Nonostante i recenti spiragli di possibile mediazione, una discussione accesa continua da giorni nel Consiglio regionale sardo, e non accenna a fermarsi. Un malcontento diffuso tra società energetiche, comitati e opposizione sta rallentando l’approvazione del DDL 45, disegno di legge, già avallato dalla giunta di centrosinistra a fine settembre, per l’individuazione di aree idonee e non idonee ai fini dell’installazione di impianti di energia rinnovabile.

Lettere minatorie indirizzate al Consiglio regionale sardo avevano già stroncato la discussione della scorsa settimana: minacce di diffida sono arrivate direttamente da RWE e Sardegna Green Energy, società energetiche con forti interessi in Sardegna per la realizzazione di impianti fotovoltaici ed eolici. Ma il malcontento è forte anche nell’opposizione di centrodestra, uscita di scena ancor prima dell’avvio della discussione, e nei rappresentanti della legge di iniziativa popolare Pratobello 24, firmata da oltre 200.000 cittadini sardi per regolamentare la transizione e contrastare possibili forme di speculazione energetica, raccolti per giorni, in segno di protesta, fuori dal Consiglio regionale.

Le ragioni di chi è favorevole al decreto

L’ampio credito, nel disegno della giunta Todde, alle aree non idonee è sicuramente uno dei motivi di contestazione, soprattutto tra le società energetiche. Tutti gli impianti “in corso di autorizzazione”, o che hanno “già ottenuto un’autorizzazione” non potrebbero infatti essere installati in aree protette o preziose dal punto di vista storico-culturale, con molti limiti per l’eolico offshore e l’agrivoltaico.

Secondo Gianluca Serra, sindaco di Genoni, un paese nel sud della Sardegna all’interno dell’altopiano della Giara e a pochi chilometri dal sito archeologico di Bruncu Sergiu, “è necessario tutelare la regione anche dal punto di vista naturalistico, agronomico e paesaggistico”, spiega a Materia Rinnovabile. “La trasformazione del territorio sardo causerebbe in molti casi un danno agli habitat, tema centrale nell’ultima direttiva europea sul ripristino della natura accanto alla produzione delle fonti rinnovabili.”

Favorevole a una norma che regolamenti l’installazione di impianti di energia rinnovabile in Sardegna è anche Gianluigi Bacchetta, professore dell’Università di Cagliari, intervistato da Materia Rinnovabile, preoccupato per la speculazione energetica in Sardegna dal momento in cui “esiste già un’occupazione del suolo sardo che investe, ad esempio, il settore dell’agrivoltaico con il posizionamento di serre coperte da pannelli fotovoltaici, come nell’oristanese, nell'area di Prosei e di Uta”.

Le ragioni di chi è contrario al decreto

I paletti normativi del disegno Todde continuano invece a turbare le associazioni ambientaliste, considerando la dipendenza massiccia dell’isola dai combustibili fossili. “In Sardegna, il 75% dell’energia elettrica è ancora prodotta da centrali a carbone e dai derivati del petrolio”, spiega a Materia Rinnovabile Gianni Silvestrini, direttore dell’associazione Kyoto Club. “È vero che le centrali a carbone verranno chiuse entro il 2028, ma l’impianto di gassificazione dei residui pesanti nella raffineria Sarlux continuerà a funzionare, fino al momento in cui la diffusione nazionale della mobilità elettrica avrà drasticamente ridotto la domanda di carburanti. Inoltre, la Sardegna importa la maggior parte dell’energia di cui ha bisogno sotto forma di combustibili fossili, carbone per la generazione elettrica e il petrolio per i trasporti, mentre con le rinnovabili prodotte localmente si limiterebbero queste importazioni.”

E le poche aree idonee individuate, circoscritte nel disegno di legge a edifici, pergolati, pensiline, tettoie e aree dismesse per una copertura totale prevista di circa l’1,9% del territorio regionale, si allontana, come riporta Sardegna Rinnovabile, un’iniziativa delle associazioni WWF Italia, Legambiente, Greenpeace Italia e Kyoto Club, “dagli obiettivi del burden sharing (6.2 GW al 2030, contro i 0,4 GW installati fino al 2023) e dalla produzione di energia rinnovabile necessaria dopo il phase out dal carbone”.

I firmatari della Pratobello 24, sostenuti dall’opposizione di centrodestra, chiedono invece un maggior ascolto da parte della maggioranza, ad esempio con una maggiore evidenza, nel disegno di legge, alla competenza esclusiva della Sardegna in materia urbanistica. Un incontro tra il centrosinistra e il comitato non è però mai avvenuto, in quanto, secondo la presidente regionale Alessandra Todde, il disegno e la legge popolare presentano due finalità distinte: sospensiva la prima e pianificatoria la seconda. Le proteste dei comitati continuano così a scandire la discussione in Consiglio regionale, in cerca di un confronto diretto con la maggioranza.

La decisione del Consiglio di stato

Nel frattempo, però, una novità potrebbe cambiare le sorti del disegno finale. Il Consiglio di stato ha infatti accolto giovedì 14 novembre l'appello di una società energetica, sospendendo in via cautelare, fino alla conclusione del giudizio di merito al TAR, una disposizione del decreto ministeriale 21 giugno 2024 Aree idonee che regola l'individuazione delle superfici idonee per l'installazione di impianti da fonti rinnovabili.

Le regioni dovranno quindi escludere dalle loro valutazioni future le aree già considerate idonee dalla normativa nazionale per impianti di energia rinnovabile. E questo potrebbe avere un impatto sulla Sardegna e sul disegno di legge. Ma al momento la fine della discussione in Consiglio regionale è la massima priorità per la giunta Todde.

 

Foto: Consiglio regionale sardo