Qual è il rapporto degli italiani con l’acqua? L’Osservatorio della Community Valore Acqua per l’Italia del think tank The European House – Ambrosetti ha voluto vederci chiaro e il 23 febbraio scorso ha presentato i suoi risultati.
L’indagine, compiuta su un campione di 1000 cittadini nel mese di ottobre 2021, ha fatto emergere otto paradossi legati alla percezione del valore attribuito alla risorsa idrica, alle prassi relative al suo uso quotidiano e alla conoscenza della filiera industriale. Vengono così a galla vecchi miti sulle tariffe e l’immotivata mancanza di fiducia nell’acqua del rubinetto, ma non solo. Fa capolino una nuova contraddizione: gli italiani dichiarano che il cambiamento climatico è una priorità, ma lo considerano ancora lontano dal proprio giardino. Siamo il secondo Paese più idrovoro d’Europa e il deficit di informazione va a scapito di un utilizzo consapevole della risorsa. Proviamo quindi a rimediare.
Paradossi della spesa troppo elevata e del costo dell’acqua
Nonostante pesi lo 0,6% della spesa media mensile familiare, 6 cittadini su 10 ritengono che la bolletta dell’acqua sia troppo onerosa. Lo è davvero? Secondo la Relazione Annuale 2021 dell’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (ARERA), con riferimento ad un campione di 85 gestioni che erogano il servizio idrico a 35 milioni di abitanti, un’utenza domestica residente tipo può andare dai 244 euro annui nel Nord-Ovest del Paese ai 380 euro del Centro. È bene capire il perché di questa differenza. Le tariffe seguono il principio della copertura dei costi efficienti di esercizio e di investimento, facendo sì che anche le sole caratteristiche geomorfologiche del terreno possano incidere considerevolmente sul costo finale. Pertanto, a livello nazionale, per un nucleo di 3 persone con consumo di 150m3 la spesa annua ammonta in media a 317 euro. Se può sembrare tanto, ecco servito il paradosso. L’Italia è uno dei Paesi con le tariffe più basse d’Europa. Il dato medio si attesta a poco più di 2 euro al m3, la metà della Francia e quattro volte inferiore alla Danimarca.
Quanto appena detto non sorprende se si considera che quasi 9 intervistati su 10 sovrastimano la reale spesa media annua per cittadino. Quanto costa l’acqua? Solo 1 su 7 ha indovinato la cifra: 85 euro. Peraltro, più del 90% degli intervistati non è a conoscenza del costo unitario per mille litri d’acqua, che viene sopravvalutato nel 56% dei casi.
Paradosso del bonus sconosciuto
Insomma, ci lamentiamo di sostenere elevati costi in bolletta, ma solo il 60% dei rispondenti conosce la possibilità di rateizzarla. Tale facoltà trova fondamento nell’Allegato A della Delibera ARERA 655/15. La rateizzazione dei pagamenti può essere richiesta entro i 10 giorni solari successivi alla scadenza della bolletta. Basta rivolgersi al proprio gestore. Le rate non sono cumulabili e hanno una periodicità corrispondente a quella di fatturazione, salvo un diverso accordo tra le parti.
Il bonus idrico, previsto inizialmente dalla Legge di Bilancio 2021 e ora prorogato fino al 2023, è conosciuto invece da meno della metà dei cittadini. La misura è stata introdotta per favorire il risparmio di risorse idriche e consiste nel riconoscimento, a determinate condizioni, di un bonus di 1.000 euro per chi abbia sostituito sanitari in ceramica con nuovi apparecchi a scarico ridotto e rubinetti o soffioni a flusso limitato.
Ultima, ma non meno importante, è la diffusa inconsapevolezza dell’esistenza di strumenti di agevolazione economica per le fasce più vulnerabili della popolazione. Un esempio su tutti: dal 2021 ARERA ha introdotto la cosiddetta “tariffa pro-capite”, che prevede scaglioni variabili in funzione del numero dei componenti il nucleo familiare. La tariffa, che dovrebbe premiare gli utenti virtuosi, include una fascia di consumo agevolata che garantisce importi ridotti fino a 50 litri a persona al giorno, ossia il minimo vitale individuato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Paradossi della scarsa fiducia dell’acqua del rubinetto e del “cosa c’è dietro”
Considerando la media italiana, dalla survey emerge che solo il 29,3% dei cittadini beve abitualmente acqua del rubinetto. L’altra faccia della medaglia è l’uso sconsiderato di acqua in bottiglia: ne siamo i primi consumatori d’Europa. Nonostante la qualità dell’“acqua del sindaco” sia tra le più alte del Vecchio Continente, c’è quindi chi preferisce spendere mille volte tanto al m3 per la versione in PET, vetro o Tetrapak. Tuttavia, esiste una quota di cittadini (31,5%) che non si fida a bere acqua del rubinetto ma consuma più o meno abitualmente acqua da erogatori pubblici. Questo mette in luce una differente percezione qualitativa tra l’acqua di casa e quella di fontane e distributori posizionati al piano stradale, sottolineando una mancata fiducia nella sicurezza dell’ultimo miglio della rete.
C’è infine scarsa consapevolezza di cosa ci sia dietro l’acqua del rubinetto, ossia sul ruolo svolto dal gestore del Servizio Idrico Integrato. Oltre il 37% dei cittadini non conosce il proprio gestore e più della la metà degli italiani non sa che le aziende del Servizio Idrico Integrato si occupano anche delle fasi di depurazione e fognatura.
Paradosso NYMBY (Not In My Back Yard) e paradosso del consumatore attento
“Anche se registriamo l’attenzione al cambiamento climatico – indicato dagli intervistati come la seconda priorità del Paese – emerge un approccio “NIMBY” (Not In My Back Yard) che tende a sottovalutare la vicinanza del fenomeno: se chiediamo agli italiani le priorità nel loro territorio di riferimento, il cambiamento climatico scende al quarto posto” ha dichiarato a Materia Rinnovabile Benedetta Brioschi, Responsabile Food&Retail&Sustainability, The European House – Ambrosetti. Eppure, gli effetti del riscaldamento globale dovrebbero essere evidenti a tutti. La siccità che stiamo vivendo ha di recente costretto il Capo Dipartimento della Protezione Civile Fabrizio Curcio a lanciare l’allarme siccità in pieno inverno. Ciononostante, restiamo secondi in Europa come consumo d’acqua, con 220 litri pro capite. Anche se l’indagine dimostra come l’utilizzo responsabile di acqua sia il terzo comportamento sostenibile più adottato, oltre due terzi degli intervistati sottostimano il proprio effettivo consumo giornaliero. Ciò non fa che protrarre abitudini errate: solo un cittadino su tre utilizza dispositivi di ottimizzazione dei consumi domestici come la cassetta a doppio scarico per WC.
Paradosso della disponibilità a pagare
La popolazione italiana sembra invece aver metabolizzato la necessità di ridurre l’impatto ambientale del servizio idrico. Saranno state le ricorrenti notizie delle sanzioni UE in materia di depurazione (30 milioni a semestre) o forse gli allarmanti dati sulla perdita di rete (41 litri ogni 100 immessi). Fatto sta che più della metà dei cittadini sarebbe disposto a sostenere un piccolo aumento in bolletta per rendere il servizio più efficiente e sostenibile, mentre l’83% di questi dichiara una disponibilità a pagare tra i 5 e gli 11 euro annui in più per agevolare interventi di efficientamento e di risparmio idrico.
Quest’ultimo, tra i dati presentati dall’Osservatorio della Community Valore Acqua per l’Italia - tra i cui main partner figurano utilities del calibro di A2A, ACEA, Hera, Iren – si può anche leggere come una rinnovata fiducia nel genus “gestori”, che si potrebbe tradurre in 400 milioni di investimenti aggiuntivi. La necessità di sostenere interventi - eventualmente anche attraverso aumenti tariffari – andrà presto di pari passo ad una maggiore trasparenza in bolletta sulla qualità e sul prezzo delle acque destinate a consumo umano, con comparazioni obbligatorie sul consumo idrico annuo del nucleo familiare. A prevederlo è l’art. 17 della Direttiva Ue 2184/2020 - nata grazie ad un’Iniziativa dei Cittadini Europei “Right2Water” – che dovrà trovare attuazione entro il 12 gennaio 2023. Migliorare la comunicazione ai cittadini dovrebbe servire a ridurre lo stress idrico e colmare il preoccupante deficit informativo di cui abbiamo fin qui detto. Ciò a dimostrare che il valore dell’acqua è molto più del suo prezzo.