È stato presentato a Milano ai primi di maggio alla fiera Greenplast il protocollo tecnologico Certified Recycled Plastics che utilizza la tecnologia blockchain per la tracciabilità delle plastiche riciclate. Il protocollo aspira a divenire uno strumento di supporto agli schemi di certificazione per la plastica riciclata.
Il Piano di azione per l’economia circolare dell’UE prevede che al 2030 possano essere immessi sul mercato solo imballaggi riutilizzabili o integralmente riciclabili. La Direttiva SUP prevede che per i contenitori di bevande in plastica, il contenuto di materiale riciclato sia del 25% entro il 2025 e del 30% entro il 2030. Una proposta di Austria, Danimarca, Olanda, Svezia e Lussemburgo (31/01/2022) chiede che vi sia un contenuto obbligatorio di riciclo anche per altri imballaggi plastici.
In questo contesto è perciò sempre più importante assicurare la tracciabilità dei rifiuti plastici nelle varie fasi della filiera, durante la trasformazione, e fino al prodotto finale.
La startup PlasticFinder, piattaforma di trading online che offre servizi commerciali per lo scambio di polimeri e additivi per il mercato secondario della plastica, ha presentato ai primi di maggio alla fiera Greenplast di Milano il protocollo tecnologico Certified Recycled Plastics che utilizza la tecnologia blockchain per la tracciabilità delle plastiche riciclate.
“Lo standard europeo EN15343 specifica le procedure per la tracciabilità delle plastiche riciclate e prevede che la tracciabilità sia fatta identificando i singoli lotti prodotti e i loro passaggi. Noi abbiamo ideato un protocollo che fornisce uno scheletro operativo a questa norma utilizzando la tecnologica blockchain”, spiega a Materia Rinnovabile Stefano Chiaramondia, presidente di PlasticFinder.
Archivi immutabili per tutti i livelli della filiera della plastica
Certified Recycled Plastics usa una blockchain centralizzata, che si basa su un servizio di archivi immutabili (Quantum Ledger Database, QLD, messo a disposizione da Amazon Web Services) dove sono scritte le varie transazioni.
Le blockchain centralizzate sono meno energivore delle blockchain distribuite, che sono invece quelle usate nel caso di alcune criptovalute dove ogni attore crea nuovi nodi di verifica, con un aumento esponenziale del consumo di energia. “Abbiamo definito una procedura che adesso è pronta all’uso per tutti gli utenti che si registreranno sulla nostra piattaforma. Si potranno tracciare i singoli lotti di materia plastica a tutti i livelli della filiera, dal rifiuto al prodotto riciclato finito tramite un modello pay-per-use che consente agli operatori di registrare i propri prodotti”, dice Chiaramondia.
La filiera della plastica riciclata può essere suddivisa in cinque livelli:
1) Rifiuto, ovvero raccolta differenziata da parte delle amministrazioni / multi utility;
2) Assegnazione, cioè l’avvio ai centri di raccolta e selezione e l’assegnazione delle balle di rifiuti plastica ai rigeneratori;
3) Materie Prime Seconde, prodotte dai rigeneratori e immesse sul mercato sotto forma di bottiglie schiacciate per il PET e di granuli o scaglie per gli altri polimeri;
4) Semilavorato, prodotto dal trasformatore;
5) Prodotto finale, dove intervengono gli operatori industriali che producono il prodotto finito.
“Almeno a tre livelli della filiera ci sono già dei player importanti che hanno mostrato interesse al nostro protocollo tecnologico e stiamo cercando di coinvolgere altri attori piloti. - aggiunge Chiaramondia - Accettiamo e accogliamo altri pionieri che vogliano darci suggerimenti su come migliorare”.
Blockchain: un possibile supporto alle certificazioni per la plastica riciclata?
Ad oggi esistono cinque schemi di certificazione riconosciuti a livello europeo per la tracciabilità della plastica, tra cui lo schema Plastica Seconda Vita rilasciato dall’Istituto Italiano dei Plastici (IPP). Questi schemi di certificazione sono “molto blindati ed è difficile scappare alla tracciatura perché sono previste delle ispezioni obbligatorie” dice un esperto di certificazioni a Materia Rinnovabile. Nel caso di Plastica Seconda Vita, l’IPP (soggetto certificatore) emana la certificazione ed è sua volta sottoposto a un controllo da parte di Accredia, l’ente italiano di accreditamento che fa parte della rete di enti a livello internazionale tra i quali c’è un mutuo riconoscimento per le certificazioni rilasciate. “Quando è rifiuto c’è tracciabilità. Perché senza formulario, autorizzazione, pesatura il materiale non può entrare in un centro di recupero e riciclo o smaltimento. Invece dopo, se non c’è un sistema di tracciabilità del contenuto di riciclato dei vari prodotti, tendenzialmente questa tracciabilità si può perdere perché ci sono [solo] autocertificazioni”, spiega l’esperto.
“Certified Recycled Plastics è uno strumento che potrebbe essere usato da parte degli enti certificatori. Diamo per scontato che gli operatori che utilizzeranno il nostro protocollo abbiano una certificazione ambientale”, dice Stefano Chiaramondia.
“Già nel 2010 abbiamo creato un disciplinare per tracciare e certificare ogni fase della filiera, dalla raccolta al trattamento finale andando volontariamente oltre quanto richiesto dalle norme. Non possiamo che essere d’accordo sull’utilizzo di tecnologie [come la blockchain] che permettano di migliorare la protezione delle filiere da illeciti. Altrettanto importante che vengano coinvolti coloro che già costantemente effettuano questi controlli sul campo e documentali, in modo da considerare tutte le vulnerabilità che man mano si presentano e trovare soluzioni aggiuntive”, spiega a Materia Rinnovabile Giuliano Maddalena, direttore del consorzio Ecoped.
Altri esperti interpellati hanno preferito attendere ad esprimere un’opinione fino a quando non saranno disponibili nuove informazioni con maggiori dettagli sul meccanismo di funzionamento. “Non è chiaro come il sistema di blockchain possa essere usato quando si fanno prodotti riciclati e da un lotto di materie prime seconde si passa a oggetti finiti immessi sul mercato, dove i granuli riciclati sono stati mischiati assieme ad altri materiali”, ha precisato uno di loro. “Attendiamo di vedere come funziona questo protocollo, magari si andrà a innestare in maniera efficace in uno schema di certificazione esistente”.
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