Dopo anni di annunci, dibattiti e polemiche è iniziato oggi, giovedì 24 agosto, lo sversamento in mare delle acque usate per il raffreddamnento della centrale nucleare di Fukushima. Alle 13 locali (cioè le 6 di mattina in Italia) la TEPCO (Tokyo Electric Power Company, la più grande compagnia elettrica del Giappone, che gestisce la centrale) ha avviato la procedura, tramite un tunnel che porta le acque, filtrate, a 1 km dalla costa. Presenti anche esponenti della IAEA (International Atomic Energy Agency) l’Agenzia internazionale per l’energia atomica, organo ufficiale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite.
Il primo scarico è stimato in 7.800 metri cubi di acqua, per un massimo di 500.000 litri al giorno, e dovrebbe durare circa 17 giorni. In totale, però, ci sono oltre 1,3 milioni di tonnellate di acque reflue immagazzinate in attesa dello sversamento in mare, che avverrà da oggi ai prossimi 30 o 40 anni. Molti stati, organizzazioni e scienziati hanno però criticato questo piano d’azione, per la presenza nelle acque di sostanze radioattive.
Perché le acque di Fukushima sono radioattive
Esiste una così grande quantità di acqua contaminata da smaltire perché nel 2011 la centrale nucleare di Fukushima è stata colpita da tre eventi drammatici concomitanti. L’11 marzo, un violento terremoto sottomarino ha causato uno tsunami che ha danneggiato tre reattori della centrale. L’inadeguatezza delle norme di sicurezza vigenti portò alla loro esplosione, con conseguenze dispersione di materiale radioattivo. In questo disastro, morirono in totale 15.000 persone.
Per raffreddare quei reattori, la TEPCO iniziò a usare dell’acqua, che veniva così contaminata e doveva perciò essere immagazzinata in barili di sicurezza. Oggi, però, lo spazio di stoccaggio sta finendo e il governo giapponese ha attuato una decisione presa da tempo: filtrare quell’acqua e poi liberarsene sversandola in mare.
La decontaminazione dell’acqua: il sistema ALPS
Per ripulire l’acqua usata nella centrale nucleare di Fukushima Tepco ha impiegato il sistema ALPS (Advanced Liquid Processing System). Come spiegato dalla IAEA, tramite una serie di reazioni chimiche ALPS può eliminare 62 radionuclidi. Ma non purifica l’acqua al 100%, perché per esempio non rimuove il Trizio, un isotopo radioattivo dell’idrogeno. L’IAEA considera il Trizio dannoso per l’uomo solo in quantità elevate, ma la TEPCO assicura che la quantità di Trizio nell’acqua sarà di un quarantesimo rispetto al limite consentito. Il primo sversamento conterrebbe circa 190 becquerel di Trizio per litro, molto al di sotto del limite di 10.000 becquerel per litro di acqua potabile fissato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Per IAEA e Giappone l’acqua di Fukushima è sicura
Il Premier giapponese Fumio Kishida ha dichiarato che lo sversamento delle acque contaminate nell’oceano “è qualcosa che non possiamo assolutamente rimandare se vogliamo smantellare l’impianto di Fukushima e rilanciare l’area”. E la IAEA già da settimane ha dato il proprio nulla osta allo sversamento, dichiarando che il rischio radioattivo per uomini e ambiente derivante dalle acque di Fukushima è “trascurabile”.
“Centrali nucleari di tutto il mondo riversano acqua contenente Trizio da 60 anni senza danneggiare le persone o l’ambiente, alcune a livelli maggiori di quelli programmati per Fukushima”, ha dichiarato al Guardian Tony Irwing, professore associato onorario all’Australian National University.
Il governo giapponese ha assicurato controlli scrupolosi delle acque, anche con frequenza oraria nei primi giorni di sversamento. Ma riconosce che in ogni caso l’economia della zona subirà un danno reputazionale, e ha quindi stanziato 800 miliardi di yen (oltre 5 miliardi di dollari) per risarcire i pescatori locali.
Proteste, obiezioni e la reazione della Cina
Secondo Pechino, però, i danni dello sversamento in mare delle acque di Fukushima sono ben più concreti. In un comunicato ufficiale rilasciato dal ministero degli Esteri cinese, si legge che “il governo giapponese non è riuscito a dimostrare la legittimità e la legalità della decisione sullo sversamento, l’affidabilità a lungo termine dell’impianto di depurazione e l’autenticità e l’accuratezza dei dati sull’acqua contaminata dal nucleare. Non è riuscito a dimostrare che gli sversamenti nell’oceano siano sicuri e innocui per l’ambiente marino e la salute delle persone, e che il piano di monitoraggio sia valido ed efficace”.
Pechino ha quindi bloccato l’importazione di prodotti ittici da alcune zone del Giappone. Hong Kong, il secondo maggiore importatore di alimentari dal Giappone dopo la Cina, ha bollato la decisione di Tokyo come “irresponsabile” e sta valutando blocchi e controlli più severi sul pesce in arrivo da 10 prefetture giapponesi, tra cui quelle di Tokyo e Fukushima.
Anche la Corea del Nord ha criticato l’operazione e, tramite un comunicato del ministro degli Esteri divulgato dall'agenzia di stampa KCNA, ha fatto sapere di considerarla un "crimine imperdonabile contro l'umanità" di cui il Giappone sarà ritenuto responsabile.
Il governo della Corea del Sud invece si era dichiarato contrario allo sversamento in mare delle acque contaminate ma ha di recente cambiato idea, limitandosi a chiedere a Tokyo di “divulgare informazioni in modo trasparente e responsabile sul processo di scarico dell’acqua che continuerà nei prossimi 30 anni”. Restano ferme però le rimostranze dell’opposizione e di una larga parte della popolazione sudcoreana.
“Grave preoccupazione” è stata espressa anche dal Forum delle isole del Pacifico (Pacific Islands Forum, PIF), la principale organizzazione intergovernativa del territorio, che ha richiamato l’attenzione sulle leggi internazioni contro lo scarico di scorie radioattive nell’oceano Pacifico.
Per Greenpeace l'acqua di Fukushima non è sicura
Con un comunicato stampa, l’associazione ambientalista Greenpeace ha dichiarato che la decisione di Tokyo “ignora le prove scientifiche, viola i diritti umani delle comunità che vivono in Giappone e nella regione del Pacifico e non è conforme al diritto marittimo internazionale”.
Il governo giapponese e la TEPCO “affermano il falso sostenendo che non c’è alternativa alla decisione di scaricare le scorie radioattive nell’oceano e che è un passo necessario per procedere allo smantellamento (o decomissioning) definitivo della centrale”. Secondo dati riportati da Greenpeace, “il 3 agosto 2023 risultavano stoccati nei serbatoi 1.343.227 metri cubi di acque reflue radioattive, ma a causa del fallimento della tecnologia di trattamento ALPS (Advanced Liquid Processing System), circa il 70% di queste acque dovrà essere nuovamente trattato”.
Per la ong, inoltre, non tutti i rischi sono stati valutati completamente e tra gli elementi radioattivi di cui preoccuparsi non c’è solo il Trizio ma anche Carbonio-14, Stronzio-90 e Iodio-129, i cui effetti sono stati ignorati. “L’IAEA ha approvato i piani di rilascio dell’acqua contaminata ma non ha indagato sul funzionamento del sistema di trattamento ALPS e ha completamente ignorato i detriti di combustibile altamente radioattivi che si sono fusi e che continuano ogni giorno a contaminare le falde acquifere (quasi 1.000 metri cubi ogni dieci giorni).”
Secondo Greenpeace i piani di scarico dell’acqua contaminata ignorano la “risoluzione 48/13 del Consiglio per i diritti umani, che nel 2021 ha sancito il diritto ad avere un ambiente pulito, sano e sostenibile. Inoltre, il Giappone non ha rispettato i suoi obblighi legali ai sensi della Convenzione delle Nazioni Unite per il Diritto del Mare (UNCLOS) per proteggere l’ambiente marino”.
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