È l’ottava estate consecutiva che l’acqua della laguna di Orbetello, località dell’Argentario in provincia di Grosseto, in Toscana, è così calda da causare gravi morie di pesci. In questi giorni le loro carcasse galleggianti si sono riversate sulle rive della nota località turistica provocando miasmi, forti disagi tra turisti e abitanti e gravi perdite nel settore ittico locale.  

Come ha dichiarato il sindaco di Orbetello Andrea Casamenti, sono ormai otto estati che la laguna viene soffocata dalle ondate di calore. Orate, anguille, spigole e altre specie sono morte per anossia, ovvero per carenza di ossigeno. “I pescatori e l’amministrazione comunale, a cominciare dal sindaco, sono in campo senza sosta per cercare di salvare il salvabile pescando il prodotto prima che muoia”, scrive a Materia Rinnovabile Confcooperative Fedagripesca, associazione italiana di produttori ittici. Intanto la regione Toscana chiederà il riconoscimento dello stato di calamità naturale al governo, come nel 2015. "Lavoreremo a una legge sui ristori”, ha dichiarato Eugenio Giani, presidente della Toscana. “Vogliamo sicuramente aiutare i pescatori che hanno avuto un danno economico per il minor pescato raccolto e alcuni stabilimenti turistici e balneari di Ansedonia che hanno subìto disagi."

L’anossia dovuta al caldo fa morire i pesci

Come gli esseri umani, anche i pesci hanno bisogno dell'ossigeno per respirare. Quando l'acqua diventa più calda, la quantità di ossigeno che può essere disciolta nell'acqua diminuisce. A scaldare le acque di Orbetello e di tutta la penisola italiana ci ha pensato l’ondata di caldo delle ultime settimane che in Europa ha causato morti, alimentato incendi, costretto siti archeologici e aeroporti alla chiusura, messo a dura prova le reti elettriche e contribuito alla proliferazione massiva di cavallette che stanno minacciando i raccolti in Emilia-Romagna.

Secondo uno studio condotto dai ricercatori del consorzio ClimaMeter queste ondate sono state rese fino a 3°C più intense a causa del cambiamento climatico indotto dall’uomo. Nel mar Tirreno come nelle altre acque del mar Mediterraneo sono sempre più frequenti quelle che sono state ribattezzate anomalie termiche marine. Tra il 2022 e il 2023 un gruppo di ricercatori ha registrato l’ondata di calore nel Mediterraneo più lunga degli ultimi 40 anni, che ha portato le temperature fino a punte superiori ai 23°C. Con anomalie termiche che hanno toccato i +4°C, soprattutto nella parte occidentale tra Italia, Francia e Spagna. Quest’anno le temperature del Mediterraneo hanno raggiunto livelli tipici dei mari tropicali, con punte vicine ai 30°C nelle aree meridionali.

In Adriatico allerta per la mucillagine

Generalmente le ondate di calore non sono l’unica causa del soffocamento dei pesci. Anche la massiccia fioritura di alghe è in grado di ridurre notevolmente i livelli di ossigeno dell’acqua. A creare un ambiente anossico contribuisce per esempio la mucillagine, sostanza vischiosa prodotta dalle microalghe durante un naturale processo di aggregazione e decomposizione. Favorita dalle calde temperature del mar Adriatico, la mucillagine ha colpito i pescatori di Friuli-Venezia Giulia, Veneto e Emilia-Romagna ma anche quelli di Molise, Abruzzo e Puglia. “Dalla pesca artigianale alla pesca a strascico, tutti hanno lamentato danneggiamenti alle reti e difficoltà nel pescare”, avvisa Confcooperative Fedagripesca. “Le lagune dell’Oristanese soffrono e si rischia una moria di pesci in tutti i compendi ittici della provincia.”

Al Sud preoccupa il vermocane

Si chiama Hermodice carunculata o vermocane e sta minacciando le catture ittiche nelle acque del Sud Italia. Sicilia, Calabria, Puglia e Campania sono le regioni più colpite. L’allarme è lanciato dai pescatori che trovano questi vermi marini incagliati nelle loro reti. Il vermocane, parente marino dei lombrichi, è urticante come una medusa ed è così vorace da lasciare solo le lische. Ma anche gli stessi attrezzi da pesca vengono danneggiati. L'esponenziale aumento della popolazione è spiegato dall'incremento delle temperature Mediterraneo.

La minaccia del granchio blu

Oggi nel Mediterraneo ci sono 17.000 specie ittiche, di cui 1.000 sono specie aliene (il 5,88%). Secondo le stime di Fedagripesca tra trent’anni oltre il 30% di pesci, molluschi e crostacei potrebbero essere “stranieri”, ovvero 1 pesce su 3. Uno delle specie aliene più temibili è il granchio blu, un predatore apicale onnivoro che dal giugno dell’estate scorsa mette in ginocchio i produttori di vongole veraci del Delta del Po, luogo ideale per la sua proliferazione. I pescatori, dopo aver perso tra l’80 e il 100% del prodotto, hanno ridotto all’osso la produzione di vongole, lavorando solo in piccole aree protette con recinti e teloni per salvare la semina.

“Se non ci sarà un contenimento importante di questa specie aliena nei prossimi cinque anni, i danni (diretti e indiretti) prodotti dalla predazione potrebbero ammontare a 1 miliardo di euro”, ha detto Paolo Tiozzo, il vicepresidente di Confcooperative Fedagripesca. “È difficile pensare al futuro visto che per ogni vongola che viene allevata ci sono almeno cento granchi pronti a mangiarla. E prima che la natura trovi da sola un equilibrio ci vorranno almeno cento anni perché si possa insediare in quelle acque un predatore del granchio.”  

La tropicalizzazione del Mediterraneo sta mettendo in difficoltà anche i pescatori di cozze a Taranto dove, secondo gli operatori, è a rischio l’80% della produzione. Le cozze muoiono per asfissia ancora prima di essere pescate e la mancanza di una filiera di stoccaggio non consente di prelevare il prodotto e metterlo in salvo in attesa che arrivino le richieste di vendita.

 

Immagine: Envato