Rimandata, attesa, anticipata, persino temuta, la COP26 è arrivata. Si apre domenica 31 ottobre a Glasgow la 26esima Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. Sul tavolo di quella che è già stata definita come “la prima COP dell’economia reale” c’è soprattutto la speranza di raggiungere finalmente dei risultati concreti. Risultati che, necessariamente, dovranno passare per le politiche e le legislazioni dei singoli Paesi.
È per questo che, in vista del summit di Glasgow, il think tank italiano ECCO ha redatto un’analisi sulla governance dell’Italia in materia di cambiamento climatico. Con l’augurio che la COP26 sia l’occasione buona per adottare una vera legge sul clima.
Gli strumenti dell’Italia per la lotta al cambiamento climatico
“L’attuazione della transizione ecologica non può prescindere dagli strumenti normativi e le strutture decisionali deputate a rendere questo processo reale ed efficace. Senza una nuova ‘governance per il clima’ non sarà possibile raggiungere gli obiettivi e gestire la transizione in modo giusto e ordinato”. Esordiscono così gli autori del report, Elisa Giannelli, Francesca Bellisai, Luca Bergamaschi e Matteo Leonardi.
L’analisi del think tank ECCO parte facendo una ricognizione degli strumenti normativi che il governo italiano ha attualmente a disposizione per guidare le politiche climatiche. Si tratta innanzitutto del Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC), pubblicato nel 2019, e della Strategia Italiana di lungo periodo (o Long Term Strategy, LTS) pubblicata nel gennaio 2021. Nell’ultimo anno a queste due strategie si sono aggiunti la proposta di Piano per la Transizione Ecologica (PITE), con la quale l’Italia aggiorna, tra le altre cose, il suo obiettivo al 2050 impegnandosi alla neutralità climatica, e naturalmente il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). Il PNIEC e la LTS rimangono tuttavia gli strumenti principali nell’azione per il clima: strumenti che, nonostante siano relativamente recenti, appaiono secondo l’analisi di ECCO “già superati e inadeguati a rispondere prontamente all’urgenza della sfida climatica, per contenuto, strategia e implementazione”.
Oltre alle carte, ci sono poi le persone, ovvero le risorse umane che, nei vari Ministeri, si devono occupare di portare avanti le politiche per il clima e di fare da ponte di comunicazione fra tecnici e politici. Spicca in particolare il ruolo del CITE, il Comitato Interministeriale per la Transizione Ecologica di recente istituito presso la Presidenza del Consiglio.
Limiti della governance italiana sul clima
Posto che gli strumenti di una efficace politica per il clima andrebbero continuamente aggiornati, i ricercatori di ECCO procedono a individuare i limiti principali di quelli italiani.
Il primo limite riguarda la qualità degli obiettivi climatici italiani e della loro definizione. I problemi risiedono soprattutto nelle tempistiche, nella carenza di dati scientifici aggiornati e nella mancanza di obiettivi e tappe intermedie che si integrino con la visione strategica a lungo termine.
Altro limite molto grave è l’incoerenza delle politiche nazionali con gli obiettivi climatici. “In particolare - spiega il rapporto - il continuo supporto al gas naturale e alle infrastrutture energetiche rispetto agli scenari di decarbonizzazione; gli investimenti nel Piano di Ripresa e Resilienza insufficienti rispetto ai livelli di finanziamenti necessari per la transizione; l’esigenza di includere una fiscalità climatica nelle prossime riforme fiscali”.
Infine, è carente il monitoraggio dei progressi raggiunti
Cosa fare per migliorare
Il think tank non si limita, tuttavia, a individuare i gap della politica climatica italiana, ma offre anche delle raccomandazioni per migliorare.
Servirebbe prima di tutto, suggerisce lo studio, l’adozione di un bilancio di emissioni o carbon budget, per definire obiettivi realistici e puntuali e avere un sistema di valutazione e monitoraggio chiaro e immediato. A proposito di monitoraggio, sarebbe poi bene dotare anche l’Osservatorio PNIEC di una metodologia di valutazione adeguata.
È poi necessario definire le responsabilità politiche per ogni decisione da prendere in materia di clima e integrare gli obiettivi climatici negli statuti e nei mandati di istituzioni e controllate pubbliche.
Inoltre, il think tank auspica la creazione di “un Comitato scientifico indipendente per avvicinare conoscenze scientifiche alle scelte politiche, consigliando i decisori e verificando regolarmente la coerenza degli impegni con gli obiettivi climatici”.
Infine, sarebbe finalmente ora di adottare una vera “legge quadro sul clima”. “L’Italia non se ne è ancora dotata, ma prendere l’impegno durante la prossima COP26 di elaborarne una nel corso del 2022 manderebbe un segnale importante d’azione e impegno politico”, concludono i ricercatori di ECCO.