Isernia, Belluno e Savona: cosa accomuna queste città apparentemente così lontane e diverse? Il fatto di essere sul podio delle città più naturali d’Italia. A pubblicare la classifica è 3Bee, la naturetech company che sviluppa tecnologie per il monitoraggio, la tutela e la rigenerazione della biodiversità, che in occasione della Giornata Mondiale dell’Habitat 2024 promuove il concetto di Nature Positive con l’obiettivo di generare un effetto positivo attivo sugli ecosistemi.

Una classifica stilata grazie alla sua innovativa Environmental Digital Platform, che consente a imprese e municipalità di analizzare i propri impatti sulla natura per ottenere una strategia climatica personalizzata, fornendo allo stesso tempo una fotografia dettagliata dello stato della biodiversità urbana nel nostro paese ed evidenziando l’importanza di strategie climatiche basate su dati scientifici per preservare la biodiversità.

Il parametro MSA_LU: abbondanza media di specie per uso del suolo indiretta

La classifica di 3Bee comprende 112 capoluoghi di provincia italiani valutati in base al parametro MSA Land Use, l’abbondanza media di specie per uso del suolo indiretta, un indicatore dell’integrità della biodiversità locale utilizzato per valutare l’impatto delle attività umane sull’ambiente naturale.

Il parametro MSA è calcolato confrontando l'abbondanza delle specie in una zona con la loro abbondanza in un ambiente totalmente naturale (cioè non coinvolto da attività umane). L’MSA varia da 0 a 1, dove 1 indica che la distribuzione delle specie nella zona in analisi è completamente intatta, mentre 0 indica una regione o area totalmente antropizzata e artificiale. In questa analisi è stato utilizzato un sottoparametro dell’MSA, il Land Use (MSA_LU), che considera principalmente l’uso del suolo, calcolato grazie all’integrazione con i dati satellitari e l’esperienza di 3Bee nel definire le categorie di uso del suolo.

Le 10 città più naturali d’Italia

La classifica stilata da 3Bee mette in luce le città che si distinguono per la loro capacità di mantenere un ambiente ricco di biodiversità. Analizzando la top ten delle città capoluogo di provincia più naturali d’Italia, sul podio, in ordine, troviamo appunto Isernia, Belluno e Savona, con un MSA_LU superiore a 0.9. Si tratta di città situate in regioni che beneficiano di un'ampia copertura vegetale e di un basso livello di antropizzazione, elementi che contribuiscono a favorire il mantenimento della biodiversità.

Al quarto e al quinto posto, con valori di MSA_LU intorno allo 0.89, ci sono L’Aquila e Ascoli Piceno, che beneficiano della vicinanza rispettivamente al Parco nazionale del Gran Sasso e al Parco nazionale dei Monti Sibillini. La complessità morfologica delle aree circostanti, caratterizzate da montagne, ricca vegetazione e fiumi, contribuisce a preservare una diversità significativa di specie, mitigando le pressioni derivanti dall'urbanizzazione.

Dal sesto al decimo posto ci sono Pistoia, Reggio Calabria, Lucca, Massa e Messina, con un MSA_LU compreso tra 0.85 e 0.87, dovuto a una combinazione di copertura vegetale significativa e varietà di habitat, che includono aree costiere e montane, permettendo il mantenimento di un’elevata biodiversità.

Nelle grandi città la biodiversità è a rischio

Le grandi città italiane mostrano significative criticità in termini di biodiversità: Milano, con un MSA_LU di 0.43 e posizionata al 98° posto, soffre particolarmente a causa della grande cementificazione e della scarsa copertura vegetale, elementi che riducono drasticamente la resilienza ecologica della città. Roma, al 66° posto con un MSA_LU di 0.57, pur vantando numerosi parchi storici, è penalizzata dall’espansione urbana incontrollata e dalla frammentazione degli habitat, che contribuiscono a limitare la connettività ecologica e la capacità della capitale di sostenere una biodiversità ricca. Torino (91° posto), Napoli (92° posto) e Catania (93° posto), con un MSA_LU che si aggira intorno allo 0.47, affrontano problemi simili: l’urbanizzazione intensa e la cementificazione. Mancanti i dati relativi alla gestione delle aree verdi che potrebbe, in caso di negligenza, contribuire a una biodiversità limitata in queste città.

La piattaforma di monitoraggio 3Bee

Grazie alla qualità e alla rilevanza dei dati ottenuti con la nuova Environmental Digital Platform, la prima piattaforma di monitoraggio della biodiversità a livello mondiale, 3Bee è stata selezionata per presentarla alla COP16 di Cali, che si svolgerà dal 21 ottobre al 1 novembre 2024. Un evento internazionale interamente dedicato alla biodiversità per discutere scientificamente le misure da adottare per la tutela degli ecosistemi in coordinamento con le più alte istituzioni globali.

La piattaforma 3Bee, i cui processi e protocolli sono stati sviluppati in collaborazione con l’Agenzia spaziale europea, è una risposta alle crescenti esigenze di regolamentazione e compliance da parte delle imprese, che si trovano oggi di fronte a una nuova sfida: misurare e rendicontare il proprio impatto su natura, biodiversità e clima secondo standard normativi rigorosi. La Direttiva CSRD e i principali standard di rendicontazione internazionali impongono alle aziende, per la prima volta, di adottare un approccio strutturato alla gestione dei rischi legati agli ecosistemi. Grazie a questo approccio, 3Bee aiuta i propri partner a elaborare una strategia climatica completa. La piattaforma assegna infatti un punteggio di rischio che evidenzia su quali tra i propri siti sia necessario intervenire con priorità, guidando la pianificazione strategica in conformità con la Direttiva CSRD e gli standard internazionali, tra cui ESRS E4 e GRI 101.

In particolare 3Bee aggrega dati per restituire quattro indici chiave. Il Nature Impact Risk, che misura la resilienza di imprese e municipalità ai cambiamenti climatici e alle avversità naturali. Il Nature Dependencies Risk, che stima le dipendenze di imprese e municipalità dai servizi ecosistemici fondamentali attraverso un’analisi di doppia materialità. Il Climate & Physical Risk, che valuta l’impatto delle attività aziendali su habitat ad alta biodiversità e con specie a rischio. E il Biodiversity Risk, che monitora l’impatto complessivo di tutti i siti aziendali sugli ecosistemi e sulla natura.

 

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Immagine: Josephine Baran, Unsplash