È una sezione Think Tank tutta al femminile quella del numero 51 di Materia Rinnovabile, dedicato alla Montagna. Anche questa volta abbiamo raccolto alcune delle voci più autorevoli a livello internazionale, sia dalle istituzioni che dal mondo della ricerca, per discutere dei temi trattati nella monografia.

Essendo un numero realizzato in collaborazione con l’Università di Scienze gastronomiche di Pollenzo, non potevamo non partire dalla Food and Agriculture Organization, che alle aree montane ha dedicato un partenariato. Di economia e sistemi alimentari delle terre alte abbiamo dunque parlato con Rosalaura Romeo, a capo del segretariato della Mountain Partnership della FAO. Ci siamo poi spostati sul tetto del mondo, per discutere di crisi climatica ed equilibri socioeconomici della regione himalayana con Izabella Koziell, vicedirettrice generale di ICIMOD, l’International Centre for Integrated Mountain Development. E infine Erika Fatland ci ha portato uno sguardo antropologico sulla questione montagna.

Qui di seguito, un riassunto dei temi di cui abbiamo parlato. Le interviste complete le potete leggere su Materia Rinnovabile #51.

Rosalaura Romeo (FAO): un partenariato delle montagne

Le montagne vivono una costante tensione tra abbandono e sfruttamento, resilienza e fragilità.
Per capire meglio il rapporto complesso tra uomo, terre alte, sussistenza e sviluppo economico, Emanuele Bompan ha avuto un lungo dialogo con Rosalaura Romeo, a capo del segretariato della Mountain Partnership della FAO. Il partenariato lavora per lo sviluppo alimentare ed economico delle montagne di tutto il mondo. Ha lo scopo di rafforzare le comunità e sostenere gli investimenti nello sviluppo sostenibile della montagna, per affrontare le crisi del clima e della biodiversità nelle aree montuose e garantire il sostentamento e il benessere sociale ed economico delle popolazioni di queste regioni.

Rosalaura Romeo © Antonella Di Girolamo

Izabella Koziell: la crisi climatica sull’Himalaya

La regione dell’Hindu Kush Himalaya, il cosiddetto Terzo Polo, comprende le catene montuose più alte del mondo e contiene il più grande volume di ghiacci della Terra al di fuori delle regioni polari. Ma se da sempre il “tetto del mondo” è stato il simbolo di una natura inarrivabile e immutabile, oggi la crisi climatica sta portando anche lassù trasformazioni senza precedenti, con impatti a cascata sull’assetto idrogeologico del territorio, sugli ecosistemi e sulla sussistenza di quasi 2 miliardi di persone. Si tratta di fenomeni complessi, che coinvolgono la scienza, la gestione del territorio, l’economia e la politica, e che vanno ben al di là della giurisdizione di un singolo paese.

Per questo, da ormai quarant’anni, l’International Centre for Integrated Mountain Development (ICIMOD), con sede a Kathmandu, funge da ponte fra otto nazioni (Afghanistan, Pakistan, Nepal, India, Cina, Bhutan, Bangladesh e Myanmar), con situazioni politiche e interessi spesso diversi, affinché tutte lavorino verso un obiettivo comune: lo sviluppo sostenibile e resiliente della regione himalayana. Dallo scioglimento dei ghiacciai alla biodiversità, dall’emigrazione alla sicurezza alimentare, dal turismo alla conservazione del patrimonio culturale, la vicedirettrice generale di ICIMOD, Izabella Koziell, ha parlato con Giorgia Marino delle tante e inedite sfide che la regione himalayana si trova oggi ad affrontare.

Izabella Koziell

Erika Fatland: vivere in alto

Scrivere di montagna e di economia significa occuparsi di come si vive in alto. Vuol dire mettere al centro le persone e le loro relazioni, soprattutto se storicamente queste hanno avuto un segno negativo per via dell’isolamento e del semi-isolamento, fattori strettamente legati all’altitudine, dalle Alpi all’Himalaya. Anche se in quest’ultimo caso è bene parlare al passato, perché a svariate migliaia di metri, sulla catena più alta del mondo, molto sta cambiando. Ma in che direzione? Nessuno meglio di un antropologo potrebbe raccontare uno spazio e i suoi abitanti. Giorgio Kaldor ha quindi intervistato la premio Kapuściński per il reportage Erika Fatland.

Fatland non solo ha conseguito un master in antropologia sociale presso l'Università di Oslo e l'Università di Copenhagen ed è stata vincitrice del Norwegian Booksellers' Prize con Sovietistan (2014), caso letterario internazionale. Per il suo libro La vita in alto. Una stagione sull'Himalaya (2020), ha percorso lentamente Pakistan, India, Bhutan, Nepal, Cina e Tibet. Un viaggio che è prima di tutto il racconto, attraverso uno sguardo non giudicante, della vita delle persone incontrate, dai semplici sconosciuti ai leader spirituali.

Erika Fatland

 

SCARICA E LEGGI IL NUOVO NUMERO DI MATERIA RINNOVABILE: MONTAGNA

 

Questo articolo è disponibile anche in inglese / This article is also available in English

 

Immagine di copertina: Matterhorn Peak, Envato