Chi si occupa di macro-scenari conosce bene queste cifre: nel 2050, per nutrire 9,1 miliardi di persone, la disponibilità di cibo dovrà aumentare di circa il 70% (con baseline il 2005). La produzione nei paesi in via di sviluppo dovrebbe quasi raddoppiare. Tra le materie prime chiave, la produzione annuale di cereali dovrebbe crescere di quasi un miliardo di tonnellate, quella di carne di oltre 200 milioni di tonnellate per un totale di 470 milioni nel 2050, il 72% delle quali nei paesi in via di sviluppo, rispetto al 58% di oggi. Per quanto riguarda altre materie prime fondamentali per la nostra sussistenza, si ipotizza che le esportazioni nette di semi oleosi e oli vegetali dei paesi in via di sviluppo dovrebbero più che triplicare e le esportazioni nette di zucchero raddoppiare. L’avvento dei biocarburanti potrebbe portare a un rialzo di queste previsioni, poiché tutti e tre i gruppi di materie prime appena citati sono potenzialmente impiegabili nel mercato dei carburanti di origine biologica (e ne parleremo nel n. 34 di Materia Rinnovabile), che in molti paesi rimane completamente deregolamentato.
Gli impatti di agricoltura e allevamento
Sappiamo inoltre che l’agricoltura e l’allevamento hanno un ruolo centrale nel mantenimento di un equilibrio dinamico tra i principali limiti planetari, analizzati da Johan Rockström, e i cicli rigenerativi che la natura ci consegna ogni giorno. Le pratiche agroindustriali interferiscono con il ciclo dell’azoto (e l’aumento della sua concentrazione dovuto ai fertilizzanti azotati contribuisce al 6% dell’effetto serra), e hanno impatti sulla disponibilità di acqua (a livello mondiale l’agricoltura pesa il 75% dei consumi idrici), sulla perdita di biodiversità (l’agricoltura invasiva è uno dei principali driver dell’attuale perdita di biodiversità, che ha un ritmo da 100 a 1.000 volte più elevato rispetto al tasso di estinzione fisiologico connesso all’evoluzione naturale), e sui cambiamenti climatici (secondo l’Ipcc l’agricoltura pesa circa per il 23% sulle emissioni antropiche complessive, tra emissioni dirette e cambiamenti nell’uso dei suoli e deforestazione).
Una sana informazione sul sistema cibo
Sono problemi che non è semplice trattare, per portata, complessità, interessi strategici (approfonditi da Tim Lang nel concetto di “difesa alimentare”), economici e sociali. E che però hanno contribuito allo sviluppo di soluzioni che affrontano la rivoluzione circolare per il cibo con una vasta gamma di idee, policy, strumenti e tecnologie. In questo numero di Materia Rinnovabile, realizzato in collaborazione con l’Università degli Studi di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, si affrontano alla radice le cause degli sconvolgimenti climatici in atto, dell’instabilità ambientale, sociale ed economica. Mentre in poco tempo si bruciano le notizie e le foreste, la Strategia Farm to Fork (commentata da Cinzia Scaffidi) promossa dalla Commissione europea per abbinare all’idea di crescita tasselli fondamentali come la tutela della biodiversità, non può perdere di incisività nei vari passaggi tra gli interlocutori che la devono trasformare in normative e poi operatività. Lo ricorda Jocelyn Bleriot, executive lead Institutions, Governments & Cities alla Ellen MacArthur Foundation: “La politica deve essere coraggiosa su ogni singolo argomento”. E, come ammonisce Carlo Petrini, presidente di Slow Food, non bastano impegni generici, non si può guardare solo al consenso immediato per contenere questa epidemia dell’indifferenza nei confronti di una necessaria conversione a una ecologia integrale. Altrimenti la storia non perdonerà.
Nella quieta riflessione risiede la capacità di comprendere che tutto è correlato, che noi siamo le nostre relazioni, alimentate da una sana informazione come quella che vi viene servita in questo numero di Materia Rinnovabile.