A Bruxelles la definiscono una lunga partita. Apertissima. Perché il regolamento proposto dalla Commissione europea sugli imballaggi dovrà essere approvato anche dal Parlamento e dal Consiglio europeo, rispettivamente voce del popolo e degli Stati membri, prima di essere legge. E visto il malcontento di tutta l’industria del packaging italiana (e non solo) su alcuni target, l’approvazione di un testo che faccia contenti tutti potrebbe richiedere anni di negoziati.

Si è discusso soprattutto di questo alla presentazione del rapporto Riciclo in Italia 2022, realizzato dalla Fondazione Sviluppo Sostenibile, che come ogni anno testimonia l’efficienza di un sistema non perfetto, ma che, numeri alla mano, rappresenta un’eccellenza a livello europeo. “Negli ultimi 30 anni abbiamo triplicato i tassi di riciclo in ogni settore – ha detto il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica Gilberto Picchetto Fratin - Vantiamo un primato rispetto alle altre economie europee. Dovremmo dire che siamo 9 anni avanti rispetto ai target che altre importanti realtà europee faticano a raggiungere e la scelta della Commissione europea di puntare sul riutilizzo non mi trova d’accordo”.

Riciclo e riutilizzo: i punti del dissenso sugli imballaggi monouso

Uno dei motivi dell’insoddisfazione dell’industria italiana si trova all’articolo 26 della proposta che stabilisce una serie di obiettivi di riutilizzo e ricarica per diversi settori e formati di imballaggio. Per esempio dal 1° gennaio 2030 il 20% delle bevande fredde e calde da asporto riempite in un contenitore dovrà essere disponibile in un imballaggio riutilizzabile all'interno di un sistema che ne consenta il rifornimento.
L’altro punto parecchio dibattuto riguarda l’articolo sull’
introduzione di sistemi di deposito cauzionale (DRS) dal gennaio 2029 per gli Stati membri che non raggiungono un tasso di raccolta del 90% per le bottiglie di plastica monouso e i contenitori per bevande usa e getta in metallo e alluminio. Il DRS non è un sistema di riutilizzo ma di raccolta, che aiuta ad intercettare gli imballaggi monouso post consumo. Mentre è stato adottato in 12 Paesi europei, per il Conai rappresenterebbe una duplicazione inutile di costi economici e ambientali e andrebbe ad affiancare, senza sostituirsi in tutto, alle raccolte differenziate tradizionali.

È stata la prima volta che la Commissione ha proposto di regolamentare i gradi più alti della gerarchia del rifiuto – ha spiegato Mattia Pellegrini, capo del direttorato sull’ambiente alla Commissione Europea riferendosi alla direttiva quadro dei rifiuti che parla di prevenzione e riutilizzo – I kg di rifiuto da imballaggio per abitante europeo sono aumentati esponenzialmente, nonostante si sia ridotto il peso dei singoli imballaggi. Dovevamo intervenire e per farlo abbiamo stabilito questi target di riutilizzo”. Pellegrini ricorda che la Commissione europea è al corrente che l’Italia rappresenta un modello vincente per quanto riguarda il riciclo. “Non vediamo i due approcci in competizione e pensiamo che l’Italia faccia bene a continuare ad investire nel riciclo. Bisogna anche considerare che il processo di co-decisione tra Consiglio e Parlamento europeo potrebbe durare anni. Per il resto ci sono tanti altri punti del regolamento che ci vedono sulla stessa linea di pensiero”, ha aggiunto Pellegrini.

Meno ottimista è Katia Da Ros, vicepresidente di Confindustria, che critica Bruxelles per il fatto che non abbia pensato a una direttiva più flessibile, che avrebbe potuto dare la possibilità ai 27 Paesi di recepirla in base alle proprie necessità. Confindustria pensa che le percentuali di riutilizzo siano troppe alte e che penalizzino ingiustamente l’efficiente filiera del riciclo italiano. “L’intenso uso di acqua e l’utilizzo di detergenti per implementare sistemi di riutilizzo non ci convince – ha dichiarato Katia Da Ros - Sui vantaggi ambientali del riutilizzo non abbiamo visto prove scientifiche”. Questo è un punto controverso perché le analisi di impatto ambientale si basano su LCA (Life-cycle assessment) che possono prendere in considerazione fattori diversi, a seconda del contesto e del materiale dell’imballaggio. Tuttavia per quanto riguarda il monouso, i sistemi di riutilizzo sono nella maggior parte dei casi più virtuosi dal punto di vista ambientale.

Di un simile avviso è Luca Ruini, presidente del Conai. “Le modalità secondo noi devono essere portate avanti da discussioni e confronti. Bisogna trovare strumenti che possano trovare un equilibrio tra riuso e riciclo in funzione del contesto del Paese. L’Italia è uno dei Paesi che ha mostrato la maggior trasparenza in questo settore a livello di dati e reporting. Questo è fondamentale quando si parla di target europei da raggiungere”.

L’Italia del riciclo: punti forti e debolezze

Dallo studio Il Riciclo in Italia 2022 presentato da Edo Ronchi, emerge che il nostro Paese nel 2020 ha riciclato il 72% di tutti i rifiuti, urbani e speciali-industriali, un primato europeo che stacca di parecchio il 53% della media europea. La raccolta differenziata dei rifiuti urbani è arrivata al 63% e lo smaltimento in discarica è sceso al 20%; mentre il riciclo degli imballaggi ha toccato il 73%, nonostante il 17% dei rifiuti vada ancora in discarica.

Dati positivi quelli del 2020, che però durante la pandemia sono peggiorati per quanto riguarda il tasso di circolarità. Secondo gli ultimi dati di Eurostat, l’Italia scende al quarto posto della classifica europea con un tasso di circolarità (quota di risorse materiali utilizzate provenienti da materiali di scarto riciclati) del 18,4%, l’anno scorso si registrava un ottimo 20,4%.
Secondo il report elaborato dalla Fondazione Sviluppo Sostenibile, il tasso di riciclo degli imballaggi di carta nel 2021 ha raggiunto l’85% e per il vetro il 77%, superando così i target europei del 2030. Al 2021 la percentuale di riciclo dei rifiuti di imballaggi in plastica ha raggiunto il 56%, punto su cui c’è tanto da migliorare soprattutto per quanto riguarda i tassi di raccolta.

Bisogna riconoscere ovviamente la leadership italiana nel settore degli imballaggi, quello degli oli lubrificati, rifiuti inerti e da demolizione – ha sottolineato Mattia Pellegrini dal suo ufficio a Bruxelles – ma va considerato anche il quadro generale. I rifiuti Raee sono in assoluto uno dei flussi che cresce di più e in termini di tassi di raccolta l’Italia è fanalino di coda in Europa”. Da poco è stata presentata la proposta sul regolamento di pile e batterie che prevede target di recupero ambiziosi e l’Italia è ancora parecchio indietro. Nel 2021 sono stati raccolti solo il 34,6% dei rifiuti Raee.

Il biennio 2020-2021 è stato positivo per i prezzi delle materie – ha spiegato Edo Ronchi presentando i dati – In estate si sono registrate alcune difficoltà dovuta ad una forte crescita dei costi energetici che rappresentano il maggior costo di produzione. Per ridurre l’esposizione della congiuntura economica negativa occorrono misure per rafforzare la domanda delle materie prime seconde”.

Immagine: Ameer Basheer (Unsplash)