Si annunciano tempi difficili per il governo sul fronte dell’economia. Il PIL stagna, la produzione industriale è in caduta, si annuncia una massiccia guerra commerciale globale, la competitività dei nostri prodotti è in crisi, e per i prezzi dell’energia non sarà facile mantenere le promesse di fare qualcosa. Di fronte al Senato il ministro dell'economia Giancarlo Giorgetti ha annunciato infatti per “le prossime settimane” un provvedimento “con riferimento alle dinamiche dei prezzi dell’energia”.

"L'andamento dei prezzi dell'energia e le bollette non dipendono dal governo”, dice il titolare del dicastero di via XX Settembre (e se ne potrebbe a lungo discutere), “ma da dinamiche estranee, speculative, su cui l'attenzione del governo è massima.” E dunque una "riflessione su ciò che è significato il passaggio al libero mercato degli utenti del mercato elettrico deve essere fatta”.

Del resto era stato agevole a suo tempo prevedere, a partire dal gas, un inverno complicato. In effetti anche il prezzo dell’elettricità è tornato a correre, con un incremento tra gennaio 2025 e gennaio 2024 del 44%, sulla scorta di quello del gas, che purtroppo continua a essere una fonte energetica dominante, con circa la metà del totale della produzione di elettricità nel nostro paese. Secondo uno studio di Nomisma Energia, la spesa per l’energia elettrica è aumentata del 28% per le imprese, con un incremento del 31% per una famiglia tipo, pari a 201 euro in più.

A inizio settimana, il prezzo del gas aveva toccato i valori più alti da due anni, avvicinandosi ai 60 euro al megawattora. Per Confindustria, il prezzo dell’energia elettrica all’ingrosso in Italia si è attestato sui 108,5 euro per MWh, il 38% in più rispetto alla Germania, che ha molto eolico e molto carbone, il 72% in più della Spagna, dove sono stati installati impianti rinnovabili utility scale, anche con Power Purchase Agreement, l’87% in più rispetto alla Francia, che ha le (vecchie) centrali nucleari.

Ed era anche prevedibile − come avevano annunciato sindacati e opposizioni, a dire il vero − che sarebbe stato negativo anche l’effetto dell’abolizione di fatto del mercato tutelato dell’energia. Secondo Giorgetti servirà “un’onesta riflessione su cosa abbia significato il passaggio al libero mercato per quanto riguarda gli utenti del mercato domestico dell’elettricità. Ricordo che anche questo era uno degli impegni che era stato assunto non certo da questo governo".

Che cosa ci potrebbe essere dentro l’annunciato provvedimento del Ministero dell’economia? Le ipotesi che circolano sono diverse. Secondo Repubblica, potrebbe arrivare l’energy release, il meccanismo che assegna elettricità a prezzi calmierati alle imprese energivore che installano impianti da fonti rinnovabili. Si ragiona anche sulla riduzione, fino all’azzeramento, della differenza di prezzo che si registra sul mercato all’ingrosso italiano rispetto a quello del TTF di Amsterdam, come vorrebbe Confindustria, limitando però l’effetto di taglio dei costi soltanto sulle imprese.

Una delle ipotesi allo studio è anche quella della sospensione della tassa sulle emissioni di CO₂, cioè il contributo che i produttori di elettricità da fonti fossili (carbone e gas) devono pagare per compensare le maggiori emissioni. Sulla carta il congelamento della tassa ridurrebbe il prezzo all’ingrosso sul mercato, scaricandosi positivamente sulle bollette. Ma, a parte che l’operazione costerebbe una montagna di soldi, va da sé che una misura simile avrebbe effetti politicamente e ambientalmente devastanti. Annichilirebbe uno dei princìpi base della transizione energetica in Europa e in Italia, senza nessuna garanzia che i produttori di elettricità fossile non decidano di trattenere per sé un extra profitto invece di ridurre le bollette.

Costi importanti anche per un eventuale azzeramento degli oneri di sistema e della riduzione dell’IVA sul gas al 5%, cioè il ripristino del pacchetto contro il caro energia, come quello varato nel 2022 a favore di imprese e famiglie dal governo Draghi per fronteggiare il boom dei prezzi dopo l’invasione dell’Ucraina. Costosissimo anche un possibile intervento sulla componente fiscale che grava sulle bollette del gas e della luce, costituita da IVA e accise.

Certo è che la fine del mercato tutelato dell’energia non è stato un grande affare per gli italiani. Secondo un’indagine di Assium (l’associazione degli utility manager) basata sull’analisi dei dati di Arera, l’autorità di controllo del settore, in un anno oltre 1,2 milioni di utenti non vulnerabili sono passati al mercato libero dell’energia elettrica, pagando tariffe mediamente più alte dell’80% rispetto a quelle applicate nel servizio a tutele graduali, e del 44% rispetto a quelle del mercato tutelato, rimasto attivo solo per i clienti vulnerabili.

A gennaio 2024 più di 4,4 milioni di famiglie non vulnerabili rientravano nel mercato tutelato dell'energia elettrica che, come noto, è terminato a luglio del 2024, come spiega Assium. Chi non ha scelto un operatore del mercato libero a partire da luglio è migrato automaticamente nel servizio a tutele graduali, che oggi conta poco più di 3,2 milioni di utenti non vulnerabili. I quasi 570.000 che hanno lasciato le tutele graduali tra luglio 2024 e gennaio 2025, optando per un operatore del mercato libero, hanno speso in media 432 euro in più rispetto alle tutele graduali per i contratti a prezzo variabile, e 405 euro per il prezzo fisso.

 

In copertina: Giancarlo Giorgetti © Palazzo Chigi