L’aggiornamento della Lista Rossa IUCN non poteva che arrivare durante la COP 15 sulla biodiversità in corso a Montreal, Canada. E infatti così è stato. Oggi 9 dicembre, l'Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN), ha rilasciato una nuova versione della Red List of Threatened Species, il più completo (e sempre più lungo) inventario delle specie a rischio di estinzione a livello globale.
Stando a quando annunciato, la Lista Rossa – strumento essenziale per indirizzare e ottimizzare gli sforzi di conservazione - comprende ora 150.388 specie, di cui oltre 42 mila prossime alla scomparsa. Non solo sulla terraferma. Ad essere in pericolo sono soprattutto le piante e gli animali che popolano gli ecosistemi marini. Dugonghi, molluschi abaloni e coralli pilastro ora sorvegliati speciali.
La Lista Rossa IUCN lancia un nuovo allarme biodiversità
"L'aggiornamento della Lista Rossa IUCN di oggi rivela una tempesta perfetta di attività umane insostenibili che, in tutto il globo, stanno decimando la vita marina. Mentre il mondo guarda alla conferenza delle Nazioni Unite sulla biodiversità, attualmente in corso, per definire il percorso di recupero della natura, non possiamo semplicemente permetterci di fallire", ha dichiarato Bruno Oberle, Direttore generale dell'IUCN. "Dobbiamo affrontare con urgenza le crisi legate al clima e alla biodiversità, con profondi cambiamenti nei nostri sistemi economici, o rischiamo di perdere i benefici cruciali che gli oceani ci offrono".
Tra fauna e flora, circa 1500 delle quasi 18 mila specie marine valutate sono ora considerate a rischio estinzione. Di queste, oltre il 41% è minacciato dai cambiamenti climatici, che però non sono l’unica causa. A mettere a dura prova gli ecosistemi acquatici, sommando i loro effetti, ci sono anche malattie, inquinamento, pesca illegale e intensiva.
Abaloni, dugonghi e coralli pilastro ora considerati a rischio
A fare ingresso nella Red List IUCN ci sono il 44% di tutte le specie di molluschi abalone. Conosciuti anche con il suggestivo “orecchia di Venere” per le loro dimensioni, sono alcuni dei frutti di mare più costosi al mondo, nonché facile vittima di ondate di calore, pesca intensiva e commercio illegale.
"L’abalone riflette in microcosmo la disastrosa gestione degli oceani da parte dell'umanità: pesca eccessiva, inquinamento, malattie, perdita di habitat, fioriture algali, riscaldamento e acidificazione, solo per citare alcune minacce. Sono davvero il canarino nella miniera di carbone", ha dichiarato Howard Peters, membro del gruppo di specialisti IUCN che ha condotto la valutazione. "L'azione più immediata che la gente può intraprendere è quella di mangiare solo abaloni di allevamento o di provenienza sostenibile. Anche l'applicazione delle quote di pesca e delle misure antibracconaggio è fondamentale.”
Anche i dugonghi - grandi mammiferi marini erbivori - sono considerati in pericolo. Se ne contano meno di 250 individui adulti in Africa orientale e meno di 900 in Nuova Caledonia, in pieno Oceano Pacifico. Tra le cause del declino della popolazione, oltre al cambiamento climatico, ci sono cattura involontaria e ferite da imbarcazione, che vanno a sommarsi a produzione di fonti fossili e inquinamento chimico dovuto allo sviluppo costiero. Fattori, quest’ultimi, che contribuiscono al danneggiamento delle piante marine – come le praterie di posidonia oceanica – di cui si nutrono.
Il corallo pilastro (Dendrogyra cylindrus), presente in tutti i Caraibi dalla penisola dello Yucatan e dalla Florida fino a Trinidad e Tobago, è passato invece da “vulnerabile” a “criticamente minacciato” dopo che la sua popolazione si è ridotta di oltre l'80% nella maggior parte del suo areale dal 1990. La minaccia più urgente è la perdita del tessuto del corallo, malattia emersa negli ultimi quattro anni e altamente contagiosa, capace di infettare tra i 90 e i 100 metri di barriera corallina al giorno, anche grazie allo sbiancamento causato dall'aumento della temperatura superficiale del mare e l'eccesso di antibiotici, fertilizzanti e acque reflue.
Image: Hitoshi Namura (Unsplash)