A voler essere estremamente sintetici, la nona edizione di REbuild, il più importante evento italiano sull’innovazione sostenibile dell’ambiente costruito, si potrebbe riassumere con un numero: 40.
Un numero che è rimbalzato da una conferenza all’altra, dai workshop agli stand delle aziende, e che ritornava spesso in grafici e statistiche durante la due giorni di Riva del Garda, il 9 e 10 maggio.
Un numero che ha un doppio significato: da una lato, c’è la quota di emissioni di CO2 di cui l’ambiente costruito è responsabile, circa il 40% a livello globale; dall’altro, invece, c’è il valore degli immobili, che secondo i dati dell’Osservatorio REbuild può aumentare fino al 40% proprio grazie a interventi di efficientamento energetico e riqualificazione in chiave green in grado, per l’appunto, di tagliare le emissioni.
Due facce della stessa medaglia che dimostrano un concetto sempre più innegabile: la sostenibilità paga. In termini ambientali, ovviamente, ma anche di benessere, di vivibilità e, più prosaicamente, di valore economico.
Incardinati su questo tema comune, oltre 20 panel, workshop e presentazioni di progetti hanno così dato vita a un’edizione della “ripartenza” che, dopo tre anni di assenza, ha riunito una trentina di espositori, 500 partecipanti, 15 media partner (tra cui Materia Rinnovabile) ed esperti nazionali e internazionali del mondo dell’edilizia e dell’urbanistica.
Le parole d’ordine di REbuild
Se la decarbonizzazione dell’edilizia e dell’ambiente costruito è stata la stella polare di tutto l’evento, una mappa concettuale per orientarsi fra le tante tematiche affrontate l’ha offerta, durante la sessione di apertura dei lavori, Ezio Micelli, professore della Iuav di Venezia e presidente del comitato scientifico di REbuild.
“Sono cinque i punti su cui si incentra questa mappa – ha esordito – Prima di tutto l’innovazione, che oggi non può esistere se non allineata ai valori della sostenibilità e accompagnata dai principi dell’economia circolare. È un’affermazione che anni fa sarebbe entrata solo in una conversazione fra attivisti, ma che oggi, finalmente, è arrivata al cuore delle nostre imprese e dei nostri investimenti”.
Il secondo punto è la digitalizzazione. “Il cambiamento – ha spiegato Micelli - sarà guidato dal digitale, sia a livello di processi industriali e gestione dei territori, sia nella nostra quotidianità. Una digitalizzazione su cui però il settore dell’edilizia ha ancora parecchia strada da fare”.
La terza parola chiave è il mercato, che deve diventare un alleato della transizione. “Le trasformazioni vanno sviluppate insieme al mercato, non contro di esso”, ha sottolineato il presidente del comitato scientifico. Una verità forte di dati che dimostrano come la sostenibilità sia ormai considerata un valore aggiunto nel mondo del Real Estate e serva (anche) ad accrescere il valore degli immobili. E così una parte importante degli investimenti si concentra oggi su pratiche di riuso del patrimonio immobiliare, quarto concetto cardine della mappa di REbuild. “Un patrimonio che racchiude il 60% della ricchezza degli italiani”, ha sottolineato Micelli, per un valore stimato di oltre 5200 miliardi di euro, che è però destinato a svalutarsi senza interventi di riqualificazione.
Infine, il quinto punto di questa nuova agenda del costruire è, secondo il comitato scientifico di REbuild, la comunità. “L’innovazione – ha spiegato Micelli – non può essere pensata in capo a questo o quel soggetto, ma va vista come un processo di comunità. Solo costruendo una comunità di attori pubblici e privati capace di condividere i valori di questo percorso, l’innovazione avrà successo”.
LCA, off-site, gemelli digitali: i paradigmi della nuova edilizia
“Non si cambiano le cose combattendo contro la realtà esistente. Per cambiare davvero bisogna creare nuovi paradigmi che rendano obsoleti i vecchi modelli”. La frase di Richard Buckminster Fuller, presa in prestito dal presidente di Living Future Europe Carlo Battisti, è emblematica di ciò di cui si è discusso per due giorni a Riva del Garda. La trasformazione di un mastodonte come il settore edile non può essere combattuta come una guerra, ma deve puntare sulla creatività, sul pensiero disruptive, sulla proposta di soluzioni più convenienti e vantaggiose per ogni attore della filiera, integrando tutti i portatori di interesse. È una sfida, certo, ma è possibile.
Le tecnologie, i progetti, le innovazioni di processo e i nuovi modelli di business presentati a REbuild 2023 vanno dunque tutti nella direzione di un cambiamento necessario per rispondere a target climatici sempre più urgenti e stringenti, ma nello stesso tempo vantaggioso sotto ogni aspetto, dal comfort al portafoglio.
Parlando ad esempio di consumi energetici, il patrimonio edilizio italiano è un vero colabrodo: il 70% degli edifici, cioè circa 35 milioni di unità immobiliari, ha più di 40 anni e oltre la metà appartiene alle classi più energivore, comportando carichi sul conto delle famiglie che arrivano anche a 4000 euro in più rispetto alle case in classe A. Tuttavia, secondo lo scenario presentato da The European House - Ambrosetti, gli interventi di efficientamento porterebbero a un risparmio del 20-24% sulle bollette degli italiani, ridurrebbero il consumo idrico del 4-5% e le emissioni del settore in una forbice che va dal 19 al 28%.
Se la riqualificazione energetica da sempre occupa buona parte del discorso sulla decarbonizzazione edilizia, a Riva del Garda si è però parlato molto anche di embodied carbon, ovvero quella quota di emissioni di CO2 (circa l’11% di quel famoso 40) che l’edificio “ingloba” in fase di costruzione e che poi continua a pesare sul conto totale. Una quota che si può ridurre solo cominciando a progettare in ottica net zero e quindi con l’aiuto di tutta una serie di software, tecnologie e protocolli capaci di calcolare e predire l’impronta di carbonio sin dall’inizio del ciclo di vita di una villetta, di un palazzo, di uno stadio, di un ponte o addirittura di un intero quartiere. Si usano allora protocolli LCA (Life Cycle Assessment) come quelli della società One Click LCA adottati nei progetti illustrati da Habitech; si producono le parti dell’edificio off-site, così da ridurre tempistiche, costi e sprechi; si costruisce con materiali circolari, naturali e con componenti modulari, pensate già per il disassemblaggio e il riutilizzo.
E poi si cominciano a mettere in campo vari strumenti digitali, come software predittivi che utilizzano l’Intelligenza Artificiale per la manutenzione, programmi per la raccolta dati (la cui carenza è un tasto dolente per la riqualificazione) e veri e propri “gemelli digitali” (Digital Twins), come quello presentato in anteprima dalla Città di Bologna: un modello virtuale che raccoglierà grandi quantità di dati e informazioni sulla città fisica e ne simulerà il "comportamento", per aiutare amministrazione e cittadini a prendere decisioni urbanistiche e a rendere il tessuto urbano più resiliente a cambianti ed emergenze di vario tipo, a cominciare da quelle climatiche.
“Qui a REbuild non abbiamo solo affrontato gli scenari che si stanno delineando per l’industria delle costruzioni con un occhio particolare alle innovazioni e alle trasformazioni del mercato. In realtà – concludono gli organizzatori - abbiamo mostrato quali sono gli strumenti già in atto con cui si sta costruendo il futuro di un’intera filiera”.
Insomma, dal singolo muro della casa all’intero tessuto urbano, dal progetto alla dismissione, passando per la gestione quotidiana di consumi, manutenzione e comfort, l’ambiente costruito sta cambiando volto e in due giornate di REbuild si è cominciato a disegnarne l’identikit futuro.
Immagine: REbuild 2023