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Da Ripon, Wisconsin - “Go Kamala!”, canta Laura Evans. Il sole inonda la fila di supporter in attesa da ore per entrare al Ripon College per ascoltare la vicepresidente americana. Bisogna arrivare ore prima se si vuole entrare e dare tempo ai servizi segreti di verificare il perimetro dell’evento, stampa inclusa. Qualcuno ha un mancamento per il caldo, nonostante i volontari distribuiscano bottigliette d’acqua a tutti. Ma l’entusiasmo fa sopportare la calura del primo pomeriggio. Laura, un’operatrice sociale di Fond du Lac si fa ombra con un cappellino da baseball che commemora il tandem Harris-Walz. Appuntata sulla maglia però indossa due spille che lasciano sorpresi. Entrambe recitano: Republicans for Harris.

Accanto ai teamster del Wisconsin, alle attiviste LGBT e pro aborto, agli studenti del college al primo voto, è numerosa la compagine di repubblicani moderati presenti. Non è casuale che il rally elettorale del 3 ottobre si sia tenuto a Ripon, Wisconsin. Qua nel 1854 presso la Little White School House si tenne una delle riunioni chiave per la formazione del Partito repubblicano ed è un luogo simbolo per il GOP, il Grand Old Party, come si era soliti chiamare il partito messo a soqquadro negli ultimi 10 anni dal populismo MAGA di Trump.

L’obiettivo di Kamala Harris è quello di convincere indecisi e repubblicani moderati a non votare Trump, pescando in stati chiave per la sua rielezione, come Wisconsin e Michigan. E qualcuno ha aderito. Alle 17.15 sul palco del Ripon College, contornato da ghirlande e da un’enorme scritta Country over Party (il paese prima del partito) fa il suo ingresso la deputata Liz Cheney, figlia dell’ex vicepresidente Dick Cheney, nativa del Wisconsin, repubblicana convinta e arcinemica di Donald Trump. L’accoglienza è calda, sembrano dimenticati gli orrori del padre, artefice della War on Terror e delle centinaia di migliaia di morti in Iraq, dove non vennero mai trovate le sue “armi di distruzione di massa”. Ma d’altronde le colpe dei padri non devono ricadere su figli e figlie.

“Donald Trump è un pericolo per il nostro paese, per questo motivo voterò per Kamala Harris”, promette Liz Chaney, strappando la standing ovation. “Liz ti amiamo”, urla una ragazza dal palco. Cheney rivendica la sua identità repubblicana e conservatrice: “Faccio parte del partito da prima che Donald iniziasse a farsi la sua abbronzatura spray”. E punta tutto sull’ordine costituzionale: “Non c’è valore più conservatore che il rispetto della costituzione americana”.

Il team Harris punta molto sul distanziare il GOP da Donald Trump. A oggi, secondo un briefing media, oltre 100 funzionari della sicurezza nazionale conservatori, più di 200 ex membri degli staff di Bush Jr, McCain e Reagan hanno appoggiato la vicepresidente Harris. Inoltre, lo stesso Dick Cheney, l'ex senatore dell'Arizona Jeff Flake, l'ex vicegovernatore della Georgia Geoff Duncan, ex funzionari di Trump come la segretaria stampa della Casa Bianca Stephanie Grisham e l'ex assistente Cassidy Hutchinson hanno dato pieno sostegno a Kamala Harris per la presidenza. E intanto Mike Pence fa pervenire che non darà certo supporto a Trump.

In attesa di Kamala Harris

Poco dopo le 17.35 è il momento di Kamala Harris presentata dalla stessa Cheney. Il suo messaggio si concentra su due punti: serve unità nel paese, ma non si può e non si deve dimenticare quanto successo il 6 gennaio 2021, con l’assalto a Capitol Hill per ostacolare la conferma di Joe Biden alla Casa Bianca. Cavalca la notizia del giorno, ovvero i nuovi capi di incriminazione per l’ex presidente, che non sarebbe coperto dall’immunità garantita dalla recente sentenza della Corte Suprema.

Secondo il procuratore speciale Jack Smith gli sforzi “sempre più disperati” dell’ex presidente e dei suoi alleati per cercare di sovvertire i risultati delle elezioni presidenziali “rientrano nella sfera privata” e non nei compiti del presidente, e in quanto tali non sono protetti dall’immunità presidenziale sentenziata dalla maggioranza dei nove giudici della Corte. Tra le testimonianze più gravi, riprese anche da Liz Cheney nel suo discorso, quella dell’assistente di Trump. Quando Pence fu in grave pericolo, con i rivoltosi che lo volevano impiccare, Trump fu informato nella speranza che intervenisse, ma la sua reazione fu un menefreghista: “So What?”.

“Si è rifiutato di accettare la volontà del popolo e i risultati di elezioni libere ed eque. Ha inviato una folla armata al Campidoglio degli Stati Uniti, dove ha aggredito le forze dell'ordine”, dice Harris. “Ha minacciato di morte il suo stesso vicepresidente. Si è rifiutato di impegnarsi in un trasferimento pacifico del potere. E dobbiamo sapere come intende usare il potere se verrà eletto di nuovo”, tuona Kamala.

Conclude chiamando a un’unità bipartisan. “Se i cittadini del Wisconsin e della nazione sono disposti a fare quello che sta facendo Liz − a difendere lo stato di diritto, i nostri ideali democratici e la Costituzione degli Stati Uniti − allora, insieme, possiamo tracciare una nuova strada [New Way Forwards, uno degli slogan della campagna, nda]. Non come membri di un partito, ma come americani, uniti nella nostra devozione al paese che amiamo.”

La battaglia del Wisconsin

Guidando lungo la Highway 73 da Madison a Ripon si riesce quasi a mappare la geografia elettorale del Wisconsin. Praticamente ogni casa ha un cartello, yardsign, per sottolineare la preferenza per Harris o Trump. Più denso il supporto dem mentre ci si avvicina alla capitale dello stato, più solido quello di Trump nelle fattorie rurali dove si allevano vacche da latte, per il principale prodotto dello stato, il formaggio. Per ogni cartello per Kamala, sembra essercene uno anche per Trump. I dati dei sondaggi, infatti, mostrano che i candidati in quello che sarà uno stato chiave per le elezioni sono virtualmente alla pari.

Il vantaggio di Harris rispetto all'inizio di agosto è stato leggermente ridotto dalla forza del messaggio di Trump sulle questioni economiche, uno sviluppo potenzialmente preoccupante per la vicepresidente, dato che l'economia rimane la questione più importante per gli elettori, specie in uno stato rurale come il Wisconsin. Al momento Harris ha un margine risicato, detenendo il 49% delle preferenze contro il 47% di Trump. L’appello alla tradizione e al rispetto della costituzione forse non muoverà grandi numeri. Ma, come abbiamo imparato dalle elezioni americane del passato, anche un centinaio di voti potrebbe fare la differenza.

 

Immagini: Emanuele Bompan