Il 12 settembre Apple ha dichiarato il suo nuovo Apple Watch carbon neutral. Lo ha fatto con un video potente e parecchio acclamato in termini di comunicazione aziendale e ambientale. Sono 5 minuti in cui Madre Natura, interpretata dall'attrice Octavia Spencer, valuta scrupolosamente tutte le iniziative green della multinazionale.

Dall’energia rinnovabile al carbon offsetting in Sud America, un susseguirsi di straordinari risultati che si conclude con il lancio del primo Apple Watch con un bilancio di emissioni pari a zero. “Entro il 2030 tutti i nostri prodotti saranno carbon neutral”, promette con serietà il CEO Tim Cook a Madre Natura, che lascia soddisfatta gli uffici di Cupertino, in California.

L’accusa di climate-washing

Tutto molto bello. Se non fosse che un report pubblicato il 22 settembre dall'Institute of Public and Environmental Affairs (IPE), un'autorevole organizzazione no-profit con sede a Pechino, ha valutato come “climate-washing ” il claim sulla neutralità carbonica del nuovo orologio. Il produttore di iPhone aveva in passato elogiato l'IPE come leader nella ricerca ambientale, che si dedica alla raccolta, alla collazione e all'analisi di dati ambientali aziendali e valuta le prestazioni ambientali dei suoi impianti di produzione in Cina da oltre un decennio.

La reciproca stima però non ha influenzato le minuziose valutazioni ambientali dell’istituto che, senza mezzi termini, accusa Apple di non fornire sufficienti informazioni sulle emissioni dei fornitori della supply chain.

La risposta di Apple

In risposta al report, Apple ha dichiarato che la neutralità delle emissioni di carbonio della sua linea di Apple Watch è stata verificata in modo indipendente da SCS Global Services, azienda che si occupa di standard e certificazioni ambientali in tutto il mondo.  "L'azione climatica di gran lunga più incisiva che un fornitore può intraprendere è la transizione verso le energie rinnovabili", ha dichiarato Apple in un comunicato scritto. "Per questo motivo lavoriamo a stretto contatto con i fornitori per aiutarli a procurarsi più energia rinnovabile possibile."

I dati mancanti dalla supply chain

L'analisi dell'IPE conferma che nel 2023 meno di 30 fornitori di Apple hanno comunicato all'IPE i dati sulle emissioni di gas serra provenienti dagli impianti di produzione, quando negli anni precedenti erano più di 100. Come fa notare Inside Climate News, nel 2011 l’istituto aveva già redarguito Apple per la mancata divulgazione di informazioni sui suoi fornitori e per l'inquinamento che questi ultimi producevano dalle loro attività.

In seguito alle investigazioni di IPE, la multinazionale si è impegnata a divulgare sempre più dati, tanto che nel 2019 è stata la prima tra le oltre 400 aziende con fornitori di produzione in Cina a ricevere il titolo di "Master" dell'IPE per le eccellenti prestazioni della supply chain in termini di sostenibilità e trasparenza.

"In molti anni di valutazione Apple è stata una delle aziende con i migliori risultati, quindi le abbiamo dato credito per questo, ma quando ha iniziato a dichiarare di vendere un prodotto carbon neutral gli standard si sono alzati parecchio e a questo credo debbano corrispondere livelli di divulgazione delle informazioni ancora più alti", ha dichiarato la scorsa settimana Ma Jun, direttore dell'IPE.

I dubbi sull’energia rinnovabile usata da Apple

Un altro punto interrogativo che si pone IPE riguarda il fatto che il 24% dell'energia rinnovabile attualmente dichiarato nella supply chain di Apple proviene da certificati di energia piuttosto che dall'utilizzo diretto di energia rinnovabile. I dubbi su questi certificati non sono pochi. Secondo uno studio del 2022 pubblicato sulla rivista Nature, non incoraggiano concrete azioni di decarbonizzazione e "minacciano l'integrità" degli obiettivi aziendali di riduzione delle emissioni.

Inoltre, secondo la ricostruzione, visto che le emissioni degli iPhone sono improvvisamente aumentate ‒ come Apple stessa ha rivelato ‒ prende corpo il plausibile sospetto che l’azienda abbia allocato meno energia rinnovabile agli iPhone per destinarla agli orologi. Nel comunicato Apple però ribatte di non aver mai riallocato l'energia rinnovabile dalla produzione di iPhone o altri prodotti all'Apple Watch. Ha aggiunto inoltre che le emissioni di gas serra del nuovo iPhone 15 Pro sono inferiori del 28% rispetto al valore di riferimento del 2015, proprio grazie alla quantità di energia rinnovabile utilizzata dai fornitori.

Per diverse multinazionali come Apple, lanciare prodotti carbon neutral è diventata quasi un’ossessiva competizione. Ma più si alzano le ambizioni e maggiore è il rischio di fare il passo più lungo della gamba e finire colpiti da un boomerang chiamato greenwashing.

 

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Immagine di copertina: un frame dallo spot Apple