Con 19 società controllate e 34 filiali su tutto il territorio nazionale, Gruppo EcoEridania è leader a livello europeo nei servizi ambientali per rifiuti di origine sanitaria e tra i principali player nei rifiuti industriali e nell’end of waste. Dietro a questo primato c’è però un percorso di aggregazione industriale che si può definire atipico nel panorama italiano dell’economia circolare, che ha visto la finanza vestire il ruolo di co-protagonista.

Fondata a Genova nel 1988, l’espansione di EcoEridania è avvenuta grazie alla progressiva apertura del suo azionariato a fondi di investimento, strategia che ha garantito al gruppo di posizionarsi sul mercato attraverso numerose acquisizioni. “Abbiamo fatto in dodici anni quello che normalmente si fa in tre generazioni. Se dal 2011 a oggi siamo passati da 10 milioni a 500 milioni di fatturato c'è un motivo: in questa commistione fra impresa e finanza, la finanza è al servizio dell'impresa”, sintetizza così a Materia Rinnovabile Andrea Giustini, co fondatore e presidente del Gruppo EcoEridania. Lo abbiamo intervistato per conoscere le traiettorie di sviluppo del settore.

Giustini, prima di parlare di finanza, guardiamo al mondo dell’economia circolare. Di cosa si occupa oggi Gruppo EcoEridania?

EcoEridania opera prevalentemente in tre settori: il mondo dei rifiuti sanitari, quello dei rifiuti industriali e il recupero di materia e di energia da rifiuti. Per quanto riguarda il mondo dei sanitari, siamo leader assoluti nel mercato italiano ed europeo, secondi nel mondo solo all’americana Stericycle. Parlando invece di rifiuti industriali, è un settore dove operiamo da diversi anni per esigenze di diversificazione. Anche qui abbiamo effettuato una massiccia attività di aggregazione industriale. Abbiamo comprato e poi messo in rete diverse aziende, tra cui discariche, termovalorizzatori, piattaforme di trattamento rifiuti. Ci occupiamo anche di depurazione acque e bonifiche ambientali. Quest’ultimo è un settore molto importante perché con il PNRR aumenteranno le bonifiche statali e private.

E per quanto concerne il recupero di materia e di energia da rifiuti?

Grazie all’emissione di un bond da 350 milioni di euro – a oggi ne abbiamo spesi già oltre 150 ‒ abbiamo comprato cinque aziende in Italia che si occupano del recupero delle plastiche, quindi di produzione di combustibile alternativo, combustibile solido secondario (CSS-C) e altri end of waste, ad esempio da recupero delle scorie dei termovalorizzatori, dalle quali si possono prelevare metalli preziosi, non preziosi, terre rare. Ciò che scartiamo è Matrix, un prodotto brevettato che immettiamo nel mercato degli agglomerati cementizi e bituminosi. Si tratta di un ammendante che, oltre ad avere ottime caratteristiche dal punto di vista fisico, dà grossi benefici all’utilizzatore in termini di riduzione di emissioni di CO2.

Il mercato italiano dell’economia circolare è ancora poco attrattivo per la finanza? Come vedete il futuro del vostro settore?

Il futuro del nostro settore ha sicuramente bisogno di un cambio di marcia, e penso che noi stiamo percorrendo la strada giusta. Riusciamo a fare aggregazione industriale e mettere in atto un meccanismo di economia circolare valorizzando delle eccellenze che spesso sono aziende familiari, alle quali manca il ricambio generazionale o una visione finanziaria ampia come quella che possiamo offrirgli noi. Crediamo che il mercato italiano debba subire un forte processo di aggregazione, per sostenere la competizione con le grandi aziende europee. Parlando di aziende a partecipazione pubblica poi, queste non possono crescere più di tanto, il loro piano industriale è troppo condizionato dalla politica. Noi siamo più liberi, ci muoviamo agilmente. Abbiamo fatto in dodici anni quello che normalmente si fa in tre generazioni. Se dal 2011 a oggi siamo passati da 10 milioni a 500 milioni di fatturato c'è un motivo: in questa commistione fra impresa e finanza, la finanza è al servizio dell'impresa. Fare quello che abbiamo fatto è abbastanza semplice, in teoria. Poi certo serve un po’ di capacità.

È davvero così facile? Se così fosse l’avrebbero fatto tanti altri…

Secondo me tanti non ci pensano nemmeno, o non hanno la voglia o il coraggio. A me è capitato per caso, poi chiaramente ho capito come funzionava e non ho più smesso. Parlo di tredici anni fa, del 2011, quando si respiravano ancora le conseguenze del periodo Lehman Brothers e l'Italia sembrava sull’orlo del fallimento. Al tempo ero alla disperata ricerca di denaro, ma non sapevo nemmeno dell’esistenza di advisor e fondi di investimento. Mi ci sono imbattuto per caso. Per fortuna avevo dei consulenti e degli avvocati vicini a me, giovani che avevano voglia di mettersi in gioco, e allora abbiamo giocato questa partita.

Dal punto di vista finanziario, oggi per il settore dell’economia circolare ci sono fondi o attori che stanno lavorando su questo tipo di M&A in Italia?

In Italia ci sono fondi di private equity o infrastrutturali che provano a entrare nel mercato. È complicato, perché l’Italia è tappezzata di tantissime piccole aziende. Bisogna partire comunque da una matrice industriale. Noi abbiamo avuto la fortuna di mettere insieme la voglia di fare con la finanza, quindi siamo stati il veicolo della finanza. Di fatto, la finanza da sola non ce l'avrebbe mai fatta. La scelta giusta l'ha compiuta Icon Infrastructure Partners quando nel 2018 ha investito in EcoEridania: insieme a loro abbiamo scritto pagine nuove. Sono entrati nel 2018 che facevamo 26 milioni di Ebitda, quest'anno ne facciamo 100. In sei anni significa aver quadruplicato. Non ce l’avremmo mai fatta senza un fondo come il loro, che ci ha dato molta più credibilità nell’approccio al mondo bancario e all’accesso al credito.

Quale ricetta, quindi, per le imprese dello stivale che vogliono aprirsi?

In Italia non abbiamo bisogno di esperienze industriali. Sino a prova contraria, in quasi tutte le materie andiamo in giro per il mondo a insegnare come si fa. C’è forse più bisogno di consapevolezza delle proprie capacità. Per questo stiamo battezzando un piano di internazionalizzazione, perché crediamo di poter fare la differenza. Non ci spaventa niente. Il motto è “la finanza al servizio dell’impresa”.

 

Immagine di copertina: sede EcoEridania di Arenzano