A distanza di pochi giorni, 5 e 12 giugno, entrambe le Camere del Parlamento svizzero, il Consiglio degli stati e il Consiglio nazionale, hanno approvato con un’ampia maggioranza una dichiarazione che contesta duramente la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (Corte EDU) sul caso Verein KlimaSeniorinnen Schweiz and Others vs. Switzerland dello scorso aprile, indirizzata alla Corte stessa e al Consiglio federale, organo esecutivo della Confederazione Elvetica.
Con una sentenza già considerata storica a due mesi dalla pronuncia, la Corte EDU ha individuato una violazione dell’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU), ovvero del diritto al rispetto della vita privata e familiare delle ricorrenti. Secondo un’innovativa interpretazione della Corte, questo diritto include l’effettiva protezione da parte delle autorità statali dagli effetti avversi del cambiamento climatico sulla vita, sulla salute, sul benessere e sulla qualità della vita.
Nel caso specifico, secondo la sentenza lo stato svizzero non ha agito in modo tempestivo e appropriato per produrre e implementare norme e misure per la mitigazione del cambiamento climatico, ed è quindi obbligato a prendere delle misure in tal senso per far cessare la violazione ed evitare che si ripeta. Oltre al pagamento delle spese legali sostenute dall’associazione delle ricorrenti.
Come funziona la Corte europea dei diritti dell'uomo
Per comprendere quanto accade in queste settimane nel dibattito politico svizzero si rende necessario un chiarimento rispetto al funzionamento del sistema CEDU. Le sentenze emesse dalla Grande camera della Corte EDU, come la pronuncia in questione, sono immediatamente definitive, quindi non possono essere oggetto di appello.
Lo stato svizzero può perciò solo dare avvio all’esecuzione. L’esecuzione delle sentenze della Corte EDU è supervisionata dal Comitato dei ministri, l’organo esecutivo del Consiglio d’Europa composto dai ministri degli esteri dei 47 paesi membri, o, in alternativa, dai rappresentanti permanenti degli stessi a Strasburgo. Lo stato che sia vincolato all’esecuzione di una sentenza della Corte EDU presenta al Comitato un piano di azione, la cui attuazione è monitorata periodicamente.
Cosa succede in Svizzera
Il Consiglio federale svizzero sta preparando in questo periodo la rispettiva reazione alla sentenza del 9 aprile scorso, e il Parlamento ha adottato una dichiarazione per indirizzare tale presa di posizione. La raccolta di più di 22.000 firme da parte di Greenpeace e dell’associazione delle KlimaSeniorinnen, per ribadire alle Camere la necessità di rispettare la sentenza, non ha sortito l’effetto auspicato. La dichiarazione adottata con un’ampia maggioranza (111 a favore, 72 contrari al Consiglio nazionale) si intitola Per la protezione efficace dei diritti fondamentali da parte dei tribunali internazionali piuttosto di un attivismo giudiziario.
Stando al testo della dichiarazione, le Camere del Parlamento svizzero, riconoscono l’importanza storica della CEDU e il contributo fondamentale della Corte EDU allo sviluppo della protezione dei diritti fondamentali in Europa e in Svizzera. Ma contestano alla Corte un eccessivo dinamismo nell’interpretazione della Convenzione e quindi di esporsi all’accusa di esercitare un attivismo giudiziario inappropriato e inammissibile. A fronte di un tale eccesso la Corte non può che accettare che la sua legittimità sia messa in discussione dagli stati e dai loro attori politici, e che, pertanto, la protezione dei diritti umani in Europa possa indebolirsi. Il Parlamento quindi chiede alla Corte di rispettare nelle future interpretazioni il principio di sussidiarietà, il testo della Convenzione e le circostanze storiche della sua elaborazione, la sovranità degli stati, il principio del consenso e il processo democratico.
Quanto al Consiglio federale, le Camere invitano l’esecutivo a difendere gli interessi della Svizzera in seno al Consiglio d’Europa e di sottolineare nel piano d’azione da trasmettere al Comitato dei ministri come lo stato sia già in regola con le politiche climatiche. Sono elencati, a tal proposito, recenti atti normativi in materia di cambiamento climatico, come la legge federale che nel 2022 ha posto l’obiettivo di emissioni net zero al 2050 e la recente modifica di legge che introduce gli obiettivi di mitigazione al 2030. Tali atti posizionano la Confederazione nel rispetto del Protocollo di Kyoto e dell’Accordo di Parigi, ma non sono entrati se non in ultimissima battuta nel procedimento del caso delle KlimaSeniorinnen.
La polarizzazione del dibattito in Svizzera
Il dibattito parlamentare ha visto una netta polarizzazione: Unione democratica di centro (UDC), Liberali radicali (PLR) e Alleanza del centro hanno promosso la dichiarazione, incontrando l’opposizione del Partito socialista svizzero (PS), dei Verdi svizzeri e del Partito verde liberale della Svizzera (PVL). UDC ha definito la sentenza un “colpo di stato” poiché spetta al solo Parlamento votare le leggi, mentre il PLR ha ricordato che il testo della Convenzione non prevede esplicitamente un diritto all’ambiente sano, alla preservazione di un clima stabile, né alla salute. Il PS ha sottolineato invece come sin dal 1978 la Corte applichi la Convenzione considerando il diritto “vivente” e non il mero testo, e il PVL ha paventato il rischio che una simile dichiarazione possa alimentare una pericolosa resistenza all’applicazione della CEDU anche in altri stati. Appare solo incidentale a questa vicenda la candidatura di Alain Berset, esponente dei socialisti e già consigliere federale, a segretario generale del Consiglio d’Europa.
La resistenza al dialogo e alla contaminazione con il sistema CEDU non è una novità per la Svizzera, i cui cittadini sono stati chiamati a votare mediante referendum nel 2017 una proposta di riforma costituzionale nell’ambito dell’iniziativa popolare Il diritto svizzero anziché giudici stranieri. Non sono nuove alla politica del diritto in materia di tutela dell’ambiente e cambiamento climatico nemmeno le contestazioni basate su presunte violazioni del principio di separazione dei poteri, su presunti eccessi nell’interpretazione evolutiva di testi adottati quando le questioni ambientale e climatica non erano ancora all’orizzonte, e pertanto sul cosiddetto “attivismo giudiziario”.
Che cosa succederà
La dichiarazione del Parlamento svizzero non è confortante, ma è necessario attendere il piano d’azione del Consiglio federale, che si dovrebbe conoscere ad agosto, e la sua implementazione. In caso di grave inadempienza nell’esecuzione delle sentenze della Corte EDU il Comitato dei ministri può adire la Corte stessa, ma è avvenuto raramente. Se la Corte constata una violazione rinvia il caso al Comitato affinché valuti se adottare delle misure, che possono essere estreme come la sospensione dalla rappresentanza nel Consiglio d’Europa.
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Immagine di copertina: Parlamento svizzero. Al centro, Eric Nussbaumer – Presidente del Consiglio nazionale. Alla sua destra, Eva Herzog, presidente del Consiglio degli stati © Servizi del Parlamento, 3003 Berna