La crisi russo-ucraina è anche la crisi di un modello di approvvigionamento energetico su cui l’Europa ha fatto fin troppo affidamento. L’Italia in particolare, come ormai tutti hanno ben imparato in questi giorni, dipende per circa il 40% delle sue forniture di gas dalla Russia.
Sganciarsi dalle importazioni di gas, petrolio e carbone russi ben prima del 2030 è dunque l’obiettivo del piano d’azione REpowewrEU, presentato in tutta fretta dalla Commissione europea lo scorso 8 marzo. Efficienza e risparmio energetico, rinnovabili e diversificazione delle forniture sono le parole d’ordine. E nel mix di energie alternative alle fossili è stato riconosciuto un importante ruolo alla produzione di biogas e biometano, una fonte circolare per eccellenza e un settore in cui l’Italia è fra i leader in Europa e nel mondo.
Materia Rinnovabile ne ha parlato con Piero Gattoni, presidente di CIB - Consorzio Italiano Biogas.
Quanto pesa oggi il biogas nel bilancio energetico italiano? Quanto se ne produce attualmente?
Oggi in Italia ci sono più di 1700 impianti di biogas agricoli (ovvero l’84% degli impianti biogas Italiani) e nel nostro Paese si producono 2,5 miliardi di metri cubi di biogas. l'Italia è, infatti, uno dei principali produttori di biogas in agricoltura; quarta al mondo dopo Germania, Cina e Stati Uniti.
Di quanto si potrebbe aumentare la produzione in un anno? E al 2030?
Rimuovendo i limiti burocratici le nostre aziende agricole potrebbero garantire un incremento di produzione di 600 milioni di metri cubi di biogas nel mix energetico (pari a circa 15% dell’attuale produzione) da destinare al mercato elettrico. Ma le potenzialità del settore sono molto più ampie di così. Infatti, si parla di 6,5 miliardi di metri cubi/anno per il solo biometano agricolo entro il 2030 che permetterebbe di ridurre le emissioni di CO2 legate al settore primario del 32%, oltre a contribuire ad una riduzione del 6% delle emissioni nazionali di CO2 legate all’uso delle fonti energetiche fossili.
Cosa occorre per spingere la produzione? Quali sono gli ostacoli burocratici che chiedete di rimuovere?
Per sbloccare il settore è necessario lavorare su un percorso di semplificazione normativa che permetta alle aziende agricole di esprimere il proprio potenziale produttivo. Per raggiungere il traguardo prospettato dalla Commissione europea all’interno del piano REPowerEU (ovvero di 35 miliardi di metri cubi di biometano prodotto entro il 2030) il nostro Paese deve accelerare l’emanazione del decreto di attuazione per la promozione del biometano ed avviare procedure snelle per lo sviluppo del biometano agricolo.
Inoltre, è necessario accelerare sull’emanazione del Dm Fer2 per la promozione di nuovi impianti zootecnici e per la prosecuzione della produzione elettrica rinnovabile per gli impianti che non riusciranno a riconvertire nella produzione di biometano per ragioni di taglia o infrastrutturali.
Da dove deriva il biogas oggi prodotto in Italia? C’è pericolo che con un aumento della produzione si rubi spazio alle colture alimentari?
Il 65% della produzione di biogas viene da biomasse agricole (prodotti e sottoprodotti agricoli). Il restante proviene da effluenti zootecnici (20%), FORSU (2%) e fanghi di depurazione derivanti dal processo di trattamento delle acque reflue (3%).
La digestione anaerobica ha rivoluzionato il modo di fare agricoltura. Grazie al digestato possiamo sostituire la concimazione chimica con quella organica, si possono aumentare le rotazioni colturali e i doppi raccolti, i sottoprodotti e gli effluenti zootecnici non sono più scarti ma risorse.
Le nostre aziende agricole hanno dato il via a un modello nuovo di produzione di cibo, integrando foraggi ed energia, adottando sistemi di produzione che consentono di produrre di più in modo più efficiente. Questo è il modello che abbiamo raccolto nel nostro progetto “Farming for Future”, una road map di dieci azioni per la transizione agroecologica dell’agricoltura.
In quali zone del paese è attualmente concentrata la produzione?
L’Italia è il secondo produttore di biogas in Europa e quarto al mondo. A livello regionale, la produzione di biogas interessa soprattutto le Regioni del nord Italia, in testa la pianura padana, ma anche il Sud rappresenta un importante potenziale allo sviluppo del biogas. In questo il Pnrr è un investimento fondamentale per superare il divario territoriale Nord - Sud grazie a progetti per la diffusione dell’energia rinnovabile, economia circolare e tutela territorio.
Qual è la situazione del biogas in Europa? E nel mondo?
La produzione di biogas e biometano sta crescendo rapidamente in tutta Europa, complice anche il riconoscimento del nostro settore come uno dei motori per promuovere innovazione nelle aziende e valorizzazione delle produzioni, sostenibilità e rispetto dell’ambiente. Secondo i dati dell’Associazione europea del biogas (EBA - European Biogas Association) oggi l’Europa ha più di 1000 impianti di produzione di biometano grazie alla rapida crescita delle produzioni in Francia, Italia e Danimarca. Il nostro Paese è al secondo posto con più di 11 nuovi impianti avviati nel 2020. Secondo la Mappa del Biometano di EBA attualmente l’Europa conta circa 20.000 unità in funzione (il numero totale di impianti di biogas e biometano).
Ritiene che la crisi internazionale darà una spinta decisiva all’utilizzo di questa fonte energetica?
Oggi la crisi energetica e il conflitto in Ucraina hanno rimesso al centro del dibattito lo sviluppo delle energie rinnovabili sia per raggiungere con ancora maggiore impegno gli obiettivi ambientali che il Paese si è imposto ma sia per riuscire a rendere il nostro sistema energetico finalmente indipendente.
Anche il Governo italiano si è mosso per accelerare i tempi di una rapida uscita dalla dipendenza del gas russo. Di recente, sia la Commissione europea che l’esecutivo italiano hanno dato un riconoscimento importante al nostro settore. La prima grazie alla Comunicazione del piano REPowerEu mira a produrre 35 miliardi di metri cubi (bcm) di biometano entro il 2030 mentre mentre il Governo Draghi con l’ultimo decreto energia ha emanato una serie di misure per promuovere pratiche ecologiche nella fase di produzione del biogas, ridurre così l’uso di fertilizzanti chimici e abbattere i costi di produzione grazie all’uso del digestato.
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