Coltivare il cemento invece di fabbricarlo. L’idea è di un team di ricercatori americani della University of Colorado Boulder, che ispirandosi alle alghe della barriera corallina, ha pensato di imitarne i naturali processi di calcificazione in un nuovo metodo di produzione del cemento, sostenibile e carbon neutral.
Se tutto il cemento utilizzato dal settore edile nel mondo fosse rimpiazzato da questo nuovo cemento calcareo biogenico – dichiarano i ricercatori – si potrebbe evitare addirittura l’emissione di 2 miliardi di tonnellate di CO2 all’anno, mentre altri 250 milioni potrebbero essere stoccati nel nuovo materiale, grazie all’azione di assorbimento delle alghe.
Coltivare il calcare come le microalghe della barriera corallina
Come nella migliore tradizione della ricerca scientifica, l’idea del cemento biogenico è arrivata fuori dal laboratorio. Nel 2017 Wil Srubar, professore associato di ingegneria civile e ambientale della University of Colorado Boulder, stava facendo snorkelling in Thailandia, in mezzo alla barriera corallina. Osservando le splendide strutture di carbonato di calcio create in centinaia di migliaia di anni dalle microalghe del Reef, all’improvviso un pensiero si è acceso: “Se la Natura può far crescere il calcare, perché non possiamo farlo anche noi?”.
L’idea si può inserire in quel filone di sperimentazioni sui neo-materiali battezzato Growing Design. Si tratta di un approccio che rivoluziona radicalmente l’idea del costruire, sostituendo la fabbricazione con la crescita naturale: in pratica, si coltiva materia.
“Le alghe vengono in genere considerate come risorse, come materie prime, ma noi abbiamo iniziato a guardare in modo diverso alle loro incredibili proprietà”, spiega Srubar. Lui e il suo team hanno quindi iniziato a coltivare i coccolitofori, microalghe bianche che attraverso la fotosintesi sequestrano e immagazzinano l'anidride carbonica in forma minerale. Nutrite di luce solare, acqua di mare e anidride carbonica disciolta, queste microscopiche alghe riescono a produrre grandi quantità di carbonato di calcio a un ritmo decisamente più veloce di quello delle barriere coralline.
Cemento biogenico per tagliare 2 miliardi di tonnellate di CO2
Il calcare (costituito da carbonato di calcio) è alla base della fabbricazione del cemento Portland, il più comunemente utilizzato nel mondo, e del calcestruzzo. Le rocce calcaree sono estratte in cave e poi cotte ad altissime temperature, generando quindi, sia in fase di estrazione che durante il processo industriale, enormi quantità di CO2. Si calcola che, annualmente, l’intero settore del cemento produca 2,8 miliardi di tonnellate di emissioni di carbonio, fra il 5 e il 9% (a seconda delle stime) del totale globale.
Ma rimpiazzando il calcare estratto dalle cave con quello coltivato biologicamente, secondo il team di Srubar si potrebbe creare un processo a emissioni zero per fabbricare il cemento Portland, visto che la CO2 emessa in atmosfera sarebbe compensata da quella catturata dalle stesse alghe.
“Se tutte le costruzioni in cemento nel mondo utilizzassero cemento calcareo biogenico, - scrivono i ricercatori - ogni anno si potrebbe evitare l’emissione in atmosfera di ben 2 miliardi di tonnellate di anidride carbonica e oltre 250 milioni di tonnellate aggiuntive verrebbero catturate dall’atmosfera e immagazzinate nel nuovo materiale”.
Un materiale plug-and-play
La soluzione, secondo Srubar, sarebbe facilmente scalabile: “il cemento biogenico – spiega - è un materiale plug-and-play, visto che si adatta ai tradizionali processi dell’industria cementizia”.
Non ci sarebbero, inoltre, problemi di spazio o di condizioni atmosferiche per la coltivazione dei coccolitofori. Questi piccoli organismi sono infatti incredibilmente resilienti e riescono a vivere in acqua salata come in acqua dolce, ad alte e basse temperature: perfetti, insomma, per essere coltivati un po’ ovunque, anche in una pozza d’acqua in città. Il team di Srubar ha calcolato che basterebbero da 1 a 2 milioni di acri (fra i 4mila e gli 8mila kmq) di pozze d’acqua aperte per coprire tutto il fabbisogno di cemento degli Stati Uniti, in pratica l’equivalente dell’1% del terreno utilizzato per le coltivazioni di mais.
I numeri stimati sono così convincenti che il Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti ha assegnato un grant di 3,2 milioni di dollari al team della University of Colorado Boulder per sviluppare il progetto. Srubar e colleghi stanno già lavorando alla commercializzazione del processo: “Per l'industria del cemento e del calcestruzzo è arrivato il momento di risolvere il terribile problema delle emissioni - commentano – E noi riteniamo di avere una delle migliori soluzioni, se non la migliore, per il settore".
Immagine: Marek Okon (Unsplash)