Secondo le previsioni della International Energy Agency (IEA) contenute nel rapporto Hydropower Special Market Report, tra il 2021 e il 2030 la capacità idroelettrica globale è destinata ad aumentare del 17%. Una cifra pari a 230 GW, ma comunque inferiore del 23% rispetto al decennio precedente. Una frazione, se paragonata alle stime della stessa IEA per fotovoltaico ed eolico, responsabile del 95% dei 7.300 GW di nuova capacità rinnovabile prevista nel periodo 2023-2028. L’energia idroelettrica è insomma la tecnologia rinnovabile più matura, beneficiaria di oltre un secolo di sviluppo, ma non per questo meno strategica nel processo di decarbonizzazione del settore energetico.

L’integrazione di quote maggiori di fonti rinnovabili non programmabili, come sole e vento, richiede alla rete flessibilità e stabilità, oltre che sistemi di accumulo per immagazzinare l’energia in eccesso. Un servizio che può essere svolto dalle centrali idroelettriche con sistema di pompaggio, infrastrutture che per loro natura sono tipicamente realizzate in montagna. Come gigantesche batterie, questi impianti stoccano infatti energia pompando l'acqua da un bacino inferiore a un bacino superiore e rilasciandola attraverso le turbine quando è necessaria. Una tecnologia chiave che al 2030 rappresenterà il 30% degli incrementi netti di energia idroelettrica, a fronte del “classico” idroelettrico a bacino (50%) e ad acqua fluente (20%).

Materia Rinnovabile ha visitato, lo scorso marzo, il più grande impianto a pompaggio d’Italia, nonché uno dei più potenti d’Europa: la centrale di Entracque, sulle Alpi.

Entracque, la più grande centrale idroelettrica a pompaggio d’Italia

Lasciandosi alle spalle la città di Cuneo e la Pianura Padana, sotto i fiocchi di una nevicata la conca glaciale della Valle Gesso si rivela in tutta la sua quiete. A 850 metri sul livello del mare, il paese di Entracque è lì al suo centro, alla confluenza di tre torrenti, sovrastato dall’omonima centrale. Tutt’intorno le Alpi Marittime, che in quel punto superano i 3.000 metri. Intitolato all’ex presidente della Repubblica italiana Luigi Einaudi, l’impianto di Entracque comprende due invasi: quello di Chiotas, a quasi 2.000 metri di quota, e la diga della Piastra, mille metri più in basso. I due serbatoi, alti rispettivamente 130 e 30 metri, ospitano in totale 42 milioni di metri cubi d’acqua.

Entracque è una centrale a pompaggio puro, in cui la turbina è associata a una pompa che sposta la stessa acqua da una diga all’altra, in un ciclo potenzialmente chiuso. I gruppi di generazione sono 9, per una capacità operativa totale di 1.200 MW, che ogni anno soddisfa il fabbisogno energetico di 160.000 famiglie, risparmiando all’atmosfera quasi 200.000 tonnellate all’anno di anidride carbonica.

“Gli otto gruppi di generazione della derivazione del Chiotas, l’invaso superiore, sono costituiti da due macchine: una macchina elettrica e una macchina idraulica, entrambe reversibili. Invertendo semplicemente il senso di rotazione possono funzionare da turbina e generatore elettrico oppure da motore elettrico e pompa”, spiega durante la visita Andrea Poggi, responsabile dell'Area Nord-Ovest di Enel Green Power Italia, attuale gestore della centrale di Entracque.

Il nono gruppo sfrutta invece una tecnologia differente. È separato ed è posizionato al termine della condotta forzata che mette in comunicazione il Lago della Rovina, invaso naturale posizionato lungo il corso del torrente Gesso, tra la diga del Chiotas e quella della Piastra, più a valle. “A differenza degli altri gruppi, quello di Rovina non è costituito da una turbina Francis classica multistadio, ma da due macchine idrauliche. Ciò consente di dare alla rete servizi aggiuntivi al pompaggio e all’accumulo, che le semplici turbine pompe reversibili non sono in grado di offrire”, continua Poggi. “In fase di generazione, l’assetto del Rovina funziona come un normale gruppo idroelettrico, fornendo servizi di regolazione di frequenza primaria e secondaria. Il gruppo è inoltre in grado di ‘riaccendere la rete’. In caso di blackout, è cioè in grado di rimettere tensione permettendo al sistema di ripartire. Sono funzioni che derivano dalla possibilità di avere sulla turbina un distributore che regola l'afflusso di acqua nella macchina. Fra tutte le tecnologie rinnovabili, l'idroelettrico a bacino è del resto l'unica tipologia in grado di regolare l'immissione di potenza in rete e quindi di offrire tutti quei servizi che altrimenti un impianto fotovoltaico, eolico ma anche idroelettrico ad acqua fluente non possono fornire.”

Il potenziale dei sistemi di accumulo idroelettrici, eredità dell’era nucleare

La necessità di stoccare il surplus energetico utilizzando sistemi a pompaggio non è tuttavia cosa recente. La stessa centrale di Entracque è stata inaugurata nel 1982, in tempi non sospetti se si pensa a tecnologie come solare ed eolico. “Di questa tipologia di impianti in Italia ce ne sono altri tre, gemelli, costruiti nello stesso periodo, negli anni della massima espansione dell'energia nucleare. L’idea era quella di accumulare di notte l'energia prodotta dai reattori nei bacini a monte, per poi rilasciare l’acqua durante il giorno in modo da coprire i picchi di consumo”, racconta Poggi. Dopo la dismissione delle centrali nucleari, a partire dagli anni Novanta in Italia il pompaggio idroelettrico ha così mutato il suo scopo iniziale, senza perdita di utilità. “Ci sono impianti di questa tipologia anche sugli Appennini, in Sicilia e in Sardegna, proprio perché sono impianti che danno alla rete dei servizi indispensabili.”

L'incremento dell'utilizzo di fonti rinnovabili caratterizzate da intermittenza, come solare ed eolico, torna oggi a spingere la domanda di sistemi di accumulo di energia in eccesso. In questo senso, come ricordato dalla IEA, grazie ai bassi costi di gestione e all'ampia capacità di stoccaggio, le attuali centrali idroelettriche a bacino rappresentano la soluzione più economica sul mercato. Di recente la IEA ha calcolato per la prima volta il potenziale rappresentato dall'acqua accumulata nei bacini idroelettrici globali. I serbatoi di tutte le centrali tradizionali a bacino possono stoccare fino a 1.500 terawattora (TWh) di elettricità in un ciclo completo, equivalente a quasi metà del fabbisogno annuo di elettricità dell'Unione Europea. Una riserva energetica circa 170 volte maggiore di quella attualmente detenuta dalle centrali di pompaggio a livello globale e quasi 2.200 volte superiore alla capacità totale delle batterie, incluse quelle per veicoli elettrici.

Il ritorno della gravità

Si prevede che la capacità di pompaggio globale derivante da nuovi progetti aumenterà del 7%, raggiungendo i 9 TWh entro il 2030. Globalmente, oltre ai nuovi progetti di stoccaggio con pompaggio, altri 3,3 TWh di capacità di stoccaggio dovrebbero derivare dall'aggiunta di capacità di pompaggio agli impianti esistenti a bacino. Quindi non soltanto costruendo nuovi invasi a monte, come venne fatto ad esempio per la stessa diga del Chiotas.

Solo negli Stati Uniti, secondo lo studio Hydropower Vision del Dipartimento dell'energia americano, la capacità idroelettrica del paese potrebbe infatti passare da 101 GW a quasi 150 GW entro il 2050. Un incremento che deriverebbe da una combinazione di 13 GW di nuova capacità di produzione di energia idroelettrica (grazie al potenziamento degli impianti esistenti, aggiunta di generazione alle dighe e ai canali esistenti e sviluppo limitato di nuovi corsi d'acqua) e a 36 GW di nuova capacità di pompaggio. Acqua e gravità sembrano essere pronte a rinascere.

 

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Immagini: Enel

 

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