Alta 7 metri e pesante 10 tonnellate, la statua in bronzo del Lone Seafarer − un marinaio solitario che veglia sulla prua di una nave mercantile − presidia l’ingresso al palazzo dell’Organizzazione marittima internazionale (IMO) sulla riva sud del Tamigi, a Londra. È qui che è iniziato lunedì 27 gennaio il dodicesimo incontro del Sottocomitato per l'inquinamento, la prevenzione e la risposta (PPR-12) dell’IMO che dovrebbe decidere quale sia lo strumento legale migliore per introdurre norme obbligatorie per ridurre il rischio di perdite accidentali di pellet di plastica durante il trasporto marittimo. L'incontro si è chiuso il 31 gennaio senza nessun accordo sostanziale, a causa di quelle che secondo gli osservatori sono tattiche di ritardo operate da paesi come l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi e da rappresentati dell’industria petrolchimica, presenti all’incontro come osservatori accreditati.
Chiamati nurdles, plastica di pre-produzione, lacrime di sirena o granuli, i pellet di resina plastica hanno la forma di lenticchie, misurano circa cinque millimetri di dimensione e sono gli elementi costitutivi di tutte le materie plastiche più grandi. Dispersi nell’ambiente fungono sia da mezzo di trasporto che da potenziale fonte di sostanze chimiche tossiche. Nell’UE costituiscono la terza fonte di inquinamento da microplastiche.
Eventi di inquinamento da plastica dovuti al rilascio accidentale di pellet nell’ambiente marino sono stati documentati dal 2012 sia globalmente (Hong Kong, Sudafrica, Stati Uniti) che in Europa (Francia, Spagna, Belgio, Paesi Bassi e nel Mare del Nord), secondo quanto ricostruito sia dall’International Pollutants Elimination Network (IPEN) che da Surfrider Foundation.
L’IMO ha iniziato ad affrontare la questione del trasporto di pellet di plastica in seguito all'incidente del portacontainer X-Press Pearl al largo delle coste dello Sri Lanka nel maggio 2021, il più grave evento di inquinamento marino da plastica al mondo. A seguito di un incendio a bordo, la nave è affondata rilasciando nell’ambiente marino oltre 50 miliardi di pellet, di cui diverse tonnellate portate a riva dalle correnti marine, per un danno globale stimato tra i 5 e i 7 miliardi di dollari.
Approccio in due fasi: prima misure volontarie, poi obbligatorie
Riconoscendo l’impatto dannoso delle perdite di pellet di plastica come fonte di inquinamento da microplastiche, l’IMO è intervenuto attraverso un “approccio in due fasi” per regolarne il trasporto, sviluppando da prima delle raccomandazioni volontarie e lavorando poi per rendere tali raccomandazioni obbligatorie tramite la modifica di accordi internazionali esistenti per includervi i pellet.
Nel marzo 2024 durante la sua 82ª riunione, il Comitato per la protezione dell’ambiente marino (MEPC-82) ha approvato la Circolare 909 che include raccomandazioni per il trasporto di pellet di plastica in contenitori via mare, focalizzandosi su imballaggio, notifica e stivaggio dei pellet. Le Circolari del MEPC sono di natura volontaria, dunque i trasportatori marittimi sono tenuti ad applicarle solo secondo la discrezione dei singoli stati. Era stato inoltre deciso di affidare al PPR-12 la discussione sugli strumenti legali appropriati per rendere le raccomandazioni contenute nella Circolare 909 norme obbligatorie globalmente.
A tal fine, durante il PPR-11 tenutosi nel mese di febbraio 2024, due proposte avevano trovato sostegno significativo. La prima, avanzata da Germania e Paesi Bassi, suggeriva la creazione di un nuovo numero ONU per i pellet (i numeri ONU sono identificatori numerici univoci assegnati alle merci pericolose dalla dal Sottocomitato di esperti sul trasporto di merci pericolose della Commissione economica per l'Europa delle Nazioni Unite). La seconda, avanzata dall’Australia e da altri paesi, proponeva di modificare l’allegato III della Convenzione internazionale per la prevenzione dell’inquinamento causato da navi (MARPOL). Molti membri avevano concordato che le due proposte avrebbero potuto procedere in parallelo, poiché l'assegnazione di un numero ONU non rientra nel mandato dell'IMO.
Tuttavia, qualsiasi stato membro e osservatore accreditato (comprese ONG e altri portatori di interesse) può partecipare ai lavori di un comitato o di un sottocomitato, presentando documentali ufficiali per proporre soluzioni politiche, alternative o altri documenti che forniscano ricerca scientifica a sostegno o contro le politiche proposte. Tali proposte devono essere prese in considerazione ed è prassi che le decisioni siano prese sulla base del consenso.
Nella lista degli osservatori accreditati al PRR-11 figurano, tra gli altri, l’European Chemical Industry Council (CEFIC) con rappresentanti di Dow, Exxon Mobil e Plastics Europe e il Dangerous Goods Advisory Council (DGAC) un’organizzazione statunitense che “promuove il trasporto sicuro di materiali pericolosi a livello globale”. A novembre 2024 il DGAC e il CEFIC hanno presentato un documento comune con cui avanzano quattro nuove proposte su come includere i pellet all’interno di strumenti legali già esistenti. Queste proposte dovranno adesso essere discusse durante il PPR-12.
“Nella riunione del PPR di questa settimana probabilmente non ci saranno passi in avanti verso una decisione sulla scelta dello strumento appropriato per modificare tali misure obbligatorie”, aveva detto a Materia Rinnovabile in previsione dell'incontro Amy Youngman, Legal and Policy Specialist dell’Environmental Investigation Agency. “Dopo tre anni di discussione su quali siano strumenti e proposte per la migliore strada da seguire, il DGAC e il CEFIC hanno avanzato quattro nuove proposte, che obbligheranno a un altro anno di riflessione. Una di queste proposte è sostenuta dall’Arabia Saudita e dagli Emirati Arabi Uniti, che spesso [nelle discussioni del MEPC] ricordano che al momento sono in corso i negoziati per un Trattato globale sulla plastica e chiedono di attendere la conclusione di tali negoziati prima di prendere decisioni in seno all’IMO. Nell’ambito dei negoziati sul Trattato globale sulla plastica hanno però chiesto l’eliminazione delle norme sui pellet di plastica” dice Amy Youngman a Materia Rinnovabile.
Le tattiche di negoziazione dell’Arabia Saudita e degli Emirati Arabi Unite sono analoghe a quelle impiegate nell’ambito delle negoziazioni per un trattato globale sulla plastica. Sfruttando il metodo di decisione basato sul consenso, sono volte a ritardare l’adozione di decisioni efficaci contro l’inquinamento da plastica. I due paesi non sono però i soli a rallentare le decisioni dell’IMO sull’adozione di misure obbligatorie per il trasporto dei pellet in plastica. In un documento sottoposto anch’esso a novembre 2024 in vista del PPR-12, la Cina chiede di attendere nella implementazione della “seconda fase” sostenendo che “dovrebbe essere concesso tempo sufficiente affinché l'industria acquisisca esperienza nella fase attuale, [e] raccomanda che i passi futuri verso l'esplorazione di potenziali strumenti obbligatori siano intrapresi sulla base dell'esperienza di attuazione della Circolare 909 e approfondite durante le riunioni dell'IMO”.
Durante la settimana di lavori sono stati messi sul tavolo tutti gli strumenti possibili e sono stati raccolti i commenti dei vari portatori di interesse degli ultimi tre anni. Ma non c’è stata nessuna decisione né discussione sugli strumenti da adottare per ridurre il rischio di inquinamento da pellet di plastica durante il trasporto marittimo.
Gli impatti sul Regolamento UE per la prevenzione della dispersione dei pellet
Nella loro proposta che dovrà essere discussa al PRR-12, il DGAC e il CEFIC affermano che “i pellet di plastica non sono sostanze nocive/merci pericolose” e che nel caso di una loro aggiunta all’allegato III della MARPOL questo dovrebbe essere fatto “senza classificarli come sostanze nocive/merci pericolose”. Un approccio “completamente in disaccordo” con quello sostenuto dall’UE nello sviluppo della proposta di un Regolamento sul trasporto di pellet in plastica, ci aveva detto Amy Youngman.
La proposta originaria della Commissione, pubblicata il 16 ottobre 2023, non includeva il trasporto marittimo. Meno di due mesi dopo, però, è accaduto l’ultimo grande disastro ambientale dovuto alla perdita di pellet durante il trasporto marittimo, proprio in Europa. L’8 dicembre 2023, infatti il portacontainer Tonaco ha perso 25 tonnellate di pellet di fronte alle coste del Portogallo. Trasportati dalle correnti marine i pellet hanno inquinato quasi 1.500 km di costa della Galizia, in Spagna.
“Questa fuoriuscita ha evidenziato il sostanziale danno ambientale ed economico causato dalle perdite di pellet durante il trasporto marittimo. La Spagna, insieme ad altri paesi costieri, ha fortemente sostenuto l’inclusione del trasporto marittimo nella posizione del Parlamento [relativa al Regolamento]. Sebbene l’approccio generale del Consiglio abbia anch’esso incluso il trasporto marittimo, ha adottato una posizione meno ambiziosa, più in linea con il linguaggio contenuto nelle raccomandazioni dell’Organizzazione marittima internazionale.” Un primo incontro introduttivo del trilogo si è svolto venerdì 31 gennaio, durante il quale sarà esaminato anche il Regolamento, mentre le discussioni più approfondite sono attese per aprile o maggio.
In copertina: foto scattata da Soren Funk sulle coste dello Sri Lanka, via Unsplash