Poco più dell’8% dell’oceano è attualmente tutelato, ma solo una piccola parte, pari al 2,8%, riceve una protezione davvero “efficace.” Sono questi i dati che emergono dal rapporto On track or off course? Assessing progress toward the 30x30 target for the ocean, pubblicato da Metabolic Consulting con il supporto del Bloomberg Ocean Fund e sviluppato in collaborazione con Campaign for Nature, Marine Conservation Institute e SkyTruth. Il report è stato diffuso pochi giorni prima dell’apertura della COP16, la Conferenza internazionale sulla biodiversità dell’ONU in corso a Cali, in Colombia.
Alla luce dell’urgenza di proteggere gli oceani, durante la giornata dedicata alla finanza climatica alla COP16 (28 ottobre), i principali enti filantropici hanno inoltre annunciato un impegno di 51,7 milioni di dollari per accelerare la creazione di aree marine protette in acque internazionali.
Lo stato di conservazione dell’oceano
Al 15° vertice delle Nazioni Unite sulla biodiversità è stato adottato il Kunming-Montreal Global Biodiversity Framework, che pone l’obiettivo di proteggere il 30% dei mari del pianeta entro il 2030. Tuttavia, dalla firma dell’accordo, nel 2022, le aree marine protette (AMP) sono aumentate di appena lo 0,5% a livello globale. Se gli stati non intensificheranno i propri impegni gli obiettivi dell’accordo non verranno raggiunti. Continuando con gli sforzi attuali solo il 9,7% dell’oceano sarà protetto nel 2030, mancando l’obiettivo previsto.
Inoltre, molte di queste aree marine protette non garantiscono livelli elevati di tutela. Il report evidenzia come l'ampia definizione di area marina protetta dell’IUCN, applicata in modo incoerente dagli stati, permetta pratiche di "blue washing", consentendo attività incompatibili con la conservazione e il ripristino degli ecosistemi marini. Tra queste, la pesca industriale – spesso attuata con metodi dannosi per gli habitat marini – e le attività estrattive, sia di combustibili fossili che di minerali, rappresentano minacce significative alla protezione effettiva di queste aree.
“L'obiettivo 30x30 è un'opportunità storica per assicurare un futuro sostenibile all'oceano”, afferma Melissa Wright, a capo della Bloomberg Ocean Initiative. “Sebbene ci siano stati alcuni segnali positivi e alcuni progressi nella spinta alla ratifica del trattato per l'alto mare, questo nuovo rapporto mostra che non solo i progressi sono stati quasi inesistenti dal 2022, ma è improbabile che la maggior parte delle nuove aree marine protette e di quelle esistenti fornisca una protezione valida per la biodiversità marina.”
In Europa, ad esempio, il 23,3% delle acque è designato come area marina protetta, ma solo un terzo di queste aree gode di una tutela efficace. In America Latina e nei Caraibi, la situazione è simile: pur coprendo il 26,6% delle loro acque con aree marine protette, solo il 2,5% riceve protezione elevata. La maggior parte delle aree protette si trova all’interno delle acque nazionali, mentre sebbene nel 2023 sia stato adottato il Trattato dell’alto mare, mirato alla conservazione e all’uso sostenibile di quella parte di mare che si trova oltre le 200 miglia nautiche dalle coste, meno dell’1% di queste aree è attualmente protetto in modo efficace.
Come proteggere l’oceano?
Il report indica cinque azioni chiave che gli stati dovrebbero adottare per ampliare e migliorare le aree marine protette, sia in termini di qualità che di quantità. La prima azione è aumentare la copertura delle aree marine protette, includendo sia le acque nazionali che internazionali, e ratificare il Trattato dell’Alto Mare. La seconda raccomanda di rafforzare l’efficacia delle misure di tutela, assicurando una protezione realmente incisiva. Un altro punto chiave è riconoscere e ripristinare i diritti dei popoli indigeni, consentendo loro di creare e gestire aree di conservazione e valorizzando il loro ruolo essenziale nella tutela degli ecosistemi.
Il quarto obiettivo è assicurare finanziamenti internazionali stabili e sufficienti per sostenere le iniziative di conservazione a lungo termine mantenendo l’impegno di fornire almeno 20 miliardi di dollari all'anno ai paesi in via di sviluppo entro il 2025 e 30 miliardi entro il 2030. Infine, il report propone di standardizzare la raccolta dei dati e il monitoraggio, per garantire una maggiore trasparenza e valutare i progressi raggiunti. “Fortunatamente, i governi possono ancora mantenere il proprio impegno se agiscono con urgenza”, continua Wright. “La COP16 offre un'opportunità fondamentale per annunciare nuovi contributi e finanziamenti per il 30x30 e proseguire sulla strada intrapresa. Visto il crescente slancio per la protezione degli oceani, il tempo per agire è ora.”
A COP16 il report Advancing the Protection Principle
Per rafforzare ulteriormente la protezione dell’oceano, il report Advancing the Protection Principle, pubblicato dall’iniziativa Let’s Be Nice to the Ocean e che sarà presentato oggi, mercoledì 30 ottobre, alla COP16, chiede che alla terza Conferenza delle Nazioni Unite sull’ oceano (UNOC3), prevista a Nizza nel giugno 2025, venga adottato il Principio di precauzione come obbiettivo ambizioso per la tutela marina.
La finalità è fare della protezione dell’oceano una norma anziché un'eccezione, trasferendo l’onere della prova sulle industrie estrattive e inquinanti (chi propone l'attività deve dimostrare che non è dannosa) affinché la conservazione e il ripristino della salute degli ecosistemi oceanici prevalgano sullo sfruttamento.
Il report sottolinea che questo principio supporterebbe l’Obiettivo 18 del Kunming-Montreal Global Biodiversity Framework, che richiede ai paesi di identificare e ridurre entro il 2030 i sussidi dannosi per la biodiversità per almeno 500 miliardi di dollari all’anno, reindirizzando tali investimenti verso iniziative di ripristino e conservazione con impatti positivi sugli ecosistemi.
Investire nell’alto mare
Sebbene nel 2023 ben 105 paesi abbiano firmato il Trattato per l’alto mare, a oggi solo 14, tra cui Cile, Cuba e Bangladesh, lo hanno effettivamente ratificato, mentre nessuno dei membri del G7 ha ancora completato il processo. Affinché il Trattato possa entrare in vigore come legge internazionale vincolante e contribuire concretamente alla protezione delle acque d'altura, è necessaria la ratifica di almeno 60 paesi entro giugno 2025.
Durante la giornata dedicata alla finanza di COP16, diverse organizzazioni hanno annunciato un impegno di 51,7 milioni di dollari per sostenere l’adozione del Trattato e accelerare lo sviluppo di aree marine protette di alta qualità in alto mare. Tra loro: Arcadia, Becht Foundation, Bezos Earth Fund, Bloomberg Philanthropies, Blue Action Fund, Blue Nature Alliance, Gordon and Betty Moore Foundation, Oceans 5, Paul M. Angell Family Foundation, Schmidt Ocean Institute e Vere Initiatives.
Il finanziamento sosterrà anche iniziative di rafforzamento delle competenze, con un'enfasi sulla partecipazione dei popoli indigeni, sui meccanismi finanziari e sulla ricerca scientifica per individuare le aree chiave da proteggere. “In un mondo sempre più colpito dai cambiamenti climatici, la protezione dell’alto mare è fondamentale per rafforzare la resilienza degli ecosistemi marini e delle comunità che dipendono da essi", ha sottolineato Aileen Lee, Chief of Programs della Gordon and Betty Moore Foundation.
Per saperne di più continuate a seguirci: dopo aver coperto nel 2022 i lavori per l’accordo di Kunming-Montreal, dal 25 ottobre al 2 novembre Materia Rinnovabile sarà a Cali per COP16, unica testata italiana accreditata. Venite a trovarci in sala stampa!
In copertina: Susana Muhamad, ministra dell’ambiente colombiana, UN Biodiversity