I Paesi dell’Unione Europea raccolgono e recuperano più apparecchiature elettriche ed elettroniche fuori uso rispetto al resto del mondo. L’impegno però non è ancora sufficiente a raggiungere gli obiettivi di riciclo prefissati. Lo dice un nuovo report della Corte dei Conti, che fa il punto sulla gestione dei RAEE in Europa ed evidenzia alcuni punti critici da affrontare con urgenza, come i traffici illegali di rifiuti elettronici.

Europa virtuosa nella raccolta di RAEE, ma non basta

I RAEE, ovvero i Rifiuti da Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche, sono in un certo senso la cenerentola dell’economia circolare, che ha iniziato più tardi ad occuparsene rispetto a settori più “tradizionali” come la plastica o la carta. L’Europa ha però molto accelerato negli ultimi anni sulle politiche di gestione, raccolta e riciclo di questo tipo di materiali, tanto pericolosi per gli impatti che possono avere se abbandonati nell’ambiente quanto preziosi, se recuperati correttamente, per le filiere di riferimento.
Dal recente report della Corte dei Conti europea, intitolato
“Azione dell’UE e sfide esistenti in materia di rifiuti elettrici ed elettronici, emerge come i Paesi europei recuperino una quantità di RAEE che fa invidia al resto del mondo, sebbene questo non basti a raggiungere i target di riciclo prefissati. Il problema, stando ai dati del Global E-Waste Statistics Partnership, è che l’Europa (costituita dai paesi UE e non-UE) è il continente che registra la maggior produzione di rifiuti elettrici ed elettronici pro capite (16,2 kg), un volume paragonabile a quello delle Americhe e dell’Oceania, sebbene con un tasso di riciclaggio quattro volte superiore.
È chiaro dunque perché l’Unione Europea abbia decisamente dato una accelerata alle normative in materia di RAEE, sulla scia anche del nuovo Piano d’Azione per l’Economia Circolare. I target entrati in vigore nel 2019 prevedono così che gli Stati membri debbano raggiungere “un tasso minimo di raccolta del 65 % di tutti i RAEE rispetto al peso medio delle apparecchiature elettriche ed elettroniche immesse sul mercato nei tre anni precedenti o, in alternativa, dell’85 % dei RAEE prodotti nel territorio dello Stato membro in questione”. Gli ultimi dati non sono ancora disponibili, ma, come riporta la Corte dei Conti, è stato stimato che solo la Bulgaria e la Croazia avrebbero raggiunto l’obiettivo del 65% nel 2019. Insomma, malgrado ci si stia muovendo nella giusta direzione, c’è ancora parecchia strada da fare e ostacoli da superare. “Nel tempo la raccolta e il recupero dei rifiuti elettrici ed elettronici sono migliorati nell’UE, dove oggigiorno si ricicla circa l’80 % dei rifiuti di questo tipo raccolti”, ha dichiarato Joëlle Elvinger, il Membro della Corte responsabile dell’analisi. “Tuttavia, la raccolta, il riciclaggio e il riutilizzo di questi rifiuti non sono realizzati con pari efficacia in tutti gli Stati membri e potrebbero aumentare ancora. Sono state constatate alcune sfide anche nel modo in cui l’UE contrasta la gestione irregolare dei rifiuti elettrici ed elettronici, le spedizioni illegali e altre attività criminose”.

Una miniera di materie prime critiche da valorizzare

Migliorare il tasso di raccolta e riciclo dei RAEE è strategico non solo da un punto di vista ambientale. “Un trattamento adeguato dei rifiuti elettrici ed elettronici – scrive la Corte dei Conti - può produrre notevoli benefici economici e ridurre la domanda di materie prime. Ad esempio, 1 tonnellata di smartphone contiene circa 100 volte la quantità di oro contenuta in 1 tonnellata di minerale d’oro”. Non solo oro: i dispositivi elettronici, i pannelli fotovoltaici e gli elettrodomestici fuori uso possono contenere altri metalli preziosi come rame, nickel, indio o palladio. Il progetto europeo ProSUM (Prospecting Secondary raw materials in the Urban mine and Mining waste) ha individuato ben 49 elementi chimici presenti nei RAEE, di cui 18 classificati come materie prime critiche, la cui catena di approvvigionamento è soggetta a rischi strategici ed è diventata di recente materia di un piano d’azione specifico della Commissione Europea. Anche nel Nuovo piano d’azione per l’economia circolare, del resto, la Commissione ha indicato le apparecchiature elettriche ed elettroniche come “una delle principali catene del valore che richiedono con urgenza azioni esaustive e coordinate”. Azioni che non si limitino però alle sole iniziative di raccolta e riciclo, ma che promuovano una visione più ampia della circolarità, partendo dall’estensione della vita utile dei prodotti.
Così la Commissione presenterà,
a fine 2021, una nuova “Iniziativa per un’elettronica circolare”, che comprenderà anche norme sull’ecodesign e la progettazione dei dispositivi. l’obiettivo è di rendere le apparecchiature elettriche ed elettroniche (compresi cellulari e computer) più efficienti, più durevoli, più semplici da riparare, da aggiornare, da riutilizzare e riciclare. Si parla inoltre di misure di regolamentazione per i caricabatterie dei telefoni cellulari e della possibilità di istituire un sistema di resa a livello europeo per cellulari, tablet e caricabatterie usati.

Sfide aperte per migliorare la raccolta di rifiuti elettrici ed elettronici

Se sul piano normativo l’Unione Europea si sta dotando di strumenti importanti per valorizzare la filiera dei RAEE, non è sempre facile applicare e far rispettare le regole. Secondo la Corte dei Conti sono frequenti i casi di gestione irregolare e trattamento non conforme dei rifiuti elettrici ed elettronici, in particolare per quanto riguarda la rimozione di sostanze potenzialmente tossiche. Il problema maggiore è la carenza di controlli adeguati, che si riflette anche sull’altra grande problematica della gestione dei RAEE: i traffici illegali.
Purtroppo, come rileva
l’Organizzazione internazionale delle istituzioni superiori di controllo (INTOSAI), è piuttosto facile, per le imprese pagate per lo smaltimento dei RAEE, aumentare i propri profitti ricorrendo a illeciti, mentre è molto raro il rischio di essere scoperti. Succede così che i rifiuti elettrici ed elettronici, una volta privati delle parti di valore, vengano scaricati illegalmente senza preoccuparsi delle sostanze tossiche. Oppure vengano inviati in paesi fuori UE, dove secondo i regolamenti internazionali è vietato esportare rifiuti pericolosi.
Una relazione elaborata dalla presidenza del Consiglio dell’Unione europea – si legge nel report della Corte dei Conti - ha rilevato che i reati ambientali (compresi quelli connessi ai rifiuti) hanno un basso tasso di individuazione e che l’azione penale al riguardo è, in taluni casi, statisticamente irrilevante. Stando a una relazione di esperti, i proventi di reato nel settore dei rifiuti sarebbero paragonabili a quelli derivanti dal traffico di droga, ma con sanzioni di gran lunga inferiori”.
La sfida ai traffici illeciti è insomma ardua, ma sarà fondamentale affrontarla per riuscire a valorizzare efficacemente una filiera tanto strategica come quella dei RAEE.