Decarbonizazzione, efficienza energetica, circolarità, ma anche benessere, salubrità e inclusività sociale. La sostenibilità in edilizia è un concetto sempre più articolato e complesso. Per raggiungere gli obiettivi climatici, attirare gli investitori e rimanere sul mercato, il settore delle costruzioni e quello del Real Estate dovranno essere in grado di tenere insieme tutti questi aspetti.
Ne abbiamo parlato con Francesco Gasperi, direttore generale di Habitech, il Distretto Tecnologico Trentino per l'Energia e l'Ambiente, per avere una visione a 360 gradi sul futuro prossimo del settore.
Vediamo in Europa una situazione estremamente in accelerazione sui temi della sostenibilità. Come la interpretate dal vostro osservatorio di Habitech? Quali sono i megatrend?
Sicuramente l'avvento di Ursula von der Leyen alla Commissione europea ha portato una ventata di freschezza. Finalmente si è messo al centro dell'agenda il tema della sostenibilità, includendo anche il tema dell'edilizia.
È bello poter dire che oggi il singolo cittadino è molto attento a quello che mangia, si preoccupa di scegliere cibi biologici e quando va al supermercato sta attendo alla provenienza dei prodotti. Questo tuttavia non è mai avvenuto per gli edifici. Invece adesso sempre di più c'è la possibilità di misurare le caratteristiche degli edifici e valutarne gli impatti sulla nostra vita. È vero che siamo quello che mangiamo, ma siamo anche il luogo dove viviamo. È un concetto nuovo, che sta venendo alla ribalta in questo momento: la sostenibilità, da tema di interesse per la politica e gli investitori ora è arrivata anche al livello dei cittadini.
Qual è il momento che segna questa svolta?
Purtroppo sono statele le tante catastrofi che ci hanno investiti a livello internazionale e nazionale. Il sisma dell'Aquila, la tempesta Vaja nel Triveneto, dove un evento meteorologico estremo di quella non si era mai visto prima. Ma anche a livello internazionale sono sempre di più i disastri: una volta si pensava che i tornado interessassero solo gli Stati Uniti, invece vediamo come il cambiamento climatico li ha resi più frequenti ovunque.
A livello politico, invece, il momento zero è probabilmente stato il discorso di Ursula von der Leyen, che con parole semplici ha fatto capire che il momento di agire è qui e ora, e non si può più rimandare.
Un elemento chiave per l’azione climatica è la decarbonizzazione degli edifici. Quali sono i target? Quali sono gli obiettivi che dovremo perseguire?
È importante entrare in un'ottica di decarbonizzazione vera e non di greenwashing. È sicuramente importante che le grandi compagnie aeree, le multinazionali eccetera vadano a compensare le loro emissioni acquistando dei crediti di carbonio. Ma non è così che si fa la decarbonizzazione. La decarbonizzazione si fa cambiando le proprie pratiche quotidiane, dal singolo cittadino al grande investitore o al grande produttore di materiale.
Come si può fare? Attraverso diverse azioni. Innanzitutto le rinnovabili, che hanno un doppio vantaggio: quello di decarbonizzare, ma allo stesso tempo anche di ridurre le fonti fossili e quindi anche di risparmiare energia. E si può fare facendo attenzione alla filiera e quindi ai prodotti che si utilizzano, scegliendo materiali riciclati o riciclabili. Ci sono tante certificazioni a cui in Habitech abbiamo sempre fatto riferimento perché ci offrono una prospettiva a 360 gradi sul processo di produzione di un materiale, un componente o un intero edificio. Per i prodotti in particolare si sta spingendo molto sull’EPD – Environmental Product Declaration. Per il settore building stanno nascendo sempre più certificazioni, che iniziano anche a dialogare tra di loro. Il nostro mantra è “Partnership is the new leadership”: non stare cioè da soli sul mercato, ma muoversi sempre insieme, in un’ottica di filiera. Un approccio che si sta ora diffondendo anche al mondo delle certificazioni, dove si vede una chiara volontà di fare rete.
In Italia una politica che avrebbe dovuto accelerare il processo di efficientamento e messa in sicurezza di edifici è stato il Bonus 110%. Fino ad ora secondo voi che impatto ha avuto? Quale potrebbe essere una sua prossima evoluzione?
Direi che di bonus adesso non se ne può più fare a meno: il mercato è ormai un po’ drogato dagli incentivi e se si togliessero da un momento all'altro forse ci sarebbe un crollo. Il bonus 110% è sicuramente stata una manovra importante, il problema è che è stata emendata ogni tot settimane e quindi si è navigato molto a vista. Bisognerebbe rendere i bonus strutturali, magari anche riducendone le percentuali. E fare maggiori controlli: il rischio è che questa corsa al 110, con molte imprese che si sono improvvisate, ci riporti a un’edilizia anni ‘80, di cui purtroppo conosciamo bene i disastri. Penso che andando a controllare gli edifici realizzati con il bonus 110, nonostante il miglioramento della classe energetica, i risultati per la qualità ambientale interna degli immobili non siano così scontati.
Si è visto che ad adottare politiche pratiche, anche molto avanzate, di riqualificazione energetica o costruzione ex-novo secondo principi di efficienza sono stati soprattutto i grandi edifici, le properties e meno le piccole costruzioni. Perché si vede questo grande interesse del grande Real Estate per l'efficientamento energetico?
Probabilmente perché c'è molta concorrenza sul tema e c'è una corsa ad avere l'edificio migliore. Inizialmente è stato difficile introdurre la sostenibilità in questo mondo. Mi ricordo di quando andavo a Milano e raccontavo della certificazione Leed e mi scambiavano per un venditore di lampadine led... Invece oggi la certificazione di sostenibilità è diventata un concetto acquisito. Avere al tavolo il progettista architettonico, l'impiantista e anche il consulente per la sostenibilità è ormai la norma. C’è poi sicuramente una maggiore disponibilità, anche economica a investire su certi temi innovativi, oltre che l’appeal internazionale di questi temi. E poi ovviamente l'attenzione ai consumi e al benessere nel progettare un edificio nuovo diventa una chiave per venderlo meglio.
Mentre invece se devo riqualificare casa mia, sto sicuramente attento all’efficienza e alla scelta dei prodotti, ma sto anche attento al portafoglio.
Si guarda finalmente al tema degli Esg anche nel mondo del Real state. Come è entrato questo concetto nel settore e quanto si è sviluppato poi in Italia?
Quello che gli Esg hanno fatto è stato mettere d'accordo l'aspetto finanziario con l'aspetto dell'edilizia. Significa che adesso avere nel portafoglio degli edifici sostenibili mi rendono maggiormente appetibile verso gli istituti finanziari e rendono maggiormente appetibile anche l'edificio che sto realizzando. È tuttavia un po’ difficile misurare i parametri, visto che oggi non c'è ancora un codice definito e anche la tassonomia europea è abbastanza lasca sul tema: sono stati declinati solamente due dei sei parametri, cioè l'adattamento al cambiamento climatico e la mitigazione climatica.
Per quel che riguarda l’esperienza di Habitech, posso dire che ci stanno chiamando tanto e non solo per certificazioni di sostenibilità, ma proprio per assumere il ruolo di Esg manager e gestire anche gli aspetti sociali e di governance.
Come si declinano in pratica gli Esg nell'edilizia?
La S (social) riguarda principalmente tutti gli aspetti di permeabilità del proprio edificio o del proprio spazio costruito con la popolazione che c'è attorno, con il tessuto urbano e sociale della città o del paese. Allo stesso tempo, la S non è solamente per chi vive fuori dall'edificio, ma anche per chi vive dentro e quindi una grande attenzione agli aspetti di welfare. Ad esempio, abbiamo vinto un progetto di riqualificazione urbana e parlando con il comitato cittadino, le prime richieste sono state la larghezza dei marciapiedi e gli spazi per la socialità, ad esempio per gli anziani e i bambini.
La G di governance include il tema dello stakeholder engagement, quindi capire bene quali siano i portatori di interesse, cioè l'azienda che costruisce l'immobile, che lo gestisce, ma anche le aziende che ci entreranno dentro. E qui entra un aspetto nuovo, quello dell’Esg per le aziende, perché sempre più un costruttore o un gestore di immobili che ha un edificio Esg cercherà di attrarre aziende che parlano il suo stesso linguaggio. Quindi anche le aziende dovranno sempre più dotarsi di criteri di misurazione delle proprie caratteristiche di sostenibilità, proprio perché diventeranno anch'esse dei driver di scelta.
Quanto è importante la formazione nel mondo dei costruttori e delle aziende che offrono prodotti e servizi all'edilizia?
È fondamentale soprattutto per gli attori chiave. La cosa importante è che l'imprenditore o il dirigente dell'azienda sia formato su questi temi, perché poi riesce a cascata a portarli nell’azienda. Ma il bello della sostenibilità è che è un movimento “dal basso”, nel senso che basta anche un piccolo seme all'interno dell'azienda per generare, ovviamente se ascoltato, dei vantaggi competitivi. Quello che abbiamo visto adesso è che avere delle aziende, anche competitor che stanno facendo un percorso di sostenibilità diventa una spinta a diventare sostenibili. La formazione è sicuramente importante, tanto che noi, come Habitech, abbiamo lanciato una Academy specifica sia per dirigenti, quindi titolari di impresa, ma anche per persone che lavorano all'interno delle aziende per formarli sui temi Esg. I corsi sono declinati sulle tre lettere, con formazione specifica su Environmental, Social e Governance.
Uno dei temi chiave è la standardizzazione delle metriche. Come possiamo trovare una dimensione univoca?
Ogni consulente sta cercando di costruirsi la propria metrica per fare un po’ di ordine sul mercato. Assieme alla rete Rebuilding network di cui facciamo parte, abbiamo commissionato uno studio a SDA Bocconi per definire un rating sul tema degli Esg con dei parametri specifici sulla E, sulla S e sulla G. Si è partiti dalle certificazioni più importanti, come Leed o Breeam, ma anche best practices a livello internazionale, per definire i parametri. SDA Bocconi, durante un evento che si è tenuto a fine giugno, ha lanciato la possibilità di fare delle sperimentazioni per verificare l'applicabilità di questi parametri.
Arriveremo a un Esg globale? O forse è meglio avere vari standard adattati ai vari contesti nazionali?
A mio parere la cosa più semplice sarebbe arrivare a un unico valore con una pesatura specifica del tema Esg. Quindi un punteggio specifico per la E, per la S, per la G che dovrà venir fuori in una sorta di framework, per poi confluire in un unico valore. Altrimenti il rischio è che il cliente finale, o comunque chi deve entrare in un immobile, non riesca a capire poi effettivamente la portata di quei valori. Quindi rifacendosi all'esperienza di altre certificazioni di sostenibilità ambientale, si potranno magari segnalare dei livelli di certificazione di facile lettura, come argento, oro, platino.
Un’ultima domanda su un aspetto che si fa più fatica a visualizzare: in che modo si può misurare l'impatto della governance su un edificio completato? Non tanto i risultati di impatto ambientale e di riduzione dei consumi, ma proprio l'efficacia della gestione.
Per ora ci siamo concentrati più che altro sulla nuova realizzazione degli edifici e quindi sul risk assessment, sullo stakeholder engagement, eccetera. Misurare l’on going, il progresso non è facilissimo e dovremmo definire sicuramente degli standard. Non abbiamo una risposta univoca per ora. È un aspetto che dovrà essere monitorato, magari chiedendo alle singole aziende che entrano nell’edificio o allo sviluppatore di realizzare dei bilanci di sostenibilità annuali e verificare cosa c'è dentro quei bilanci di sostenibilità e se gli obiettivi sono effettivamente raggiunti. Lo strumento del bilancio di sostenibilità, di cui anche noi ci siamo dotati, permette di fare sempre una fotografia su quello che è l'anno passato e di darsi uno spunto per il futuro: ti obbliga a pensare, ma allo stesso tempo a ricordare.
Immagine: Majid Gheidarlou (Unsplash)