Nell’ironico e apocalittico kolossal di Netflix Don’t look up, una cometa è decisa a schiantarsi sulla Terra. Leonardo DiCaprio interpreta un astronomo a metà tra il terrorizzato e il basito: anziché distruggere la minaccia incombente, il governo degli Stati Uniti, pilotato da un imprenditore molto goloso di profitti, vuole mettere a repentaglio la sopravvivenza della razza umana per estrarre preziose materie prime dalla cometa killer.

C’è sempre molta scienza nella fantascienza: gli asteroidi sono davvero forzieri celesti viaggianti, si spera non destinati a finirci addosso. Miniere d’oro, ma anche di ferro, nichel, terre rare ambitissime perché sempre meno disponibili in questo frammento sperduto d’universo. 

Goldman Sachs, tempo fa, ha calcolato che le grandi patate intergalattiche, in media, potrebbero contenere ciascuna l’equivalente di 50 miliardi di dollari di platino. Una sovrabbondanza in grado di spiegare perché lo space mining, la frenesia d’improvvisarsi minatori tra le stelle, sia una frontiera che fa gola a tanti. Ad agenzie spaziali storiche come ad ambiziose startup dal nome evocativo, da AstroForge a TransAstra, al lavoro per trasformare la visione in un business: the next big thing galleggia lassù sopra le nostre teste.

L’asteroide da 1 miliardo di euro

Un asteroide in particolare, battezzato in maniera lisergica ‒ 16 Psyche ‒ contiene una tale abbondanza d’oro che, in un orizzonte di un’ecumenica redistribuzione della sua ricchezza (questa sì un’utopia fantascientifica), assegnerebbe a ogni abitante di questo pianeta una dote di oltre 1 miliardo di euro.

“È un numero che vale poco. Intanto perché le risorse non arriverebbero tutte insieme, ma sarebbero disponibili una frazione alla volta. E poi, l’aumento dell’offerta farebbe abbassare in modo proporzionale i prezzi”, ragiona l’astrofisica Simonetta Di Pippo, direttore dello Space Economy Evolution Lab di Sda Bocconi e tra i più grandi esperti mondiali di spazio, con un curriculum di esperienze che includono le Nazioni Unite e l’Esa, l’agenzia spaziale europea.

“Mi definisco una ‘astrodiplomatica’, convinta che lo spazio sia la soluzione per il futuro”, si schermisce lei, schivando le cariche altisonanti. D’altronde il suo ultimo libro, Space economy – La nuova frontiera dello sviluppo (Bup, 2022), nel calderone di opportunità già attuali di un comparto da 469 miliardi di dollari, inserisce proprio lo space mining. L’antitesi di una chimera. 

Giusto per fare alcuni esempi: a ottobre del 2023 la Nasa partirà per una missione esplorativa di 16 Psyche. “Il primo passo sarà caratterizzare, studiare quello che ha all’interno”. Rendere quest’entità, come altre simili, meno ufo: meno oggetti volanti non identificati. 

L’americana TransAstra lavora invece a un approccio originale all’epopea dei trivellamenti in orbita: anziché lanciare escavatrici con un razzo incorporato, ha partorito una sorta di gabbia volteggiante. Cosa fa? Cattura l’asteroide e lo frantuma sfruttando la potenza dei raggi solari, ricavando e conservando al suo interno acqua, gas e altri componenti utili per essere carburanti per le navicelle.

“Quello di usare gli asteroidi come una sorta di autogrill spaziali, per consentire alle astronavi di rifornirsi e arrivare più lontano, è una possibilità piena di senso”, conferma Di Pippo, prima di aggiungere una cautela: “Tali corpi dovranno essere manipolati con molta attenzione, per evitare di deviarne la traiettoria. Per scongiurare l’ipotesi che da innocui diventino pericolosi, magari finendo per dirigersi verso la Terra”. Altrimenti, da fiction, il film di Netflix diventerebbe profezia. E non sarebbe troppo ovvio aspettarsi un lieto fine.

Finanziamenti e regolamenti

Una cosa è certa: lo space mining non è questione di se ma di quando. “Le tecnologie e i metodi ci sono, occorre trovare i finanziamenti adeguati per svilupparle e metterle in atto.” Anche perché, è palese, la remunerazione non sarebbe immediata, quanto di medio-lungo periodo, uno sfasamento poco o nulla gradito agli investitori. 

Si apre poi la questione della regolamentazione, perché il pilastro portante delle leggi che normano lo spazio si basa sul principio di non appropriazione. Detto in modo brutale, non ci si può svegliare un giorno e decidere di rendere groviera un asteroide, scippando quello che contiene: “A oggi, per lanciare una qualunque missione nello spazio, bisogna chiedere un permesso alle autorità nazionali, che dovrebbero dare un’approvazione solo se la proposta si trova in linea con i trattati internazionali”. 

C’è da presumere che i soliti noti – Stati Uniti, Cina e Russia in primis – non si faranno troppe remore a forzare la mano per riscrivere i principi chiave del comparto, specie se la cosa dovesse tornare a loro vantaggio. Ma prima di preoccuparsi dell’infinitamente grande, degli equilibri geopolitici sconvolti da una redistribuzione delle materie prime (l’Africa tornerebbe improvvisamente marginale, per dirne una), occorre curarsi del microscopico. “Si sta tendendo a dare per scontato che questi solidi o liquidi estratti non contengano nulla di dannoso per l’essere umano”, avverte Di Pippo. “In verità, non sappiamo se sia prudente farli entrare in contatto con gli equipaggi e, in generale, con gli esseri umani”. Già, servirà una quarantena interstellare.

E gli impatti ambientali?

È uno dei nodi da sciogliere nello scolpire i contorni dello space mining, assieme alla definizione del suo impatto ambientale. Un andirivieni di razzi gravidi di materie prime non pare uno scenario molto green: “Perciò, in parallelo, la ricerca deve muoversi nella direzione di sviluppare carburanti verdi o comunque meno inquinanti. Pesare il tutto in un’ottica di costi-benefici”. Perché, in effetti, se ci si stabilisce e si va a trivellare attorno a Marte, si riduce la medesima attività sulla Terra e non è nemmeno necessario trasportare quanto estratto da un continente all’altro.

Lo spazio va considerato un elemento chiave per la lotta al cambiamento climatico”, rimarca l’astrofisica, evidenziando lo stravolgimento della prospettiva spalancato da quest’opportunità: “Stiamo finalmente capendo che la space economy ha ricadute fondamentali sul nostro pianeta. Sarà l’acceleratore di uno sviluppo sostenibile”. A patto di essere più lungimiranti, e meno avidi, dei personaggi dei nostri film.

 

Immagine: Cristallo, asteroide della Fascia principale. Paris Saliveros, Pixabay