Harald Friedl è uno dei più noti sostenitori dell’economia circolare europei. Attivista, acceleratore dell’azione, maître à penser, imprenditore, mentore, e consulente, Harald è sempre presente quando emergono idee radicali dirompenti.
È stato Ceo di Circle Economy dal 2017 al 2020, un’organizzazione di impatto formata da 80 persone e con sede fuori Amsterdam, e cofondatore di Impact Hub Myanmar. È un consulente esperto e uno dei più attivi promotori dell’innovazione circolare, lavora come acceleratore della transizione verso l’economia circolare per il governo austriaco e fa parte dell’High Level Climate Action Champion’s Team della COP27 – e offre consulenze in tutto il mondo. È anche un amico e lettore di lunga data di Materia Rinnovabile. Lo abbiamo incontrato per una chiacchierata a 360° sui servizi circolari.
Harald, qual è lo stato dell’economia circolare in Europa?
“Molti pensano che la sostenibilità e l’economia circolare siano state posposte e messe nel dimenticatoio, a causa del conflitto in Ucraina e della realtà economica in trasformazione. Nello stesso tempo le persone stanno cominciando a capire che la circolarità non è qualcosa di separato che stiamo aggiungendo all’economia, ma deve essere al centro della visione di un sistema futuro sostenibile e rigenerativo. Questo è necessario affinché tutti possiamo avere un futuro prospero. Perché il tempo sta passando – assistiamo a un’accelerazione della distruzione degli ecosistemi a livello globale e i pattern climatici stanno cambiando. Tuttavia sono ottimista. Penso che la profonda trasformazione verso una maggiore indipendenza materiale sia ora – con la guerra in Ucraina – più che mai necessaria. Il sistema è pronto per il cambiamento, e abbiamo bisogno di più leadership. Le persone stanno cominciando a comprendere che in una situazione complessa non possiamo puntare su soluzioni a breve termine, dobbiamo pensare a lungo termine e coinvolgere tutti i soggetti interessati.”
Ci faccia qualche esempio.
“Sul fronte politico sono interessanti gli esempi di un cantone svizzero che ha incluso l’economia circolare tra i principi sanciti dalla costituzione o di una città olandese che sta vietando le pubblicità riguardanti la carne negli spazi pubblici. Inoltre è affascinante notare che i paesi guidati da donne hanno superato la crisi causata dal Covid in maniera migliore rispetto a quelli guidati da uomini. Penso che un nuovo stile di leadership olistica di servizio – nei nostri paesi, città e aziende – rappresenti il sistema adatto per costruire un futuro migliore per tutti.”
Però ci sono tantissime situazioni allarmanti sul medio termine.
“Io scelgo di rimanere ottimista. Certo, la scienza ci dice che abbiamo 7 o 8 anni per realizzare drastici cambiamenti ben radicati nella nostra economia per evitare il caos climatico. Dobbiamo dare ascolto a questo avvertimento e avere un’economia a emissioni nulle entro il 2050 – il più presto possibile. Inoltre – cosa altrettanto importante – dobbiamo concentrarci maggiormente sul nostro potenziamento e su come possiamo essere agenti del cambiamento. Sono davvero interessanti tutti gli sviluppi a livello globale che riguardano le comunità consapevoli e le Dao – organizzazioni autonome decentralizzate come i sistemi basati su processi decisionali, proprietà e gestione condivisi. Sta succedendo più di quanto la maggior parte delle persone pensi. Dobbiamo comprenderlo meglio ed esprimere il potenziale che le nuove tecnologie stanno mettendo a disposizione.”
Quali sono le competenze necessarie per accelerare la transizione verso l’economia circolare? Quali sono secondo lei gli esperti di cui abbiamo più bisogno oggi?
“Non credo che sia tanto la competenza tecnica quello che manca, la necessità urgente è quella di potenziare le capacità che consentono di accelerare la transizione. E naturalmente dobbiamo aggiornare i piani di studi nelle scuole e nelle università per essere sicuri che alle nuove generazioni venga insegnato ciò di cui abbiamo veramente bisogno per costruire un futuro pulito. Consapevoli delle nostre competenze dobbiamo focalizzarci sul rafforzamento delle nostre capacità in quattro settori fondamentali.
Primo, abbiamo bisogno di persone che lavorino come acceleratori del cambiamento del sistema, persone che possano realizzarlo. Persone che abbiano una conoscenza dei contenuti e possano essere propulsori della collaborazione tra i soggetti coinvolti, il che è l’ideale a livello statale e regionale.
Secondo, dobbiamo creare delle ‘oasi protette’ per una conversazione onesta sul cambiamento dei sistemi. Questa conversazione deve svolgersi in uno spazio sicuro e credibile in cui pubblico e privato si incontrino; dove possano riconoscere le responsabilità di ognuno e avere una visione idonea a risolvere il problema sistemico. Questo può essere fatto riconoscendo i problemi e trovando soluzioni sul lato politico ed economico. Inoltre dobbiamo fare in modo che aumenti la fiducia nell’economia circolare, nello stesso modo in cui abbiamo riunito l’intera filiera del settore tessile per avere chiarezza riguardo all’intera catena di rifornimento. Il processo è stato difficile, anche a causa delle leggi sulla concorrenza, ma una volta che riciclatori, produttori, clienti e investitori si sono trovati insieme, la giusta soluzione emersa è stata quella di trovare spazio per il cambiamento.
Terzo, abbiamo bisogno di competenze a livello politico. Detto questo, siamo pronti a realizzare questo progetto con i vari settori industriali per garantire che l’economia circolare venga assicurata, risolta e lasciata libera di agire.
Quarto, dobbiamo fare in modo che anche il mondo finanziario si allinei. Penso che sul fronte finanziario si stia cominciando a capire che puntare sui ritorni a breve termine non risolverà nessun problema. I segnali provenienti dai Ceo di Blackrock stanno tracciando la strada e sono di estrema importanza.”
Concentriamoci sui servizi finanziari. Può parlarci di esempi e dati interessanti?
“Guardiamo semplicemente alle notizie degli ultimi mesi e vediamo cosa sta accadendo: Polestar Capital che annuncia il lancio del più grande fondo per l’economia circolare in Europa; Hsbc o Blackrock che istituiscono un fondo di investimento per l’economia circolare; uno dei primi fondi ad adottare l’economia circolare – Circular Innovation Fund – che annuncia l’arrivo di nuovi investitori, o il settore finanziario olandese che presenta una roadmap per l’economia circolare all’inizio di quest’anno. Questi sono segnali davvero positivi. Stanno per essere impiegate grandi quantità di denaro con la giusta intenzione. Secondo me il nostro compito principale deve essere quello di cambiare il contesto politico per rendere la circolarità un business concreto.”
Qual è il ruolo degli incubatori e degli acceleratori come servizio per l’economia circolare?
“Il ruolo degli acceleratori è di integrare e creare un ponte tra il settore privato e quello pubblico. Io ho lavorato per l’acceleratore austriaco, un’iniziativa nata dal governo in partnership con il ministro dei cambiamenti climatici e dell’economia circolare. Dal mio punto di vista tre sono i fatti principali: primo, c’è un grande desiderio di fare di più. Le industrie di tutti i paesi, di tutti i settori, stanno pensando a come ridefinire il loro business per il futuro e stanno cominciando a pensare in maniera circolare. Secondo, quello che stiamo osservando è che le grandi aziende si rendono conto che non possono farlo da sole. Questo è limitante, ma anche incoraggiante per il futuro. Stanno cercando di coinvolgere sia startup sia decisori politici per realizzare il cambiamento. Il terzo concetto è un grido, la richiesta di azione immediata. Penso che sia rassicurante vedere nascere ovunque opportunità per le imprese circolari. Però sarebbe ancora più incoraggiante se questo percorso fosse allineato alla roadmap relativa ai cambiamenti climatici. Insieme al governo e al settore industriale dobbiamo creare piani d’azione e roadmap strettamente coordinati in tema di economia circolare e clima, per fare in modo che si realizzi la sinergia sugli obiettivi tra la previsione e la creazione delle politiche governative e la necessaria azione economica.”
I governi possono avere un ruolo nel favorire l’innovazione?
“I governi devono ideare roadmap che diano sicurezza all’industria riguardo alla destinazione di questo viaggio. Il settore industriale implementerà i cambiamenti solo se la politica darà segnali chiari. Certo, vediamo alcuni incredibili precursori che guidano il cambiamento, come il fondatore di Patagonia, Yvon Chouinard, ma questi sono casi eccezionali che non si verificano molto spesso. La realtà del business è che le aziende sono limitate allo spazio di manovra consentito dai loro investitori finanziari, dai mercati azionari e dalle normative.
Inoltre, abbiamo bisogno di una visione, di fiducia e dell’inclusione di tutte le diverse voci. Recentemente a una conferenza ho invitato ministri, rappresentanti governativi, i principali Ceo austriaci e uno dei portavoce di Fridays for Future, un volto giovane e fresco che ha spiegato cosa significa per i giovani un’economia trasformata. Il risultato è stato che i partecipanti erano ispirati e tutti hanno sottolineato la necessità di operare questa trasformazione. Il mio obiettivo era di rendere questa visione chiara per il paese. Credo che quando avremo chiara questa immagine i percorsi da seguire per l’azione diventeranno più espliciti. Inoltre dobbiamo cominciare a evitare i comportamenti opportunistici nell’ambito dei valori liberali della nostra società. Questa è una cosa che deve finire.”
Qual è il ruolo dei paladini, degli educatori e dei sostenitori nella transizione verso la circolarità, dato che lei è uno dei più conosciuti tra loro?
“L’ultima volta qualcuno mi ha definito ‘cheerleader dell’economia circolare’. Il mio obiettivo è di mettere le persone in condizioni di poter agire. Questo è un ruolo essenziale, con tutti coloro che stanno operando in questo senso. Le faccio un esempio: stavo parlando a una leader politica europea e lei mi disse ‘Grazie per avermi parlato perché ero bloccata da convinzioni limitanti. Mi ero dimenticata della visione’. Penso che il nostro sistema politico non sia strutturato per sostenere visioni forti, per pensare a un futuro positivo o per permettere alle persone di ottenere il meglio dagli altri.
Di conseguenza abbiamo bisogno di più persone, più giornali e più piattaforme di comunicazione che contribuiscano a diffondere la conoscenza e i valori. Chi viene ascoltato, chi ha migliaia di follower su diverse piattaforme, ha una grande responsabilità nel generare contenuti di qualità. Si spera che anche i social media si concentrino maggiormente sul contenuto – ecco perché recentemente ho aperto un canale su Tik Tok. Questi sono importanti porti sicuri e punti di ancoraggio in un mondo in cui si sta perdendo di vista quello che conta, ma, fortunatamente, nelle persone c’è un crescente bisogno di sentire queste voci.”
Cosa può dire per ispirare più pensatori a mettersi alla guida di questo movimento?
“Penso che non ci sia niente di più bello che cercare di contribuire al benessere generale nel mondo. Lo credo davvero. Effettivamente essendo parte di un sistema, qualunque sia il proprio ruolo, seguire una sorta di modello di leadership di servizio per il miglioramento della nostra società è molto soddisfacente. Mi dà molta serenità e un senso di utilità.
Credo, però, che riguardo alla sostenibilità e all’economia circolare non abbiamo abbastanza comunicatori di alto livello. Questo è davvero un problema perché il messaggio è complesso e non ci sono abbastanza persone che si fanno avanti per condividere quello che sentono. Ho una forte sensazione che si sia abusato troppo del termine ‘sostenibilità’. C’è stato troppo whitewashing. Le persone non si fidano più. Dobbiamo essere sicuri che non stia succedendo altrettanto con i concetti di economia circolare e rigenerazione, che guideranno le nostre azioni in questo decennio. È più che mai necessaria una comunicazione responsabile a tutti i livelli.”
Abbiamo bisogno di un contesto tecnologico migliore per ricerca e sviluppo e per l’innovazione?
“L’Unione europea con il Green Deal ha stanziato moltissimo denaro a questo scopo. Mancano chiarezza e orientamento. Oggi mi sembra che il mondo dell’innovazione stia andando dove lo porta il vento. Quello che manca un po’ è la chiarezza riguardo agli ambiti in cui sono necessari grandi investimenti, per fare in modo che abbiano la priorità e per assicurarsi che gli obiettivi vengano raggiunti. C’è ancora una carenza di piani generali, specialmente a livello regionale e nazionale. E qui torniamo al tema della leadership politica lungimirante e della buona comunicazione. Anche se riguardo al capitale di rischio si è diventati più cauti a causa delle crisi attuali, i soldi ci sono. Servono orientamento e intenzioni chiare. I negoziati sul clima a livello globale, all’interno della COP27 e intorno a essa, rappresentano un’altra chance per il settore per comunicare il proprio allineamento e i propri impegni, e dimostrare una determinazione ad agire. Io sono davvero ottimista perché le persone in ogni parte del sistema si stanno mobilitando per fare quello che serve davvero: aprirsi all’inclusione, a una transizione equa e alla prosperità per tutti.”
Immagine: Mika Baumeister (Unsplash)
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