Viene chiamata carbon border tax e ha un obiettivo molto preciso: evitare che le emissioni di prodotti ad alto impatto carbonico sfuggano al sistema ETS (Emissions Trading System) e vengano rilocalizzate all’estero annacquando gli impegni climatici europei e creando una concorrenza sleale all’interno del mercato. Ecco perché l’accordo raggiunto tra Consiglio e Parlamento europeo sul Carbon Border Adjustment Mechanism (CBAM) – che impone la carbon border tax - è un importante tassello dell’ambizioso pacchetto di riforme e obiettivi climatici proposti nel Fit For 55 package.
Operativo da ottobre 2023, il CBAM prevede una tassa sulle emissioni di carbonio che inizialmente riguarderà una serie di prodotti specifici in settori ad alto impatto carbonico. Si tratta di ferro e acciaio, cemento, fertilizzanti, alluminio, elettricità e idrogeno. Tutte le aziende che li importano dovranno acquistare certificati per coprire le emissioni di CO2 in essi incorporate, a meno che non si dimostri che siano già state contabilizzate dalla legislazione sul clima del Paese da cui arriva il prodotto.
La carbon tax europea per aggiustare lo schema ETS
Introdotto nel 2005, lo schema ETS regola gli scambi di quote di emissioni di CO2 di circa 11mila compagnie europee del settore energetico e aeronautico, fissando un tetto massimo complessivo di emissioni che queste possono rilasciare.
Per anni il sistema ETS europeo ha cercato di incoraggiare la decarbonizzazione attraverso il libero scambio delle quote di emissioni. Allo stesso tempo però ha fatto in modo che molte aziende, spostando la loro produzione all'estero, rilocalizzassero (carbon leakage) le loro emissioni per non pagare alcuna tariffa.
Bruxelles ha cercato di mitigare questo fenomeno attraverso assegnazioni gratuite a determinate industrie, ma per vie dei sempre più ambiziosi target climatici e l'aumento dei prezzi del carbonio (oggi un credito costa 88 euro) è prevista dall’accordo una graduale eliminazione di questi permessi (free allowances).
"Per la prima volta garantiremo un trattamento equo sia verso quelle imprese europee che pagano il prezzo delle quote di CO2 emesse, sia verso i concorrenti stranieri che non lo fanno - ha dichiarato Pascal Canfin, eurodeputato a capo della commissione per l'ambiente del Parlamento europeo - Questo è un passo importante che ci consentirà di fare di più per il clima, proteggendo le nostre imprese e i nostri posti di lavoro".
Nei negoziati, il Parlamento europeo ha spinto per ampliare il numero di settori coperti dalla tariffa rispetto a quanto suggerito dalla proposta della Commissione europea nel 2021, aggiungendo anche l’idrogeno. Nel teso dell’accordo si legge che sebbene le importazioni di idrogeno siano attualmente piuttosto basse, è prevista una crescita esponenziale nei prossimi anni e che la sua tassazione appare meno complessa rispetto all'inclusione di altri settori.
“Il meccanismo CBAM sarà un pilastro cruciale delle politiche climatiche europee - ha aggiunto Mohammed Chahim, capo negoziatore del Parlamento europeo - È uno dei pochi sistemi che abbiamo per incentivare i nostri partner commerciali a decarbonizzare la loro industria manifatturiera".
L'accordo deve essere ancora confermato dagli ambasciatori degli Stati membri per essere adottato in via definitiva. Questo accordo provvisorio dipende da alcuni aspetti che sono rilevanti per il meccanismo e che devono essere specificati in altri atti legislativi del Fit For 55 package sui quali sono ancora in corso i negoziati.
Immagine: Tingey Injury Law Firm (Unsplash)