Un ronzìo insolito proviene da Pomàz. Potrebbe ricordare una mosca curiosa, ma si tratta in realtà di un drone guidato da un collaboratore di ABZ Innovation, azienda ungherese con sede a Szentendre, venti chilometri a nord di Budapest, specializzata nello sviluppo e nella produzione di droni. Mentre un vento impetuoso scuote le chiome dei frutteti, la mosca telecomandata prosegue nella traiettoria stabilita, sorvolando i prati della fattoria Breierfarm di Pomàz. Materia Rinnovabile l’ha visitata, per approfondire da vicino lo sviluppo dei droni progettati da ABZ Innovation nel contesto dell’agricoltura di precisione e i risvolti ambientali ed economici di applicazioni innovative in questo campo.

Droni e agricoltura di precisione

La navigazione satellitare accompagna, dagli anni Ottanta, la nascita dell’agricoltura di precisione: un approccio che cerca di ottimizzare il lavoro dal punto di visto agronomico, ambientale ed economico attraverso pratiche più efficienti e sostenibili, volte a ridurre costi e tempo delle attività agricole. In questo contesto, i droni rivestono un ruolo sempre più importante, riconosciuto anche dagli ingenti investimenti dell’Unione Europea con lo stanziamento di 40 milioni di euro all’interno del programma Horizon 2020 destinato a progetti focalizzati sull’industria dei droni e dagli oltre 360 progetti di ricerca e innovazione finanziati dalla Commissione europea dal 2023.

Complessivamente, l’Osservatorio Digital Innovation del Politecnico di Milano stima 1,1 miliardi di euro erogati dall’UE negli ultimi anni per finanziare progetti legati ai droni, di cui il 26% nella ricerca di soluzioni innovative per attività specifiche, come il soccorso dei dispersi o il monitoraggio delle colture agricole.

Tuttavia, oltre all’analisi e alla mappatura del terreno per monitorare la salute delle coltivazioni o valutare il bisogno di irrigazione delle stesse, i droni hanno un ruolo sempre più rilevante nella dispersione di prodotti liquidi o granulari per le esigenze colturali. Ed è partita infatti proprio da qui, tre anni fa, l’azienda ungherese ABZ Innovation, specializzata nella produzione di droni per l’agricoltura.

I droni di ABZ Innovation

“I nostri droni operano con quattro piccole batterie elettriche riciclabili la cui durata varia da 600 a 1.000 voli per una copertura di circa 2.000 ettari, permettendo così di risparmiare circa l’80% delle emissioni di CO₂ rispetto all’utilizzo di un trattore”, spiega a Materia Rinnovabile Kàroly Ludvigh, CEO di ABZ Innovation.

La versatilità di un drone, in grado di volare con ogni condizione atmosferica, ridurrebbe inoltre i costi operativi legati alle pause obbligate dei mezzi meccanici dopo l’arrivo di abbondanti piogge. Di contro, il drone deve ancora far fronte a una limitata autonomia, considerando il tempo di volo e la capacità di trasporto del liquido dovuta alle dimensioni ridotte, e richiede un intervento di manodopera per il riempimento costante del serbatoio.

Questione di mappatura: la scelta del Lidar

Quando si guida un drone con un joystick, sullo schermo in corrispondenza del telecomando si distingue la sua traiettoria guidata con maestria dal personale qualificato. Gli ostacoli lungo il tragitto sono però una delle difficoltà da considerare, dal momento che alcuni elementi, come i cavi elettrici, sono solitamente poco visibili dal drone, ma anche dall’occhio umano. “Semplici sistemi di geolocalizzazione o i radar non riescono a intercettare molti ostacoli a causa di una qualità dei dati ancora povera”, ci spiega Ludvigh. “Informazioni molto limitate non permettono infatti al drone di mappare il contesto circostante, impedendo l’utilizzo di questa tecnologia soprattutto sulle colture vocate a una disposizione irregolare come vigneti o frutteti. L’efficienza dei droni comuni risulta carente, poi, a causa di una variazione continua della loro altezza rispetto al terreno e una dispersione dei prodotti non mirata, dovuti alla loro incapacità di avere una mappatura estesa della coltura specifica.”

Da questa esigenza, l’azienda ABZ Innovation ha introdotto nei droni un Lidar (Light Detection and Ranging), sistema ampiamente già adottato per attività di rilievo tridimensionale del territorio nel campo dell’archeologia, della biologia o della geologia. Si tratta di una tecnologia a sensori ottici che emette fasci intensi e focalizzati di raggi laser, misurando il tempo necessario affinché i riflessi siano rilevati dal sensore. Queste informazioni vengono, poi, utilizzate per calcolare le distanze dagli oggetti all’interno di mappe 3D molto dettagliate.

Il Lidar, continua Ludvigh, “è in grado di mappare dieci volte in un secondo tutto il campo visivo, compreso tra i sessanta e gli ottanta metri, raccogliendo dati di alta qualità che sono fondamentali per il drone per valutare l’altitudine in base alla conformazione del terreno e avere un tempo di reazione necessario per fermarsi davanti a un possibile ostacolo nonostante la sua forte velocità”.

Sostenibilità o drift effect?

Il fenomeno della deriva o drift effect è un effetto a cui si deve prestare attenzione quando si utilizza un drone per l’irrorazione, una criticità che tocca da vicino anche l’agricoltura tradizionale. Un liquido nebulizzato, a causa delle piccole goccioline in cui si frammenta, è soggetto infatti alle correnti d’aria presenti nell’ambiente quando viene spruzzato su una coltura. Gli effetti collaterali conseguenti a questo fenomeno si rilevano nei maggiori costi operativi dovuti al tempo dedicato a spruzzare più prodotto sulle colture, nei danni diretti sulla produzione per l’inefficacia del prodotto e nella contaminazione delle acque superficiali e sotterranee.

Nel caso dei droni agricoli, il controllo della dimensione delle goccioline così come dell’altezza del drone e della velocità di volo sono quindi fondamentali per calmierare il drift effect. Con questa consapevolezza, ABZ Innovation ha deciso di adottare una tecnologia definita CDA (Controlled Droplet Application) per una distribuzione mirata e uniforme del liquido. Grazie alla potenza di un motore brushless, ovvero un motore elettrico a corrente continua con rotore a magneti permanenti, il liquido nebulizzato viene alimentato a bassa pressione da un disco rotante che, attraverso la sua forza centrifuga, permette il rilascio delle goccioline in maniera uniforme.

“Con i nostri droni possiamo controllare la grandezza delle goccioline, e il forte flusso d’aria generato dalle eliche del drone disperde con precisione il prodotto sulle colture”, spiega Ludvigh. Il basso volume di irrorazione richiesto dal drone, come si legge nella presentazione di ABZ, è in grado inoltre di ridurre l’uso dell’acqua del 90% e di fitofarmaci del 50%, con un abbattimento dei costi operativi fino al 75%.

I droni risultano quindi degli alleati sempre più rilevanti nel comparto agricolo che, secondo le stime dell’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo sostenibile (ENEA), è responsabile di un quinto (12%) di tutte le emissioni antropiche di gas serra. Tuttavia, questa tecnologia, a causa di limiti strutturali, si adatta solo a terreni di dimensioni che non superano le centinaia di ettari e risulta spesso dipendente dall’arrivo delle batterie dalla Cina.

 

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Foto: Morena Pinto