Un altro importante passo in avanti sull’economia circolare europea. Il 9 febbraio è stato votato dal Parlamento UE il nuovo Piano di Azione per l’Economia Circolare, in risposta al piano presentato dalla Commissione europea.
La mozione, approvata con 574 voti favorevoli, 22 contrari e 95 astensioni, sollecita la Commissione europea a fissare obiettivi vincolanti per il 2030 per l'utilizzo dei materiali e l'impronta di consumo di tutti i prodotti immessi sul mercato dell'UE. Chiede inoltre all'esecutivo dell'UE di introdurre standard specifici per prodotto per i materiali riciclati da incorporare nei nuovi prodotti immessi sul mercato europeo. Il documento serve come tracciato per guidare le decisioni in termini di nuove direttive sul tema economia circolare.
“Se continuiamo a utilizzare tutte queste risorse naturali a questa velocità, entro il 2050 non avremo bisogno di un pianeta, ma di tre", ha commentato ai giornalisti Jan Huitema, un eurodeputato liberale olandese, autore del rapporto del Parlamento.
“Sono tantissimi i passi in avanti”, commenta l’eurodeputata del Partito Democratico Simona Bonafè, che ha avuto un ruolo di primo piano nella proposta. “Innanzitutto l’Action Plan si concentra sulla prevenzione, ovvero su come si evita di generare rifiuti. Per questo il piano estende l’ecodesign a tutti i prodotti e non solo agli elettrodomestici, spinge per le etichettature verdi, per azioni volte ad aumentare la riparabilità dei prodotti (iniziativa right-to-repair), per target minimi sugli appalti verdi, per allocare risorse per la ricerca ed innovazione sulle materie prime seconde”.
“È certamente condivisibile l’attenzione che il Piano dedica alle sette catene di valore ad alto impatto (iprodotti elettronici e tecnologie informatiche, batterie e veicoli, imballaggi, plastiche, tessili, costruzioni, cibo-acqua-nutrienti) e le relative iniziative legislative. - commenta Laura D’Aprile, Direttore generale per l’economia circolare al Ministero dell’Ambiente - L'Italia nel negoziato sulle Conclusioni del Consiglio ha sempre sottolineato il forte legame tra circolarità, politiche climatiche, protezione delle biodiversità, salute, sviluppo e ripresa sostenibile”.
Il documento contiene una richiesta specifica per presentare una nuova legislazione nel 2021, che estenda l'ambito di applicazione della direttiva sulla progettazione ecocompatibile (Ecodesign) per includere i prodotti non legati all'energia. Ciò dovrebbe stabilire delle norme specifiche per tutti i prodotti immessi sul mercato dell'UE affinché forniscano prestazioni di durabilità, riusabilità, riparabilità, non tossicità, possibilità di miglioramento, riciclabilità, contenuto riciclato ed efficienza dal punto di vista energetico. Una svolta epocale, se le raccomandazioni fossero riprese dalla Commissione così come contenute nel Piano.
Diritto alla Riparazione
Il Parlamento EU ha richiesto norme chiare volte a fornire al mondo delle imprese accesso gratuito all’informazione inerente al design di prodotto per agevolare riparazione e manutenzione, comprese informazioni dettagliate per i pezzi di ricambio, i dettagli di assembramento e financo software e aggiornamenti dei software, tutelando però, come ricorda Francesco Petrucci su ReteAmbiente, la protezione delle informazioni commerciali garantita dalla Dir 2016/943/EU. Fino ad oggi queste indicazioni erano limitate agli elettrodomestici, ora il Parlamento UE chiede che sia esteso a tutti i prodotti di consumo. “Questa è una svolta importantissima per l’economia circolare”, spiega Donatella Pavan, presidente di Giacimenti Urbani, associazione che da anni spinge per il diritto alla riparabilità. “L’Italia deve giocare d’anticipo e spingere per includere l’indice di riparabilità, come fatto dalla Francia, che spiegherebbe il valore aggiunto di un oggetto più riparabile. Gli oggetti con parti scomponibili, ad esempio, possono costare anche di più, ma i consumatori devono sapere che se pagano di meno in realtà rischiano di spendere di più quando devono portare in riparazione il prodotto”.
“Nelle Conclusioni approvate lo scorso 17 dicembre, il Consiglio dell’Unione europea ha espresso un forte supporto all’impegno della Commissione rispetto alla produzione sostenibile e alla riparazione dei beni, sottolineando l’importanza di queste attività anche dal punto di vista sociale e occupazionale, oltre che ambientale”, aggiunge Laura D’Aprile. “La Commissione europea è intervenuta con l’intenzione di rafforzare quanto in parte già previsto anche nella legislazione sui rifiuti. A tal riguardo, a livello nazionale, l’articolo 180 del d.lgs.152/2006 prevede tra le misure di prevenzione dei rifiuti da implementare “l’incoraggiamento della creazione di sistemi che promuovano attività di riparazione e di riutilizzo”. La riparazione di beni si pone tra le operazioni che consentono di allungare la vita di un prodotto ed è pertanto in grado di ridurre la produzione di rifiuti. Come tale, rientra nella prevenzione e si pone dunque al vertice della gerarchia che deve guidare le politiche di gestione dei rifiuti a livello comunitario e nazionale”.
Tessile e microplastiche
Importante svolta anche per il fine vita del tessile, con una chiara domanda per contrastare la dispersione delle microplastiche nell’ambiente, un tema centrale su cui varie compagnie stanno già lavorando con l’introduzione di fibre biobased, come fatto da PrimaLoft. Nello specifico, si legge nel testo, “si sottolinea che occorre dare priorità alla prevenzione e alla sostenibilità dei rifiuti, alla riutilizzabilità e alla riparabilità, nonché al contrasto in materia di sostanze chimiche pericolose e dannose, in linea con la gerarchia dei rifiuti; si chiedono misure in fase di progettazione e produzione contro la perdita di microfibra sintetica e altre misure, come lo sviluppo di un prelavaggio industriale preventivo controllato e non inquinante e norme per dotare le nuove lavatrici di filtri per le microfibre; si chiedono criteri specifici a livello di UE in materia di cessazione della qualifica di rifiuto per i tessili”.
“Il tema delle microfibre è di fondamentale importanza per la riduzione dell'inquinamento da plastiche. - spiega D’Aprile - Ogni anno finiscono in mare 0,5 milioni di tonnellate di fibre sintetiche, ossia il 35% delle microplastiche primarie rilasciate nell'ambiente. Per questo la filiera del tessile sarà uno dei flussi prioritari che sarà trattata nel Programma nazionale di prevenzione dei rifiuti in corso di elaborazione”.