La Terra viene chiamata il “Pianeta Blu” poiché gli oceani ricoprono il 71% della sua superficie. Non solo agiscono come una riserva di carbonio ma ospitano anche l’80% delle specie animali e vegetali conosciute, fornendo numerosi servizi ecosistemici fondamentali per le nostre società. Tuttavia, la salute degli oceani è sempre più minacciata dal riscaldamento delle acque, dalla deossigenazione, dall'inquinamento, dall'acidificazione e dalla perdita di biodiversità.

È quanto emerge dal nuovo State of the Ocean Report, pubblicato il 3 giugno dall'UNESCO con il supporto dell'Islanda, in concomitanza con la Giornata mondiale degli oceani, che quest'anno si celebra l'8 giugno. Questo rapporto, frutto del lavoro di oltre 98 scienziati provenienti da 25 paesi diversi, offre un quadro dettagliato dello stato attuale dei nostri oceani, analizza le sfide e le possibili soluzioni.

“Il mare ci sta inviando dei messaggi chiari ed è nostro compito imparare a interpretarli e agire di conseguenza,” afferma Mariasole Bianco, biologa marina e fondatrice di Worldrise, organizzazione no-profit che da oltre un decennio agisce per la conservazione efficace dei mari italiani, intervistata da Materia Rinnovabile.

Mariasole Bianco

Gli oceani sono sempre più caldi

Uno dei dati più significativi emersi dal rapporto è che, negli ultimi 20 anni, il tasso di riscaldamento degli oceani è raddoppiato. Inoltre, il 2023 ha registrato uno dei maggiori aumenti dagli anni Cinquanta. “A livello istituzionale servono sicuramente direttive più ambiziose, capaci di porre un freno a fenomeni eccezionali sempre più frequenti ed estremi legati al cambiamento climatico e che hanno un impatto notevole sugli equilibri dell’ambiente marino”, continua Bianco. “È necessario che ogni paese si impegni in maniera prioritaria per ridurre le proprie emissioni di carbonio e, allo stesso tempo, è fondamentale elargire maggiori finanziamenti per il clima agli stati in via di sviluppo, in modo che sia possibile garantire una transizione equa e sostenibile.”

A livello globale, la situazione varia significativamente da una regione all'altra. Alcune aree, come il Mar Mediterraneo, sono colpite in misura maggiore rispetto ad altre. Secondo il rapporto dell'UNESCO, le temperature degli oceani sono già aumentate in media di 1,45°C, con hotspot dove l'aumento supera i 2°C nel Mediterraneo, nell'Oceano Atlantico tropicale e nell'Oceano Antartico. “A parità di temperatura le acque del Mare Nostrum si stanno riscaldando a un ritmo 3 volte superiore rispetto a quelle degli altri oceani e il motivo è da ricercare nelle caratteristiche geomorfologiche di questo bacino, chiuso e poco profondo,” sottolinea Bianco.

Il tema del riscaldamento degli oceani è strettamente legato all’aumento del livello del mare, poiché quando l'acqua si scalda si espande, aumentando di volume. Secondo il rapporto, negli ultimi 30 anni il tasso di innalzamento del livello del mare è raddoppiato, raggiungendo un totale di 9 cm. Il documento evidenzia inoltre che questi due fenomeni provocheranno un’intensificazione degli tsunami, con conseguenti gravi danni alle infrastrutture e all’economia e perdite di vite umane.

Il team di Worldrise

Perdita di biodiversità marina 

Uno dei messaggi chiave del report è la necessità di “un oceano sano e resiliente, in cui gli ecosistemi marini siano compresi, protetti, ripristinati e gestiti.” Tuttavia, le attività umane, sia dirette che indirette, stanno diminuendo la resilienza degli ecosistemi marini e la loro capacità di rigenerarsi, mettendo a rischio la biodiversità. In Europa, ad esempio, le pressioni antropiche riguardano circa il 93% dell’area marina. “Ripristinare gli ecosistemi degradati è un passo fondamentale per permettere al mare di ristabilire i propri equilibri, con un’azione combinata di ripristino attivo degli habitat chiave, come barriere coralline e praterie di Posidonia oceanica, e di ripristino passivo, con misure volte a ridurre varie forme di inquinamento marino e minimizzare gli impatti delle attività di pesca distruttive.” Inoltre, il ripristino della natura rappresenta un investimento per il futuro, poiché “è stato calcolato che ogni euro speso produce un guadagno compreso tra 8 e 38 euro, a seconda dell'ecosistema e dei servizi che offre.”

Quali strumenti possiamo utilizzare per proteggere e ripristinare gli ecosistemi marini? Nonostante ricoprano solo il 9% dell’intera superficie oceanica, le aree marine protette (AMP) sono tratti di mare e costa “in cui la biodiversità viene tutelata in un'ottica di sviluppo sostenibile e, se ben gestite, permettono al mare di tornare all’apice delle sue forze,” spiega Bianco. Tra le 1.473 specie marine a rischio di estinzione elencate nella Lista Rossa globale dell'IUCN, 1.061, cioè il 72%, sono state segnalate all'interno di almeno un'AMP. “Qui gli organismi marini riescono a raggiungere dimensioni maggiori e si riproducono più facilmente, aumentano la biodiversità e la biomassa, generando inoltre benefici economici e sociali importantissimi per le comunità costiere e la società,” conclude Bianco.

Inoltre, quando parliamo di ripristino della biodiversità parliamo anche di blue carbon, poiché le foreste marine possono assorbire fino a cinque volte più carbonio rispetto a quelle terrestri, diventando così un alleato cruciale nella lotta contro la crisi climatica. Tuttavia, come evidenziato nel report, il 60% dei paesi non include ancora nei propri Nationally Determined Contributions (NDC) il ripristino e la conservazione di questi preziosi ecosistemi. La prossima serie di NDCs dovrà essere presentata entro il 2025, e rappresenta un'opportunità per i paesi di aumentare le proprie ambizioni.

Inquinamento del mare

Tra le minacce che mettono a rischio la salute del nostro oceano vi è l'eutrofizzazione, un fenomeno che si manifesta con un eccesso di nutrienti nell'ambiente acquatico, causato dall'aumento degli scarichi di azoto e fosforo derivanti dalle attività umane. Secondo il Rapporto è fondamentale migliorare la quantificazione delle principali fonti di azoto e fosforo in tutti i grandi ecosistemi marini. Inoltre, ci sono sempre più prove scientifiche che sostengono che il cambiamento climatico aggraverà l'eutrofizzazione e le sue conseguenze negative.

Il rapporto evidenzia la crescente produzione di plastica, che raddoppierà entro il 2045, e la necessità di implementare misure per una sua produzione sostenibile, per la riduzione dei rifiuti plastici e il ripristino degli ecosistemi danneggiati. Inoltre, sottolinea come le ricerche sui macro-rifiuti siano ancora limitate, eccetto per le zone costiere.

Mariasole Bianco

Mancano i dati

Per determinare le azioni necessarie per proteggere i nostri oceani è fondamentale una grande quantità di dati. Come sottolinea anche Vidar Helgesen, segretario esecutivo della Commissione ocenografica intergovernativa dell'UNESCO, nell’introduzione al rapporto, le attuali osservazioni e ricerche sono insufficienti, evidenziando una carenza di dati adeguati e aggregati.

“Il paradosso è che rischiamo di perdere questi ambienti ancora prima di conoscerli”, continua Bianco. “Investire nella ricerca è un elemento fondamentale per garantire la salvaguardia dell'incredibile patrimonio marino, ma è importante anche individuare le aree specifiche in cui agire per generare il massimo beneficio e assicurarne poi un mantenimento efficace nel tempo. La comunità scientifica ha parlato chiaro: per salvaguardare biodiversità, funzionalità e produttività del nostro è necessario proteggerne in maniera efficace almeno il 30% entro il 2030.” Allo stesso tempo, la collaborazione tra scienziati, governi e il settore privato è fondamentale per la raccolta dei dati e aumentare la conoscenza e la comprensione degli oceani.

Ocean Literacy

L’espressione Ocean Literacy indica la necessità di educare e sensibilizzare sulle meraviglie dell'oceano, sui suoi delicati equilibri e sulle sue minacce, al fine di far capire anche a coloro che non sono direttamente coinvolti quanto sia cruciale proteggere e preservare l'ambiente marino. “Proteggiamo ciò che amiamo e amiamo ciò che conosciamo: il primo passo per sensibilizzare la società riguardo l’importanza dell’oceano, le sue meraviglie e fragilità è proprio quello di condurre le persone nel percorso di conoscenza del mare, per imparare a prendersene cura in prima persona”, conclude Bianco. “Con Worldrise dal 2020 portiamo avanti l’Alleanza 30x30 Italia, che promuove la protezione di almeno il 30% dei mari italiani entro il 2030, coinvolgendo diversi attori per il raggiungimento di un obiettivo ambizioso ma comune e riconosciuto come fondamentale anche dalle Nazioni Unite. Singoli cittadini, aziende, istituzioni, università e ONG, insieme per fare la differenza per il Pianeta Blu.”

 

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Immagine di copertina: Hiroko Yoshii, Unsplash