In Unione Europa ondate di calore, siccità e inondazioni stanno aumentando in gravità e frequenza, ma le attuali politiche di adattamento rischiano di essere insufficienti per affrontare adeguatamente questi eventi climatici estremi. A dirlo è una nuova relazione pubblicata il 16 ottobre 2024 dalla Corte dei conti europea, che ribadisce le possibili conseguenze economiche del “maladattamento”. Negli ultimi dieci anni, l'UE ha subìto perdite medie di 26 miliardi di euro all'anno a causa di eventi climatici estremi. Tuttavia, ribadisce la Corte, anche il non agire ha un costo: se la temperatura globale aumentasse tra gli 1,5 e i 3 °C rispetto ai livelli preindustriali, si stima (prudenzialmente) che l'UE potrebbe perdere tra 42 e 175 miliardi di euro ogni anno.

Nonostante l'Unione Europea disponga di un solido quadro per affrontare l'impatto dei cambiamenti climatici, "abbiamo riscontrato difficoltà nell'attuazione concreta delle politiche. Se l'azione dell'UE non venisse gestita in modo più efficace, le sue ambizioni di adattamento potrebbero non essere sufficienti a fronteggiare i cambiamenti climatici", ha dichiarato Klaus-Heiner Lehne, membro della Corte dei conti responsabile dell'audit. In passato, il lavoro della Corte sull'adattamento si era concentrato su rischi specifici legati ai fondi UE. Ora, l'obiettivo è supportare la Commissione nel migliorare il quadro generale per l'adattamento, affrontare in modo più efficace gli effetti del cambiamento climatico e ottimizzare l'uso dei fondi europei.

All’adattamento ai cambiamenti climatici sono stati infatti destinati almeno 8 miliardi di euro nel periodo 2014-2020 e 26 miliardi di euro nel periodo 2021-2027. Risorse che si possono impiegare in maniera più efficace. Secondo i risultati della corte, la maggior parte dei progetti esaminati nella relazione ha aumentato la capacità di adattamento, ma circa il 40 % ha avuto un impatto modesto o nullo.

Dai rischi specifici al quadro generale: l’evoluzione di metodo

La Corte dei conti UE ha esaminato il periodo tra gennaio 2014 e dicembre 2023. Gli auditor hanno condotto valutazioni presso la Commissione e in quattro stati membri: Austria, Estonia, Francia (nelle regioni Nuova Aquitania e Sud) e Polonia (nelle regioni Pomorskie e Małopolskie). Sono stati selezionati sia stati membri grandi che piccoli – si legge nella relazione − con un mix di gestione centralizzata e regionalizzata dei finanziamenti dell'UE, rappresentando vari livelli di esposizione ai rischi derivanti dai cambiamenti climatici.

La Corte ha analizzato un campione di 36 progetti realizzati tra il 2014 e il 2020, assicurando una copertura ampia delle aree vulnerabili e dei diversi strumenti dell'UE, tenendo conto della loro rilevanza e stato di attuazione. L'audit si è concentrato esclusivamente sulle azioni di adattamento all'interno dell'UE, escludendo interventi e supporti al di fuori dei confini dell'Unione. Non sono stati valutati processi a livello nazionale, come la pianificazione territoriale, le infrastrutture critiche, gli appalti e le politiche di bilancio. Questa iniziativa è stata intrapresa in risposta all'interesse manifestato dagli stakeholder e alla rilevanza finanziaria del tema. In precedenza, il lavoro della Corte si era infatti concentrata su rischi specifici.

Klaus-Heiner Lehne

Costi sottostimati e discontinuità nel monitoraggio

La Corte ha passato al vaglio le politiche di adattamento nazionali in Francia, Estonia, Austria e Polonia, trovandole generalmente coerenti con la strategia dell’UE. Ha però anche rilevato casi di dati scientifici obsoleti nei documenti delle strategie nazionali di adattamento e di costi delle misure di adattamento sottostimati oppure omessi. Ad esempio, l’Estonia aveva inizialmente previsto di mobilitare 44 milioni di euro tra il 2017 e il 2030, mentre ora il costo dell’attuazione del Piano nazionale di adattamento in tale periodo è stimato a 598 milioni di euro.

“Un problema che abbiamo individuato è l'occasionale ricorso a dati scientifici obsoleti da parte degli stati membri per le loro strategie di adattamento nazionali”, ha sottolineato in conferenza stampa Heiner Lehne, ricordando come nel 2024 l’Austria ha utilizzato i dati del 2014 per stimare le proprie esigenze di adattamento. “Abbiamo anche notato priorità contrastanti tra i livelli nazionali e regionali, come l'obiettivo di ridurre il consumo di acqua da un lato e la necessità di espandere le aree irrigate in agricoltura dall'altro. Inoltre, abbiamo osservato che la rendicontazione dell'adattamento al clima da parte degli stati membri è inadeguata e non facilita il monitoraggio dei progressi”. 

Dal punto di vista degli auditor, ciò è “preoccupante”, poiché le informazioni sui progressi compiuti − o meno − dovrebbero servire come base essenziale per le future decisioni politiche. Su questo punto è importante ricordare che la prima strategia di adattamento dell'UE è stata pubblicata nel 2013 e, sebbene una valutazione del 2018 ne abbia confermato il raggiungimento degli obiettivi, ha evidenziato che l'Europa è ancora molto vulnerabile agli effetti dei cambiamenti climatici.

Nel febbraio 2021, l'UE ha per questo lanciato una nuova strategia di adattamento, con l'obiettivo di costruire un'Europa resiliente entro il 2050, in linea con la normativa europea sul clima. Questa normativa richiede che gli stati membri sviluppino e aggiornino regolarmente strategie e piani di adattamento basati sulle più recenti evidenze scientifiche, nonché valutino i rischi climatici e monitorino le azioni di adattamento.

Scarsa consapevolezza locale, azioni e priorità in conflitto

Inoltre, ha continuato Heiner Lehne, “la nostra indagine su 400 comuni ha rivelato che molte autorità locali non erano a conoscenza delle strategie di adattamento al clima e degli strumenti di supporto forniti dall'Unione Europea”, come Climate-ADAPT, Copernicus e il Patto dei sindaci dell’UE. Stando alla relazione, solo il 16% dei comuni intervistati aveva elaborato un piano di adattamento locale, mentre un ulteriore 21% era in fase di sviluppo. Questo suggerisce una tendenza positiva a livello locale. I dati dell’indagine hanno rivelato che la percentuale di città con un piano di adattamento locale era dieci volte superiore a quella dei comuni nelle aree rurali.

Secondo Heiner Lehne, interrogato dai giornalisti sul punto, la strategia di adattamento dell'UE non è affatto negativa. “Il problema principale risiede soprattutto negli stati membri e nelle municipalità locali, dove c'è una mancanza di consapevolezza e, a volte, decisioni errate sono state prese. Un esempio è quello dell'Estonia, dove abbiamo osservato progetti di riforestazione. Personalmente ho visto che, dopo una tempesta che ha danneggiato molti abeti rossi, è stata avviata la loro ripiantumazione. Tuttavia, questo non è in linea con la strategia di adattamento climatico, poiché si sa che questo tipo di albero non è adatto alle attuali condizioni climatiche. Pertanto, ritengo che le difficoltà principali non derivino dall'UE. Certo, abbiamo esaminato l'UE nel suo complesso, ma le ragioni principali delle difficoltà si trovano maggiormente a livello locale.”

Più della metà dei progetti sottoposti a valutazione ha in ogni caso dimostrato di affrontare efficacemente i rischi climatici, rivelando buone pratiche. Tuttavia, sono emerse anche contraddizioni tra le priorità, con obiettivi di adattamento che si scontravano con altre esigenze, come la competitività e lo sviluppo regionale. Ad esempio, alcuni progetti per aumentare l'irrigazione rischiavano di incrementare il consumo idrico totale, mentre altri, come la protezione dalle inondazioni, continuavano a concedere permessi per nuove costruzioni in aree a rischio. Sono stati identificati casi di maladattamento, come l'irrigazione di colture ad alta intensità idrica e l'uso di cannoni per l'innevamento artificiale, che non affrontano adeguatamente le sfide climatiche. Inoltre, alcune soluzioni, come il ripascimento delle spiagge attraverso l’aggiunta di sabbia, offrono solo vantaggi temporanei.

Le raccomandazioni della Corte dei conti

La Corte dei conti europea ha individuato una serie di raccomandazioni (termini di attuazione: 2026-2027) per migliorare l'adattamento ai cambiamenti climatici nell'UE. In primo luogo, si propone di rafforzare la rendicontazione, introducendo indicatori comuni per monitorare i progressi e superare le lacune emerse nei piani nazionali. Riguardo l’assegnazione delle risorse, l’adattamento è una politica trasversale e quindi i finanziamenti dell’UE per realizzarla provengono da varie fonti dell’Unione, connesse ad esempio all’agricoltura, alla coesione e alla ricerca.

Inoltre, si suggerisce di rendere più accessibili e promuovere meglio gli strumenti dell'UE per l'adattamento a livello locale, offrendo soluzioni pratiche e disponibili in diverse lingue. Infine, viene evidenziata la necessità di assicurare finanziamenti adeguati e di lungo termine, evitando il rischio di maladattamenti, come progetti agricoli e forestali poco resilienti ai cambiamenti climatici.

 

Immagine: Envato