Quando sono nate, nell’ultimo decennio del ventesimo secolo, le etichette alimentari (note, fra gli addetti ai lavori, anche come codici PLU, acronimo di Price Look Up) sono state concepite per fornire ai consumatori una serie di informazioni relative alla frutta e alla verdura vendute nei mercati e nei supermercati. Rivelano il modo in cui gli alimenti sono stati coltivati, ci dicono se provengono da agricoltura biologica, se sono stati concimati usando fertilizzanti chimici, se sono prodotti OGM. Informazioni utilissime per aumentare la trasparenza.

Il problema ambientale dietro alle etichette

Dietro alla diffusione di queste etichette, diventata obbligatoria in moltissimi paesi del mondo, c’è però anche un problema ambientale. Gli adesivi infatti sono stati finora realizzati senza preoccuparsi del loro fine vita e quindi del materiale con cui venivano realizzati. Il problema è cresciuto man mano che si è diffusa la raccolta differenziata dei rifiuti organici. Questi ultimi, se opportunamente trattati all’interno degli impianti di compostaggio, sono infatti una fonte preziosa di “materia prima” da destinare alla produzione di fertilizzanti naturali, in grado di riportare sostanza organica nei terreni agricoli (il compost, appunto).

Ma che cosa succede se sulle bucce della frutta e sugli scarti della verdura rimangono attaccate le etichette adesive? Se sono realizzate in materiale non compostabile, c’è il concreto rischio che esse rappresentino un ostacolo al compostaggio dei rifiuti organici, aumentando gli scarti che poi devono essere smaltiti nei termovalorizzatori o nelle discariche. Oppure peggiorando la qualità del compost finale.

Un incontro dirimente

Per cercare di risolvere il problema, nelle settimane scorse si è tenuto a Niagara Falls, in Canada, un primo incontro mondiale tra i rappresentanti dell’industria dei prodotti agricoli freschi e le organizzazioni dei compostatori. Obiettivo: accelerare l’utilizzo di etichette PLU compostabili certificate. In particolare, è stato trovato un accordo per sviluppare un percorso quadro in grado di supportare e facilitare la transizione al compostabile, attraverso lo sviluppo e l’adozione di uno standard globale per etichette alimentari compostabili.

L’incontro è stato organizzato congiuntamente dalla Canadian Produce Marketing Association e dal Compost Council of Canada, con il supporto del governo canadese. A esso hanno preso parte membri dell’International Federation of Produce Standards (IFPS) oltre a rappresentanti del settore dei prodotti freschi. Tra loro, l’International Fresh Produce Association e l’industria globale del compost, rappresentata tramite l’International Compost Alliance (ICA), con esponenti arrivati da Stati Uniti, Unione Europea, Irlanda, Italia, Regno Unito e Australia. “Le etichette PLU sono parte integrante delle catene di fornitura globali di prodotti freschi. Pertanto il dialogo tra i rappresentanti dell’industria dei prodotti freschi e di quella del compostaggio è un tassello indispensabile”, ha affermato il presidente della Canadian Produce Marketing Association, Ron Lemaire. Il piano d’azione delineato durante l’appuntamento canadese dovrebbe essere ulteriormente approfondito nelle prossime settimane, per arrivare a essere finalizzato entro l’inizio del 2025.

L’importanza di avere un unico standard

“Accelerare l’adozione di PLU compostabili è una priorità globale”, prosegue Lemaire. “Altrimenti c’è il rischio che i requisiti PLU compostabili divergano sempre di più da un paese all’altro. L’unione delle industrie di prodotti freschi e compostaggio contribuirà a ridurre il carico sulle complesse filiere di fornitura di prodotti freschi, garantendo al contempo la trasformazione degli scarti alimentari in prodotti a valore aggiunto.”

L’esigenza di accelerare verso la compostabilità delle etichette PLU è dettata anche dal fatto che, all’interno dell’Unione Europea, esse dovrebbero diventare obbligatorie entro il 2028. “La notizia dell’accordo di Niagara Falls va salutata con grande soddisfazione”, spiega Massimo Centenero, direttore del CIC, Consorzio italiano compostatori che ha partecipato con propri rappresentanti ai lavori. “La scelta di utilizzare etichette compostabili ha un valore triplice. Porterà a limitare la plastica tradizionale nel settore dell’agrifood, agevolerà il processo di compostaggio aumentando anche la quantità di materia prima trasformata e manda il chiaro messaggio che solo i materiali compostabili certificati garantiscono la massima compatibilità con processi e prodotti del riciclo organico.”

L’esperienza italiana, in tal senso, è indubbiamente virtuosa. Da tempo infatti il nostro paese ha investito sul fronte dei materiali compostabili, da utilizzare in agricoltura o per favorire e semplificare la raccolta degli scarti umidi o, ancora, per sviluppare applicazioni in grado di risolvere i problemi causati dal monouso in plastica tradizionale: piatti, bicchieri, posate compostabili e pellicole per gli imballaggi, conferiti insieme al resto dei rifiuti organici, diventano anch’essi compost all’interno degli impianti di trattamento. In questo percorso, si inseriranno a pieno titolo anche le nuove etichette compostabili.

 

Questo articolo è stato originariamente pubblicato su resoilfoundation.org

 

Immagine: Robin Ramos, Pexels