziendali, la realizzazione di parcheggi e strutture adeguati per la mobilità ciclistica, l’uso di servizi di consegna basati sulle biciclette sono solo alcune delle scelte che possono contribuire a una maggiore sostenibilità del settore dei trasporti. Un modello di mobilità maggiormente sostenibile è possibile soltanto con una ciclabilità socialmente inclusiva (con particolare attenzione a donne, bambini, anziani e gruppi vulnerabili) ed economicamente accessibile a prescindere dal livello di reddito.

Per aumentare gli spostamenti in bicicletta è necessario intervenire sul piano infrastrutturale e normativo, da una parte separando fisicamente le piste ciclabili dal traffico motorizzato, dall’altra garantendo velocità sicure laddove il traffico è misto. Il miglioramento della legislazione in materia di sicurezza stradale resta un fattore prioritario per facilitare la coesistenza dei diversi mezzi di trasporto. Il rispetto dell’obiettivo enunciato nella Dichiarazione di La Valletta sulla sicurezza stradale (dimezzare entro il 2030 il numero di feriti gravi nell’UE in incidenti stradali rispetto al valore di riferimento del 2020) è un passaggio obbligato nell’ottica dell’ambizioso target fissato per il 2050: avvicinarsi all’azzeramento del numero delle vittime. La connettività tra le zone suburbane e rurali e i centri delle città, la disponibilità di posti pubblici sicuri e la diffusione di punti di ricarica per le bici elettriche sono imprescindibili per stimolare una mobilità sostenibile e intermodale.

Potenziale e criticità della Dichiarazione europea sul ciclismo

La Dichiarazione europea sulla mobilità ciclistica evidenzia come una maggiore diffusione della mobilità ciclistica possa avere un impatto positivo sull’occupazione e sull’economia europee. Creare le condizioni per un aumento della produzione continentale di un’ampia gamma di biciclette e dei relativi componenti e sostenere il settore dei servizi per le bici (compresi i soggetti dell’economia sociale e quelli attivi in riutilizzo, riparazione e noleggio), la ciclologistica e il cicloturismo sono strategie win win in grado di produrre benefici sia in termini socio-ambientali che economici.

“L’iniziativa dell’UE non può che farci contenti, anche se va detto che una dichiarazione non è una direttiva”, spiega a Materia Rinnovabile Raffaele Di Marcello, consigliere nazionale FIAB (Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta). “A due mesi dalle elezioni europee, si tratta comunque di un atto importante. Anche se il Codice della Strada in via d’approvazione al Senato rappresenta un passo indietro per la ciclabilità italiana, l’Unione Europea specifica come la bicicletta abbia la stessa dignità degli altri mezzi di trasporto.” Se città come Parigi hanno scelto di privilegiare infrastrutture e norme bike friendly, “in Italia – conclude Di Marcello – è arrivato il momento di un cambio culturale capace di segnare una discontinuità rispetto all’autocentrismo dominante. L’auspicio è che, indipendentemente dal risultato delle imminenti elezioni, il futuro Parlamento Europeo traduca in direttive per i Paesi membri l’indirizzo espresso dalla Dichiarazione europea sulla mobilità ciclistica.”

 

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Immagine: Angelo Pantazis, Unsplash