Non bastavano gli sconvolgimenti portati dal sisma del 2016, e neppure le ripercussioni della pandemia da Covid-19, che nell’ultimo quinquennio hanno messo a dura prova gli esercenti delle comunità montane e i lavoratori del settore turistico, spesso costringendoli a chiudere bottega. Quest’estate, sui Monti Sibillini, catena montuosa dell’Appennino centrale che si estende tra le Marche e l’Umbria per circa 40 chilometri, anche la siccità ha presentato il conto. E così nel Lago di Pilato, il suggestivo specchio d’acqua di origine glaciale situato a poco meno di 2.000 metri di altitudine, incastonato tra le pareti del Monte Vettore, nella provincia di Ascoli Piceno, non c’è più acqua.
Eppure, il suo prosciugamento non è una novità. Una delle caratteristiche di questo bacino idrografico è proprio l’instabilità delle sue dimensioni. Trattandosi di un bacino lacustre naturale senza immissari, esso viene alimentato soltanto dalle piogge e dallo scioglimento delle nevi tipico dei mesi estivi, il che rende il suo volume d’acqua complessivo soggetto a forti variazioni durante l’anno.
E tuttavia negli ultimi anni le sempre meno frequenti precipitazioni e le temperature in costante aumento stanno provocando un cortocircuito all’interno di questo ecosistema, inceppando il normale funzionamento del ciclo idrologico del lago. Uno studio condotto dall’Università di Perugia, che ha effettuato il monitoraggio dei dati climatici dal 1952 a oggi, ha rilevato le tracce di una siccità progressiva che a partire dal 2017 avrebbe condotto al prosciugamento totale durante ogni stagione estiva, fatta eccezione per il 2018. Secondo i ricercatori, principali responsabili della situazione attuale sarebbero le temperature crescenti e le precipitazioni in calo provocate dai cambiamenti climatici.
Intervistata da Materia Rinnovabile, la dottoressa Maria Laura Talamè, direttrice del Parco nazionale dei Monti Sibillini, ha dichiarato: “Le analisi statistiche hanno evidenziato che il lago di Pilato sta assumendo nel corso del tempo un crescente carattere di temporaneità, soprattutto successivamente al 2016. Il progressivo innalzamento delle temperature e le scarse precipitazioni invernali sembrano rappresentare fattori chiave negli eventi di precoce prosciugamento del lago.”
Interrogata sull’esistenza di altri fattori che possono aver giocato un ruolo, Talamè fa riferimento anche alla trasformazione morfologica conseguente all’attività sismica del 2016: “Sembrano contribuire a tale situazione fenomeni di alterazione della permeabilità del suolo conseguenti agli eventi sismici del 2016/2017, come ipotizzato dal rapporto ISPRA del luglio 2020, in cui si evidenzia un aumento della velocità di svuotamento del lago nel periodo post sisma che potrebbe essere legato a una maggiore velocità di infiltrazione delle acque nel sottosuolo.”
La direttrice del parco fa poi chiarezza sulla differenza tra questo prosciugamento e quello degli anni passati, riferendosi ai risultati emersi dalle ricerche dell’Università di Perugia: “Va tenuto in considerazione che si tratta di un lago effimero il cui riempimento dipende quasi esclusivamente dalle precipitazioni nevose invernali che sono state particolarmente scarse nella precedente stagione. Ciò ha determinato una condizione iniziale maggiormente critica rispetto agli anni passati, condizione aggravata da temperature medie ben più alte rispetto agli anni scorsi. Seppur non ci siano dati certi sul peso dei diversi fattori è indubbio che negli ultimi anni si sta osservando un cambiamento significativo rispetto al passato. Basti pensare che dal 1952 al 2016 sono stati registrati soltanto due eventi di prosciugamento completo (nel 1990 e nel 2002), mentre dal 2017 ciò è avvenuto tutti gli anni a eccezione del 2018, preceduto da una stagione invernale particolarmente nevosa”.
Il Chirocefalo del Marchesoni a rischio estinzione
Ma le attenzioni che il lago di Pilato sta ricevendo in queste settimane sconfinano le sue condizioni idrologiche, per quanto di per sé sintomatiche dell’aggravarsi dei cambiamenti climatici antropici, e si intrecciano a una questione ben più spinosa: quella della tutela della biodiversità e della fauna locale. Infatti, la vittima silenziosa dei fenomeni di siccità prolungata che stanno interessando questo bacino ha un nome ben specifico: Chirocephalus Marchesonii. Il Chirocefalo del Marchesoni è un piccolo crostaceo che per le sue tinte rosso corallo potrebbe ricordare un gamberetto. Si tratta di una specie endemica rarissima che abita esclusivamente le acque del lago marchigiano.
Sebbene nel corso dei secoli questo animale sia riuscito a sopravvivere a condizioni ambientali estreme e fortemente instabili, i mutamenti degli ultimi decenni stanno compromettendo le sue capacità di adattamento. Se è vero che le sue uova, dette “cisti”, sono in grado di resistere anche un anno nella ghiaia in totale assenza di acqua, necessitano comunque di acqua per schiudersi. Per avere un quadro più completo della situazione, abbiamo chiesto al biologo Alessandro Rossetti di spiegarci in che misura le siccità che si protraggono ormai da anni potrebbero rappresentare un fattore esogeno di stress crescente per il ciclo biologico del crostaceo, e soprattutto se ci siano elementi concreti per parlare di rischio di estinzione di questo esemplare endemico.
“Indubbiamente il ripetersi per più anni consecutivi di condizioni di prosciugamento precoce può progressivamente ridurre il numero di animali, fino a mettere a rischio la sopravvivenza della specie”, spiega Rossetti a Materia Rinnovabile. “Tuttavia, al momento non è possibile fare ipotesi sui tempi di tale possibile estinzione, in quanto dipendenti dall’andamento climatico che, nonostante l’evidente tendenza generale al riscaldamento, non esclude la possibilità, come ci auguriamo, che vi siano fluttuazioni nel senso di un aumento delle precipitazioni (soprattutto nevose) nei prossimi anni. Anche la risposta biologica del Chirocefalo del Marchesoni a cambiamenti ambientali così rapidi e pronunciati non è completamente nota. Inoltre, si può sperare che l’aumento della permeabilità del suolo indotto dagli eventi sismici del 2016 possa con il tempo ridursi rallentando in tal modo il prosciugamento del lago.”
Rossetti ha poi dato conto degli interventi messi in atto del Parco dei Sibillini per tutelare il bacino del lago e le aree circostanti, finalizzate soprattutto a proteggere le uova del crostaceo dal passaggio degli escursionisti. “Sebbene resistenti alla siccità, le cisti del Chirocefalo del Marchesoni risultano particolarmente vulnerabili a danni meccanici come quelli causati dal calpestio sulla ghiaia in cui sono deposte. Per questo motivo, le misure di conservazione del parco non consentono l’avvicinamento al lago oltre la linea di massimo livello. L’intervento messo in atto lo scorso 26 luglio serve proprio a indicare chiaramente tale limite mediante una delimitazione allestita a mano per una lunghezza di circa 800 m, con paletti bianchi alti 90 cm, e un solo filo molto resistente. Si tratta di un intervento leggero, facilmente rimovibile e che non altera in alcun modo lo straordinario contesto paesaggistico circostante, in quanto visibile solo dalle sue immediate vicinanze.”
Oltre all’adozione di questi accorgimenti dall’effetto immediato, Rossetti ha infine fatto menzione del nuovo progetto di medio-lungo termine avviato dal Parco dei Sibillini in maniera preventiva, per massimizzare le possibilità di sopravvivenza della specie a rischio. “Data la possibilità di estinzione di questa specie, anche se in tempi non prevedibili, oltre a proseguire il monitoraggio, con l’Università di Perugia stiamo anche sperimentando la creazione di una banca di cisti artificiale in laboratorio, utile per eventuali futuri interventi di reintroduzione o ripopolamento.”
In copertina: immagine di repertorio di Salah Ait Mokhtar, Unsplash