La regione del Nunavut, che comprende una parte importante del Canada continentale settentrionale e la maggior parte dell’arcipelago artico canadese, diviene un hub originale e innovativo per la promozione della blue economy legata alle tradizioni e alla cultura degli indigeni. Il suo vasto territorio lo rende la quinta entità subnazionale al mondo per ordine di grandezza, così come il secondo stato più grande dell’America del Nord, dopo la Groenlandia.

L’economia sostenibile degli Inuit

Grazie alla sinergia tra esperti, attivisti ambientali e rappresentanti della comunità indigena, nella regione si sta sviluppando una nuova idea di economia blu della conservazione che riesce a coniugare le esigenze economiche della comunità locale con la tutela del mare e dell’ambiente.

Gli esperti dello Smart Prosperity Institute (SPI) e del WWF-Canada hanno analizzato, descritto e monitorato il modello economico sostenibile praticato dagli indigeni locali, registrando una tipologia di sviluppo economico sostenibile intrecciato alle zone costiere, che genera un reddito stabile per le comunità Inuit che riescono a sopravvivere anche in quelle zone inaccessibili della regione artica canadese.

Grazie allo sfruttamento sostenibile delle risorse marine, viene praticata una pesca in sintonia con l’ambiente e le stagioni produttive dei pesci, incentivando il turismo paesaggistico e rilanciando i servizi costieri. Un modello a cui le autorità canadesi guardano con interesse, investendo, a partire dal 2018, più di 1,35 miliardi di dollari canadesi, con finanziamenti federali atti a promuovere iniziative di conservazione gestite e organizzate dagli indigeni.

Blue economy della conservazione, intervista a Michael Twigg

Un’opportunità senza precedenti per studiare e approfondire la storia e le tradizioni degli Inuit legate all’ambiente, ai valori sociali e alle competenze delle comunità locali, per promuovere un’economia sostenibile e virtuosa, bilanciando lo sfruttamento delle risorse con la conservazione e la promozione del patrimonio naturale.

Nel tentativo di comprendere le particolarità del modello della blue economy della conservazione, Materia Rinnovabile ha intervistato Michael Twigg, direttore del programma Uso del territorio, natura e agricoltura dello Smart Prosperity Institute, nonché co-autore dello studio dell’istituto dedicato all’economia blu degli indigeni.

Foto: Michael Twigg, Smart Prosperity Institute

Perché si parla di “economia blu della conservazione” e quale aspetto di questo modello economico merita di essere conosciuto in tutto il mondo? 

L’economia blu della conservazione è un modello di sviluppo economico sostenibile in cui lo sfruttamento delle risorse marine è il perno centrale per creare opportunità occupazionali, migliorare la salute, il benessere della comunità e dell’ecosistema e costruire una resilienza concreta ai cambiamenti climatici all’interno delle comunità costiere. Ciò avviene in modo da soddisfare i bisogni delle comunità indigene locali e rispristinando (senza esaurirle) le risorse naturali.

Nella regione del Nunavut, ciò include attività economiche legate alla pesca, alla cattura e all’allevamento, alla caccia, alla promozione di arti e mestieri e alla diffusione di un turismo sostenibile in linea con l’Inuit Qaujimajatuqangit: un sistema di conoscenze Inuit e un quadro economico e sociale costruito da conoscenze ecologiche, tradizioni e valori etici su come interagire con l’ambiente e la vita degli animali.

Attualmente, un grande dibattito è centrato sul rapporto tra accesso al cibo e tutela del mare. Possiamo approfondire il modello economico e alimentare sostenibile sviluppato dalle comunità indigene locali?

È un equilibrio che le comunità Inuit del Canada settentrionale diffondono e hanno compreso da tempo. L'approvvigionamento e la lavorazione sostenibili del cibo sono pratiche che meritano di essere centrali nella vita sociale, raccogliendo e condividendo tale approccio con tutti i membri della comunità. Tale sistema economico sta generando 200 milioni di dollari all’anno nella regione del Nunavut. In sostanza, la caccia, l’allevamento e la pesca sono attività economiche centrali, ma la differenza sostanziale è che la raccolta e la lavorazione generano maggiori ritorni economici rispetto al semplice consumo.

Ad esempio, gli investimenti negli impianti di trasformazione agroalimentare e dei rifiuti sono divenuti un importante motore per la crescita economica della comunità, generando posti di lavoro locali e migliorando l’accesso alle risorse alimentari. Inoltre, aumenta il potere di acquisto della popolazione locale e il successo degli investimenti sostenibili dipende da una corretta gestione delle aree costiere e marine. Il risultato è un modello di crescita economia locale legato alla conservazione e non all’estrazione o al mero consumo delle principali risorse marine.

Nella regione si stanno sviluppando idee per incrementare il turismo sostenibile legato al mare, valorizzando la biodiversità locale. Possiamo approfondire?

Il Nunavut vanta una ricchezza paesaggistica e una biodiversità unica al mondo che fornisce cibo e sostentamento alle comunità Inuit. Il turismo locale sta già generando quasi 100 milioni di dollari canadesi di entrate annuali e il potenziale è in continua crescita, in particolare per quanto riguarda l’osservazione della fauna selvatica.

Grazie a strutture adatte all’osservazione della fauna tipica locale, le comunità Inuit costiere stanno mostrando al mondo una biodiversità unica. Attività come l’osservazione della fauna selvatica, la pesca sportiva sostenibile e la danza dei tamburi degli indigeni esprimono al meglio alcune delle attività più ricercate dai turisti. In tutto il Nord America, i ricavi derivanti dall’osservazione della fauna selvatica generano in media entrate 3,5 volte maggiori di quelle derivanti da qualsiasi tipologia di attività di caccia o pesca.

Estremamente importante è anche il coinvolgimento diretto delle popolazioni indigene nei programmi di tutela e monitoraggio del territorio. In cosa consiste il programma Guardiani Inuit?

Il programma Guardiani Inuit attinge alla conoscenza e all’esperienza dei locali per migliorare la gestione delle principali risorse terrestri e idriche in tutto il Nunavut. Ogni comunità ha dei guardiani che sono considerati attori centrali, in prima linea nella gestione delle risorse terrestri e idriche. I guardiani osservano e riportano dati sulla salute della popolazione animale, registrano l’impatto delle attività minerarie, fungono da ausiliari e personale di salvataggio in caso di emergenza.

Sono portatori di interesse di una serie di benefici per la comunità locale e lavorano alla creazione di modelli giovanili Inuit, facilitando la trasmissione delle conoscenze e degli insegnamenti degli anziani ai giovani, valorizzando sistemi alimentari sostenibili e salutari.  I guardiani Inuit collaborano anche con i ricercatori per approfondire i cambiamenti climatici e comprendere i migliori modelli per la tutela e la conservazione della biodiversità locale.

In che modo il governo nazionale e il primo ministro Justin Trudeau stanno sostenendo questo modello?

Dal 2018, il governo nazionale ha investito, in tutto il Canada, più di 1,35 miliardi di dollari in iniziative di conservazione guidate dagli indigeni. 800 milioni di dollari canadesi sono stati annunciati durante i lavori della COP15 come parte dell’impegno del governo canadese nel proteggere il 30% del territorio nazionale e delle acque oceaniche entro il 2030.

C’è ancora tantissimo lavoro da fare, ma il sostegno economico, continuo e crescente, delle autorità politiche sta innescando una rincorsa alla sostenibilità da parte delle comunità indigene che si trovano di fronte a un’opportunità senza precedenti per rilanciare il modello economico e superare la scelta “dello sviluppo o dell’ambiente”, ritornando a preservare e a proporre un modello di sviluppo comunitario in cui la conservazione e il ripristino delle risorse naturali siano scrutate come un motore imponente di crescita economica, salute e prosperità.

 

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