Negli ultimi anni, il biometano ha acquisito un ruolo sempre più importante, spinto dagli obiettivi di decarbonizzazione del pacchetto Fit for 55 e dalla crisi energetica causata dall’invasione russa in Ucraina. L'Unione Europea lo considera una risorsa strategica, utile sia per diversificare il mix energetico che per favorire l’economia circolare. Ma qual è il ritmo di crescita di questo mercato? E quali sono le principali innovazioni e le sfide da affrontare, ora che a Bruxelles è iniziato un nuovo mandato? Materia Rinnovabile ha discusso di questi temi con Giulia Cancian, segretaria generale di European Biogas Association.

Giulia Cancian

Il biometano viene spesso definito come vettore rinnovabile. È proprio così?

Il biometano è piuttosto un prodotto circolare, non lineare, e la digestione anaerobica rappresenta un vero e proprio “hub” dell'economia circolare. Un impianto ideale di biometano è ben radicato nel territorio, sfrutta le risorse locali per produrre biogas e affronta sfide sociali e ambientali, come la riduzione delle emissioni di metano provenienti da reflui zootecnici o altre materie di scarto.

Ad esempio?

Il digestato rappresenta una soluzione concreta e conveniente per mantenere la fertilità del suolo e garantire una produzione agricola sostenibile. Inoltre, contribuisce sia alla sicurezza energetica che alla riduzione delle importazioni di fertilizzanti. Un altro aspetto da non trascurare, infine, è l’anidride carbonica biogenica, che può essere stoccata e utilizzata, ad esempio, nell'agricoltura (come nelle serre) o nell'industria agroalimentare.

L’obiettivo di neutralità climatica e la necessità di diversificare le fonti di approvvigionamento energetico a seguito del conflitto russo-ucraino hanno permesso al biometano di guadagnare un ruolo sempre più rilevante nelle politiche europee. Quanto se ne produce nei 27 stati membri?

In Europa, attualmente, vengono prodotti poco più di 21 miliardi di metri cubi di biometano e biogas combinati, una quantità equivalente al fabbisogno di gas di un paese come la Polonia, quindi un numero significativo. Per quanto riguarda il solo biometano, alla fine del 2022 la produzione in Europa era vicina ai 4 miliardi di metri cubi. Abbiamo aggiornato la mappatura del biometano al 2024, includendo gli impianti entrati in funzione nel 2023, e abbiamo rilevato una crescita interessante: la capacità installata a livello europeo è ora di 6,4 miliardi di metri cubi, di cui 5,2 miliardi nell'UE a 27. Nell'UE 27, la capacità installata è cresciuta del 37%.

C’è un paese capofila in questa espansione?

Sicuramente la Francia, grazie a misure di supporto e a una pianificazione centralizzata efficace, che ha suddiviso il territorio in piccole zone (cosiddetto zonage) per valutare domanda di biometano e le aree in cui iniettare il gas. Inoltre, il diritto di iniettare direttamente nella rete, noto come "right to inject", è stato un elemento chiave per facilitare lo sviluppo del settore. La Francia è seguita dall'Italia, dove, lo scorso anno, il numero di nuovi impianti è quadruplicato, con una significativa capacità installata. Anche la Danimarca sta crescendo rapidamente, spinta dai suoi obiettivi di decarbonizzazione delle reti del gas. Questi tre paesi stanno trainando la crescita del biometano, ma si registra un crescente interesse anche in altre nazioni, come Spagna e Polonia. Vedremo nei prossimi anni se questo si tradurrà in un aumento della capacità installata.

Quali saranno le priorità di EBA per la prossima legislatura europea?

Tra i pilastri che saranno rivisti, il primo è sicuramente la Politica agricola comune, che rappresenta circa un terzo del budget dell'Unione Europea. Riteniamo che debba essere ben coordinata con l'intera strategia climatica ed energetica dell'Unione Europea. Ci immaginiamo poi un secondo pilastro di sviluppo rurale ben strutturato che possa aprire ulteriori opportunità per l'acquisto di macchinari specifici utilizzabili nell'agricoltura di precisione, lo stoccaggio del digestato e lo sviluppo di centri logistici per la condivisione di macchinari agricoli. Per quanto riguarda la materia energia e clima, rivedremo tutti i target in chiave 2040, quindi probabilmente nel 2026 e 2027 rivedremo la direttiva sulle energie rinnovabili e la direttiva sull'efficienza energetica. È fondamentale mantenere un'ambizione molto elevata, stabilendo obiettivi che siano ben sostenuti e ci accompagnino verso la neutralità climatica al 2050, ma è altrettanto importante che le misure siano realizzabili e adatte agli operatori del settore. La tracciabilità diventa un tema sempre più rilevante, così come la sostenibilità. Dobbiamo assicurarci che queste nuove misure siano effettivamente realizzabili. Un altro punto significativo è la questione dell'anidride carbonica biogenica. Alla fine della scorsa legislatura, abbiamo visto una strategia lanciata dalla Commissione europea sull’Industrial carbon management. Ci aspettiamo lo sviluppo di una serie di incentivi per rendere commercializzabile questa risorsa e per riconoscerne il valore ambientale. Al momento, non ci sono veri e propri driver per la commercializzazione dell'anidride carbonica biogenica, c'è solo uno sconto sul calcolo delle emissioni quando si produce il biometano. Tuttavia, sul mercato non c'è un regolamento che distingua l'anidride carbonica biogenica da quella fossile. A partire dal 2035, ci saranno driver significativi per l'inclusione dell'anidride carbonica biogenica negli e-fuels, dato che il calcolo richiederà l'uso di anidride carbonica biogenica o atmosferica. Ci aspettiamo sviluppi nella prossima legislatura.

E se dovesse menzionare invece una barriera per il vostro settore al momento nella legislazione UE?

Penso alla direttiva nitrati. Attualmente, all'articolo 2 g) questa direttiva del 1991 stabilisce un limite per lo spargimento di digestato proveniente da reflui zootecnici di 170 chilogrammi di azoto per ettaro annui. Questo limite genera un paradosso a livello agricolo: nelle zone vulnerabili ai nitrati si verifica spesso un uso maggiore di fertilizzanti chimici. La direttiva confronta il letame grezzo con il digestato e i suoi derivati, ma questo approccio è errato, poiché non tiene conto del fatto che il digestato non ha la stessa lisciviazione del letame grezzo. Molti studi mostrano che il digestato presenta una lisciviazione molto simile a quella dei fertilizzanti chimici. Pertanto, nelle zone vulnerabili ai nitrati ci troviamo di fronte a un paradosso: per soddisfare il fabbisogno delle colture, si ricorre a un uso maggiore di fertilizzanti chimici. Al momento, la Commissione europea sta considerando di rivedere la direttiva, e noi chiediamo di adottare un approccio che stabilisca condizioni paritarie tra i fertilizzanti chimici e digestato, escludendo quest'ultimo dalla definizione di "letame grezzo". È una questione molto importante, non si tratta di un problema di nicchia o di un sottoprodotto del biometano. Il nostro settore è chiamato a crescere rapidamente e avremo sempre più digestato disponibile. Abbiamo un interesse diretto affinché questo digestato diventi un prodotto commercializzabile e utilizzabile nelle aree rurali.

Passando infine alle innovazioni tecnologiche, su cosa si sta concentrando EBA?

Seguiamo diversi aspetti dell'innovazione, sia dal punto di vista della produzione sia per quanto riguarda il post trattamento del digestato. Abbiamo pubblicato di recente un white paper sul digestato che analizza le innovazioni nel post trattamento, con l'obiettivo di rendere i prodotti più standardizzati e, se possibile, più personalizzati rispetto alle esigenze dei suoli. Inoltre, stiamo esplorando percorsi alternativi per la creazione di biometano, come la metanazione e la gassificazione. Siamo coinvolti in un progetto molto importante chiamato Biomethaverse, che include cinque progetti pilota attivi in diversi paesi europei. L’obiettivo è capire quale tecnologia di metanazione sia più commercializzabile. Contemporaneamente, come EBA, abbiamo mappato tutti i progetti pilota e semi-commerciali esistenti, integrando anche piccole alternative di produzione. Riteniamo che la metanazione diventerà sempre più rilevante in futuro, soprattutto alla luce della forte spinta regolatoria verso gli e-fuels. Pensiamo che l’integrazione delle tecnologie di metanazione con quelle di digestione anaerobica possa dare un notevole impulso alla scalabilità del settore e alla circolarità, riutilizzando in modo semplice l'anidride carbonica separata nel processo di upgrading del biogas.

E riguardo la gassificazione?

Stiamo compiendo passi simili. Sebbene questa tecnologia sia emersa sul mercato diversi anni fa, non si è sviluppata con la stessa rapidità. Attualmente, ci stiamo focalizzando sulla creazione di syngas per biometano e abbiamo in programma un altro white paper che fornirà un'inventariazione di tutti i progetti, previsto per la pubblicazione a dicembre di quest'anno. Al momento, stiamo approfondendo tutte le tecnologie legate alla gassificazione per comprendere quali siano più competitive sul mercato.

 

Immagine di copertina: Envato