Parlare di economia circolare non è mai stato così urgente. Se il conflitto in Ucraina e la crisi internazionale sembrerebbero aver messo in secondo piano le emergenze climatiche e ambientali del pianeta, basta portare il discorso solo poco più in là delle giuste paure e preoccupazioni umanitarie per accorgersi di quanto le radici della crisi affondino nella cronica fame di risorse del mondo.
Ed è proprio su questo punto che si è soffermato
Frans Timmermans, vicepresidente esecutivo per il Green Deal europeo, inaugurando la quinta edizione della Circular Economy Stakeholder Conference, svoltasi l’1 e 2 marzo a Bruxelles e online. “La guerra aggiunge ora un'ulteriore dimensione allo sforzo incredibilmente urgente che dobbiamo intraprendere per la transizione verso un’economia green. – ha detto Timmermans - La transizione ci libererà dalla dipendenza dalle importazioni di energia e altre risorse e l’economia circolare, nello specifico, ci consentirà di ridurre la domanda di materie prime e di utilizzare molta meno energia per la produzione e il consumo”. Ma, aggiunge, “non abbiamo molto tempo. E il nuovo rapporto dell’IPCC non fa che confermarlo una volta di più”.

Doppia emergenza e ottimismo circolare

L’edizione 2022 della Stakeholder Conference sarebbe dovuta essere quella della ripresa e dell’attesa distensione dopo la pandemia. Si è svolta invece sotto il segno di una doppia emergenza: la crisi geopolitica e quella climatica, ribadita drammaticamente dal rapporto IPCC pubblicato il 28 febbraio. Eppure, nonostante la pesantezza di questi giorni e il senso di urgenza sempre più pressante, non è mancato l’ottimismo. Partendo, innanzitutto, dalla lunga intervista a Ellen MacArthur, che da dieci anni ormai (la Fondazione è nata nel 2012) è il volto internazionale dell’economia circolare.
La verità è che abbiamo appena cominciato a capire cosa veramente è l’economia circolare – ha esordito MacArthur – Dal design all’educazione, dal business alla finanza: si tratta di cambiare l’intero sistema, di costruirne uno nuovo. Ma ci sono segnali incoraggianti che ci stiamo muovendo nella giusta direzione”. “E il successo maggiore del lavoro di questi anni – ha aggiunto - è che l’economia circolare è finalmente percepita come un’enorme opportunità. È un’ispirazione, è il messaggio positivo di cui le giovani generazioni hanno bisogno”.
Ribadendo poi la necessità di agire sempre più in fretta e accelerare il cambiamento, ha sottolineato quelli che in un certo senso sono stati i fili conduttori delle due giornate: la necessità di guardare contemporaneamente al livello microscopico (dei singoli prodotti) e macroscopico (del sistema); il bisogno di metriche precise e condivise per valutare i risultati finora ottenuti e capire come direzionare gli investimenti.

La visione del dettaglio: la Sustainable Product Initiative

A due anni esatti dall’adozione del nuovo Circular Economy Action Plan, la Commissione europea si appresta, a fine marzo, ad approvare la Sustainable Product Initiative, di fatto la parte più importante di tutto il Piano. Se già nell’ultima edizione della Stakeholder Conference la discussione su come far diventare i prodotti sostenibili la norma per il mercato europeo era stata il focus principale, quest’anno a maggior ragione si è cercato di dare concretezza a quello che si annuncia come un vero cambiamento epocale non solo per le aziende, ma anche per i consumatori.
La SPI trasformerà le regole del gioco, il cambiamento diventerà sistemico”, ha sottolineato Kestutis Sadauskas, della direzione generale per l’Ambiente della Commissione. I nuovi prodotti – come ha spiegato Timmermans - dovranno essere durevoli, completamente riciclabili, chimicamente sicuri e realizzati, per quanto possibile, con materiali riciclati.
Ma per essere sicuri che i prodotti obbediscano a determinati standard bisognerà rendere accessibili a tutti le informazioni che riguardano materiali, funzionalità e riciclabilità. “Un ruolo fondamentale lo avrà il passaporto digitale dei prodotti - spiega Sadauskas - Le informazioni infatti si perdono spesso lungo la catena del valore, ma con l’aiuto delle tecnologie digitali saremo in grado di conservarle e sapere sempre che tipo di materiale abbiamo in mano, come può essere utilizzato, riparato, riciclato o dismesso in sicurezza. Deve diventare sistematico”.
Se a valle della catena saranno fondamentali le informazioni, il destino di un prodotto lo si determina però a monte, in fase di design. “Ormai sappiamo che l’80% degli impatti ambientali di un prodotto sono conseguenza di come è stato progettato”, ha ricordato Delara Burckhardt della Commissione Ambiente. La Sustainable Product Initiative si basa infatti sulla direttiva Ecodesign, andando però oltre i soli requisiti di efficienza energetica da cui si era partiti e allargandone l’azione a molte più categorie di prodotti. “Come primo passo – ha detto Timmermans - stiamo prendendo in considerazione i prodotti a più alto impatto dove le sfide ambientali sono maggiori: tessile, arredamento, elettronica, acciaio e prodotti chimici”. Nell’agenda dei prossimi mesi ci sarà dunque la Textile Strategy europea, ma anche la revisione della Direttiva sul Packaging, che interessa in realtà quasi tutti i mercati.

Il quadro generale: un bilancio di 5 anni di Stakeholder Conference

Passando dal dettaglio dei prodotti al quadro generale, gli interventi della Stakeholder Conference si sono poi concentrati sul contributo dell’economia circolare nel raggiungimento degli obiettivi climatici e nella difesa della biodiversità. “Sappiamo che i modelli di consumo esistenti stanno devastando la biodiversità: oltre il 90% della perdita di biodiversità e dello stress idrico deriva dall'estrazione e dalla lavorazione delle risorse. E sappiamo che la metà delle emissioni totali di gas serra deriva dall'estrazione e dalla lavorazione delle risorse. - ha ricordato Franz Timmermans - È per questo che la transizione circolare è il cuore del Green Deal europeo”.
Dopo cinque anni di Stakeholder Conference, possiamo dire che è stato raggiunto un importante livello di consapevolezza sull’economia circolare”, ha quindi ribadito Cillian Lohan, vicepresidente della European Economic and Social Committee, nel suo discorso di chiusura dei lavori. Cinque anni fa, quando abbiamo iniziato, l’economia circolare era ancora sinonimo di riciclo. Oggi parliamo di riuso, di allungamento della vita del prodotto, di design. Va detto però che, guardando la questione dal punto di vista dei consumatori, forse ci stiamo sforzando troppo di promuovere il concetto di economia circolare invece dei suoi vantaggi pratici, che sono la cosa che interessa di più alle persone. Inoltre, - ha aggiunto - l’idea che i prodotti sostenibili debbano costare di più, come se il prezzo alto fosse una garanzia della loro sostenibilità, è un problema. Dobbiamo rendere questi prodotti il più accessibili ed economici possibile”.
“Se devo tuttavia trarre un bilancio di questa quinta edizione della Stakeholder Conference – ha concluso Lohan – dobbiamo soprattutto essere soddisfatti della cooperazione fra tutti i livelli istituzionali e fra questi e il mondo del business e della società civile. Spesso le istituzioni europee vengono criticate per essere troppo distanti dai cittadini, ma con la Stakeholder Platform abbiamo voluto creare un vero spazio di condivisione di informazioni concrete. Non siamo qui per fare una chiacchierata a porte chiuse tra noi: siamo qui per mettere in pratica soluzioni e misurarne i risultati”.

Immagine: Sara Kurfess (Unsplash)